POLEMICA. Il libro del suo psichiatra divide i critici: il curatore contro Vassalli
Chi tradisce Campana?
E il poeta «pazzo» giocò lo psichiatra
di Mario Baudino
Da “La Stampa”, mercoledì 1 Febbraio 1995
Società e Cultura:
Dino Campana, torna il libro dei colloqui in manicomio E il poeta «pazzo» giocò lo psichiatra
Marco Onofrio: Dentro del cielo stellare
La poesia orfica di Dino Campana Roma, EdiLet, 2010
La redazione ringrazia Diana Battaggia, direttrice editoriale del sito www.lietocolle.com, per averci permesso la pubblicazione del presente articolo, firmato da Giorgio Linguaglossa.
Firenze, dicembre 1913 Campana «conosce Papini e Soffici ai quali consegna il manoscritto de Il più lungo giorno (incunabolo dei Canti Orfici): Soffici lo smarrisce (...) 1914: a Marradi riscrive il libro, in parte a memoria». In luglio esce in mille copie il volume Canti Orfici. «Il 12 gennaio 1918 varca la soglia del manicomio, a Castel Pulci. Ormai è pazzo davvero». «1° marzo del 1932, a 46 anni muore per setticemia acuta, che si sarebbe prodotta, pare, pungendosi ai genitali con un ferro arrugginito».
Il risvolto di copertina recita: «Il libro di Campana potrebbe configurarsi come una sorta di manuale di resistenza all'impatto con la modernità». Ed è appunto il problema dello scontro con la modernità quello che affronta il libro di Marco Onofrio, è qui che si dispiega tutta la passione, l'intelligenza del critico romano per ben più di 600 pagine fitte e ricche. Il libro presenta anche una vasta campionatura delle opinioni dei principali poeti e critici del Novecento fino ai giorni nostri, utile a capire la diversa posizione dello scacchiere dei contemporanei nei confronti del poeta di Marradi.
Il lavoro storico-critico di Marco Onofrio su Dino Campana, durato un quindicennio, ci restituisce il ritratto vivo, suggestivo e palpitante del più grande poeta del primo Novecento: lo scontro tra il poeta di Marradi e la cultura letteraria della sua epoca. Scrive Onofrio: «Sono trascorsi otto decenni dalla sua morte fisica: un divario sempre più incolmabile. Che cosa resta, oggi, di Dino Campana?»; il libro del critico romano è la risposta a questa domanda con il risultato di capovolgere il giudizio estetico (e politico insieme), su chi sia stato il maggiore poeta del primo Novecento. La risposta appare davvero scontata: è il poeta di Marradi, con tutto rispetto per le candidature di Montale, Ungaretti e altri minori che sono stati accreditati dal mondo letterario italiano. Così, come è vero che la poesia del secondo Novecento poggia su quella del primo, è anche indiscutibile che senza una lettura davvero intellettualmente libera da pregiudizi della poesia del primo Novecento, non riusciremo mai ad avere la giusta prospettiva per guardare alla poesia del tardo Novecento se non facciamo i conti con il più grande poeta della modernità del primo Novecento: Dino Campana.
Dino Campana: Acqua di mare amaro
da: Enrico Falqui, " Per una cronistoria dei Canti orfici ", Vallecchi, Firenze 1960, pgg. 101-102
Le due liriche «La dolce Lombardia coi suoi giardini» e «Sorga la larva di antico sogno» sono state ritrovate nella casa di Marradi, «oltre a qualche breve frammento ed a qualche superato rifacimento».
Non avendo potuto esaminarne gli originali («sono particolarmente chiari anche nella scrittura, per quanto scritti su carta in parte già usata (su di una facciata) per note e conti della nativa piccola azienda familiare»), nelle due edizioni del '42 e del '52 le abbiamo pubblicate secondo la lezione trasmessaci dal fratello Manlio.
Antonio Castronuovo: Bruno Dall'Aglio: La camera di Sibilla e Dino
Campana e l’Aleramo a Casetta di Tiara
da: La Piè, marzo - aprile 2009
L’abitazione precisa in cui Dino Campana e Sibilla Aleramo bruciarono la loro settimana d’amore a Casetta di Tiara è ignota: nessuno è mai riuscito a individuarla con certezza. Eppure costituisce un elemento essenziale della biografia del poeta di Marradi. Il fatto è che Casetta è un agglomerato di poche case, manipolato dalla storia, senza una precisa memoria storica e archivistica. Non è semplice, cioè, scoprire dove esattamente Dino e Sibilla si amarono. Ma un giorno, io e l’amico Dall’Aglio, rifacendoci alle nostre letture campaniane e ai documenti esistenti, siamo saliti a Casetta, abbiamo fotografato, valutato, ragionato, parlato con anziani abitanti. Ed ecco: ne è nata qualche ipotesi, è sorto l’articolo che ora leggerete. Non è molto, ma è qualcosa in più per muoversi nella biografia del nostro amato poeta.
Beltempo 1940
Inediti di Dino Campana, pubblicati sulla rivista romana Beltempo, 1940,
almanacco delle Lettere e delle
Arti, Roma, Edizioni della Cometa, 1940.
A cura di Libero de Libero ed Enrico Falqui
Al centro con cravatta rossa, Gabriel Cacho Millet con i suoi amici toscani: Silvano e Paolo.
In secondo piano Mauro Pagliai di Polistampa e Giuseppe Matulli.
Siamo alla presentazione del Carteggio di Dino Campana, al Vieussex, nel 2012
Un ricordo che non è un ricordo:
Gabriel Cacho Millet
di Paolo Pianigiani
Gabriel non è più con noi. Se n'è andato durante lo scorso Natale, ancora nel 2016. Stava lavorando a un libro su Carnevali e chissà a cos'altro. Non si fermava mai. Questo sito nacque 15 anni fa, dal nostro incontro. Lo avevo cercato, lui introvabile, attraverso amici comuni. Fu Franco Scalini, da Marradi, a mandarmi il suo telefono. Dopo quella telefonata per me Campana, smise di essere un mistero e diventò un poeta. Un poeta di cui raccontare la storia. Il sito di Campana nacque con la sua direzione, sempre vigile e attenta, anche se non dichiarata. Oggi che non c'è più, il sito continua la sua strada con minor vigore, ma con la consapevolezza che abbiamo un esempio da seguire. Quello di Gabriel. Che ci ha insegnato il suo metodo e il suo rigore. E la sua infinita umanità.
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