MARRADI PER IL SUO POETA
Ludovico Bernabei
da: Dino Campana Oggi, Atti del Convegno
Firenze 18-19 marzo 1973
Vallecchi editore, Firenze
Spero di far perdere poco tempo ai signori convegnisti presenti. Debbo dire soltanto che ho avuto il mandato dal Sindaco del mio Comune di rappresentarlo a questo importante convegno e di esprimere, in aggiunta ai ringraziamenti porti dal signor Sindaco di Firenze, i sensi di viva riconoscenza dell'Amministrazione comunale di Marradi agli organizzatori del Gabinetto Vieusseux e agli insigni relatori che hanno tanto efficacemente lumeggiato il tormento dell'animo del nostro Poeta Dino Campana e altamente illustrato la sua poesia.
SAGGI RELATIVI A “LA VERNA”
LA CONCA ROCCIOSA DEI VENTI (La Verna, Ritorno 8, 41)
di Silvano Salvadori
Ci sono dei luoghi che fungono da giunto cardanico di un’intera esistenza: tale fu per Dino la valle di Campigno ed in particolare quel profilo di monte in fronte alla chiesa che è conosciuto come Riva Bianca.
I critici letterari a volte son visitatori un po’ frettolosi e preferiscono le scrivanie di noce alle lastre di pietra, poco adatte allo scrivere meditabondo. Ma se avessero un taccuino, un lapis e un buon paio di scarpe potrebbero non accontentarsi del panorama da lontano, ma scendere ai fossi e superare qualche aspro sentiero per ritrovarsi soli sotto la linea dell’orizzonte nel cuore diveniente dell’erosione rocciosa; laggiù con i massi in bilico sulla testa per capire quella dinamica che è sottesa all’eternità delle montagne e che Leonardo ha indagato nei suoi appunti.
Una lettera inedita
Dino Campana e (Villa) Irma
di Andrea Cogerino
Da: L’Avventura dei Canti Orfici,
Firenze, Edizioni Gonnelli, 2014
Ringrazio Andrea Cogerino di avermi autorizzato a pubblicare questa bellissima lettera di Dino. (paolo pianigiani)
Nel 1917 i miei bisnonni ospitarono a Rubiana "il poeta matto", Dino Campana. Negli anni Ottanta e Novanta mia nonna Alice, figlia di Irma Gallo e Renzo Bottinelli, mi parlava spesso del "poeta pazzo" che sua madre (e suo padre) ospitò tanti anni prima. Stando ai racconti di famiglia che per decenni — quasi cento anni a questo punto — si son tramandati, il poeta Dino Campana era una persona buona e sensibile, ma molto solitaria e sofferente, e un po' matta: andava nel fiume Messa d'inverno (un'ora a piedi dal Mollar, dov'era ospitato presso Villa Irma), spaccava il ghiaccio e faceva il bagno. Mia nonna Alice mi raccontava spesso anche di lettere che il poeta scrisse a sua madre, Irma, e mai ritrovate. A metà degli anni Novanta i miei nonni se ne andarono, e delle lettere non si seppe più nulla.
Virginia Tango Piatti, in arte “Agar”
di Gigliola Tallone
Dicembre 2008
Aggiornato Novembre 2022
Agar: Le reliquie di un ignoto, Roma 1915
Prefazione di Rosalia Gwis Adami
Archivio Tallone
L’ambiente, la gioventù, l’attività letteraria e il risveglio sociale
Virginia Sofia Cristina Emilia Maria Tango nasce alle otto di sera il 21 settembre del 1869 a Firenze, nella centrale via Maggio al numero 30. È figlia di nobili, il napoletano Vincenzo Tango e della torinese Paola Tarizzo Borgialli, figlia di Antonio, Controllore delle Regie Finanze, presso il quale Vincenzo inizia la sua carriera che culminerà a Roma nel 1897 con la carica di Procuratore Generale della Corte dei Conti, e di Virginia Jaquet, figlia di Antonio Jaquet, giurista e sottoprefetto del distretto di Susa.
Una lettera natalizia di Dino Campana
da La Fiera letteraria XV, 52, 25 Dicembre 1960, p. 3
Ricordo d' una vacanza
di Vera Wygod
La lettera fu scritta dal poeta a mo' di ringraziamento, in tempo natalizio come questo, per l'ospitalità datagli dalla proprietaria d'una tenuta, la Granvigna, sita all'imbocco della Val di Susa presso Almese. Avverte la proprietaria (signorina Elisa Albano) riandando colla memoria alla sua vita in villa di allora, che la visita di Campana fu memorabile per un libro francese che egli le diede, un libro ridotto in pessime condizioni, testimonianza del carattere disordinato o di una fin troppo vorace lettura fattane dal poeta. Peraltro, aggiunge la signorina. le macchie o scritti a cui si allude nella lettera erano frutto della fantasia del poeta, visto che sia in casa che sulle pare ti esterne non ce ne sono mai stati. Né poteva trattarsi di scritti sulle mura di case nelle vicinanze poiché la villa sta in piena campagna, fuori dell'abitato.
Per la tomba di Campana
di Piero Bargellini
da:
Poesia, fascicolo 3/4
1946
Marginalia
(trascrizione di Andreina Mancini)
Ho sul tavolino il volume d’Inediti di Dino Campana, aperto sulle tavole finali, a riguardo l’incisione intitolata: ”Tomba di Dino Campana a Badia a Settimo”. A fianco d’un forte campanile che s’alza da terra tondo romanico e termina esagono gotico, si vede una piccola chiesina con rosoncino a mattoni dentro la quale furon riposte le ossa di Dino Campana. Ricordo il pomeriggio domenicale, mi pare del 1939, quando io e mia moglie vagammo lungamente per la pianura di San Colombano, in cerca del cimiterino dove, tra i tumuli dei morti pazzi, era confuso quello del poeta dei Canti Orfici. Sull’imbrunire giungemmo ai piedi del grande campanile abbaziale e scoprimmo la chiesina mezza diruta adibita a stanza mortuaria della parrocchia. Entrammo tra bare e catafalchi, ma il priore, credendoci una coppia clandestina, ci scacciò dalla cappella. Pochi giorni dopo, potei comunicare agli amici il progetto di togliere i resti di Dino Campana dal cimiterino di San Colombano e tumularli nell’antica chiesina ai piedi della potente torre campanaria.
Evaristo Boncinelli
Ardengo Soffici: Evaristo Boncinelli
da: Trenta artisti moderni italiani e stranieri, Vallecchi, Firenze, 1950
Prima pubblicazione: 1927, su rivista
II ciarlatanismo e la mediocrità trionfano ancora fra noi; le vecchie mummie sono più in onore che mai; l'indifferenza, e magari l'ostilità, delle autorità ufficiali per quanto concerne le genuine espressioni del genio creativo del nostro paese è sempre la stessa : e chi ha fatto o stia facendo qualcosa di veramente bello, buono e grande può esser per ora almeno, sicuro di passar misconosciuto accanto ai soliti cialtroni in auge, e di crepar in miseria, a un bisogno, ove la fortuna non lo soccorra, o non trovi fuori di qui chi sia capace di apprezzarlo e di aiutarlo. Tutto è da fare in questo campo.
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