Risposta ai futuristi
di Ardengo Soffici
da:
La Voce , 19 Maggio 1910
(Direttore Prezzolini)
Due o tre giorni fa, ricevetti da Milano questo telegramma :
Ardengo Soffici, Firenze. Malgrado note ostilità vostri amici Voce contro futurismo noi conoscendo vostra coraggiosa campagna per grande Medardo Rosso e per risveglio arte italiana avendo letto vostro interessantissimo articolo impressionismo sentiamo bisogno esprimervi nostra fraterna ammirazione. Pittori futuristi: Boccioni, Ruspolo, Carrà: e poeli Marinetti, Paolo Buzzi.
Una tale dichiarazione di simpatia che a tante persone prudenti di mia conoscenza, avrebbe fatto paura, mi fece piacere. lo son uno di quelli ai quali gli scandali, le violenze e magari un po' di pazzia non fanno terrore. Guardando bene in faccia e nell'anima i miei compaesani mi son convinto del loro pecorismo e della loro vigliaccheria davanti a ogni arditezza, spirituale, artistica e pratica, e credo che nulla potrà modificarli se non lo spettacolo continuo del coraggio o, diciamolo pure, della temerità che può loro offrire una gioventù rivoluzionaria, infiammata d'odio contro il dispotismo del passato e di passione per tutto ciò che è vivo, presente, palpitante di libera vitalita intorno a noi e dentro di noi. È quanto dire che i futuristi sono più, per certi lati, miei amici che miei avversari.
Senonchè (e son contento che il loro telegramma mi porga il destro di stabilire una volta per sempre i miei rapporti e quelli che alcuni dei miei compagni qui della Voce — ma specialmente i miei personali — con loro) c'è qualcosa nel modo di fare di Marinetti e dei suoi colleghi che mi ripugna assolutamente. Ed è quella foia di reclamismo americano che fa ballare questi poeti, questi pittori, come pagliacci impiastricciati di biacca e di minio, davanti a un pubblico sbalordito; che strappa una parola di lode a primo idiota che passa e la propaga per il mondo; che fa risonare il cielo a la terra d'urli ciarlataneschi e di numeri alterati. E la mania recrutatrice che fa dimenticare la nullità del coscritto, e mercè Ia quale Giuseppe Lipparini, per esempio, Diego Angeli, il Siciliani e magari Mario Puccini possono marciare in fila coi nuovissimi incendiari.
Ma non basta. Io ho contro i futuristi un altro grief, come dicono i francesi che sono, in fondo, i loro maestri. E questo è per avventura il più grave. A me pare, in sostanza, che la loro smania di novità e di modernità sia piuttosto un atteggiamento esteriore che tin bisogno profondo del loro spirito ansioso d'incarnarsi in creazioni originali. Cantare l'incendio dei musei, delle biblioteche, Ia devastazione delle città, l'apertura dei manicomi, può significare liricamente una liberazione dell'anima dall'incubo di mondi morti; ma che si debba farlo con enfasi secentesca, decadente, e che poi tutto debba finire con l'apoteosi dell'autontobile e dell'areoplano! Cristo ! È una buffonata!
Così io non seguo i futuristi per questi balli in maschera. Loro amico e, se vogliono, fratello, quando si tratta di dar addosso all'accademismo e al chinesismo dei trissottini d'Italia, non mi proporrò mai per ideate l'essere stirato come un colletto da una Mercedes in corsa. Seguiterò a difendere a spada tratta alcune ottime poesie del Buzzi e del Lucini, ma non moverò un dito per la costruzione del binario militare del Gorisankar. Trovo ancora il buon vecchio sole abbastanza interessante per non buttarlo nella cassetta della spazzatura come un'arancia andata a male, non ho rancori personali con le stelle - nè per i begli occhi di una lampada elettrica assassinerò mai il chiaro di luna.
ARDENGO SOFFICI