Bruna Conti, fra l’essere e il non essere…
di Paolo Pianigiani
Può succedere che su questo sito dedicato a Campana scorra inchiostro avvelenato; di recente ce la siamo presa con i sedicenti uffici della cultura, che han messo sui muri il solito Filippo Tramonti al posto del nostro Dino. Non si sono nemmeno scusati… Ma la colpa è nostra, diamo per scontato che chi scrive di letteratura sia informato o, nel caso, si informi… e invece no, la razza dei cialtroni ancora imperversa, come ai tempi di Campana. E purtroppo ha ancora fra le mani le leve del potere…
Marradi, via Celestino Bianchi nei primi anni del '900
1909, Dino Campana arrestato a Biforco
Il ricovero coatto del poeta dopo l'ennesima sfuriata
ricerca di Claudio Mercatali
Inizia con questo articolo, già pubblicato sul blog della Biblioteca di Marradi, la collaborazione con Claudio Mercatali, attento e curioso reporter di cose e fatti intorno a Dino Campana lassù, nel suo paese, a Marradi. Sono particolamente contento di ripubblicare i testi e le splendide immagini conservate da Claudio, tutte di prima mano. Sono assolutamente impagabili e rientrano in pieno negli scopi e nello spirito che il campanadino.it si è voluto dare fin dal suo inizio, nel lontano 2005. (paolo pianigiani)
Nella primavera del 1909 Dino Campana, da poco ritornato dall' Argentina, era a Marradi più agitato che mai. Non passava giorno senza leticare e le discussioni finivano spesso in una sfuriata tremenda. Non si ha notizia che Dino abbia ferito qualcuno, però nell' aprile 1909 le escandescenze fuori misura provocarono l'intervento dei Carabinieri. La caserma era nella casa bianca in fondo alla foto qui sopra e sulla la porta si intravede lo stemma dell' Arma.
[Marradi, maggio 1916]
Caro Meriano,
chi crede che quel coso a cui tu pensavi traversando il ponte vecchio debba essere messo nella calce viva è mio amico, chi non lo crede è mio nemico. E te lo provo. Mesi fa, assai più ammalato di ora chiesi a Binazzi che mi facesse entrare in un ospedale di Bologna. Ero senza mezzi e lui invece di farmi fare una sottoscrizione per cento miserabili lire d’ingresso mi rispose con una volgare lettera evasiva. Questo fatto ti potrà illuminare a che cosa servano i critici, specie fiorentini.
È vero che dice che sono il primo poeta d’Italia ma io preferisco essere l’ultimo poeta della Papuasia piuttosto che avere tali colleghi. Come vedi ho deciso di esser sincero contro tutto. Forse avrai immaginato che sono un gentiluomo e non lavoro per me. Dunque... dà su tutta la brigata e ti saluto.
E digli che vada a far il granduomo al suo paese: in Romagna non ci entrerà Papino né lui. Saluta Ravagli1
Introduzione ai Canti Orfici
di Gabriel Cacho Millet
Per l'edizione Anastatica del Centenario degli Orfici, curata dall'amico Dino Castrovilli, a Gabriel fu chiesta l'introduzione. Era l'occasione per tirare le somme, per un discorso finale su Dino Campana.
L’Introduzione, la Nota biografica e la Scelta bibliografica che qui si ristampa con lievi variazioni sono ricavate da Dino Campana, Il cantore vagabondo, a cura di Gabriel Cacho Millet, Vol. nº. 35 della Collana Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti, Edizione speciale per il Corriere della Sera, Milano 2012, pp. 5-17, 167-171, 172-180.
Dino Campana, ritratto di Giovanni Costetti
Proprietà Centro di Studi campaniani Enrico Consolini, Marradi
Foto di Claudio Corrivetti, Roma
Giovanni Costetti: I Canti Orfici di Dino Campana
Pubblicato su "LA TEMPRA" (Pistoia), II, 1915, 1, pp. 6-7
Credo che un giudizio di pittore sopra un’opera di poesia possa interessare forse più della critica d’un letterato o d’un filosofo. E più facile all’artista di avere di essa un’opinione meno logica, più istintiva, più passionale.
Mi pare che la critica diventi spesso arido esame di difetti o qualità tecniche e agisca dietro certi presupposti malsicuri. Infatti a seconda di certi suoi dogmi mutevoli ammette o nega valori che anche negati o ammessi non distrugge o non afferma durevolmente.
Le forbici del critico cosiddetto competente, tagliano spesso male, o troppo o insufficientemente.
Il critico non dovrebbe esistere perché non è un uomo d’intuizione, e l’opera d’arte vera è sempre intuitiva. Ma forse la ragione materiale di esistere del critico è l’opera d’arte voluta cioè falsa che è sovrabbondante e che bisogna condannare.
Giuseppe Ravegnani
La Poesia e la Pazzia di Campana
di Giuseppe Ravegnani
da La Stampa, sabato 4 agosto 1928
Quando, sul principio del ‘14, per i rozzi tipi del Ravagli di Marradi uscirono i Canti Orfici di Dino Campana, grande e chiassosa fu l’entusiastica meraviglia, specialmente nei gruppi dei giovani dediti alle lettere. Dei critici di fama, soltanto Emilio Cecchi ne parlò, in un colonnino della Tribuna. Gli altri, silenzio e noncuranza. Così, il nome di Dino Campana, poeta antico, passò, dopo una felice giornata di gloria. Infatti, chi mai ancora oggi ricorda la sgraziata «brochure» giallina, simile più a un lunario paesano che a un libro di canti?
L'edizione in Cofanetto del Centenario degli Orfici
INFORMAZIONI
Per l’amor del Poeta… Dino Campana
Sottoscrizione per la ristampa anastatica e l’incisione integrale dei Canti Orfici di Dino Campana nel centenario della pubblicazione
Il 7 giugno del 1914 Dino Campana, assieme ai testimoni Luigi Bandini e Camillo Fabroni, sottoscriveva col tipografo marradese Bruno Ravagli il “contratto per la pubblicazione del libro Canti Orfici”. Al Ravagli veniva versato un acconto di lire 110, risultato di una faticosa sottoscrizione tra 44 marradesi, ai quali sarebbe spettata una copia del libro, promossa da Bandini su “imperativo categorico” di Dino Campana.
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