Eugenio Montale: Sulla poesia di Campana
da: L'Italia che scrive, 1942
[...] Campana poeta visivo o poeta veggente? L'impressione che ci ha lasciato una recente rilettura dei Canti Orfici — voglio anticiparla fin d'ora — è che le corna di questo dilemma siano tutt'altro che inconciliabili: se è vero che anche i critici di Campana meno inclini a misticismo e irrazionalismo gli concedono « illuminazioni spinte fino al mito » (Gargiulo) e negano che per lui si possa parlare di semplice impressionismo (Contini); mentre d'altro lato il migliore interprete dell' « infrenabile notte » del poeta (Carlo Bo) si è espresso in frasi e immagini (« una poesia che non ha avuto il tempo dei fiori o l'ha avuto con il soccorso anticipato e crudele dei frutti ») che lasciano trasparire almeno un limite di questa poesia. L'osservazione, facile a farsi anche se non fosse confermata da ricordi personali, che Campana fu presto tenuto d'occhio dagl'intendenti, non deve far pensare che gli intonarumori del momento (futuristi, lacerbiani, ecc.) abbiano prestato molta attenzione all'autore dei Canti Orfici. Lo tennero per uno dei loro, forse, ma a debita distanza; e Campana stesso non li ricambiò di grande simpatia.
Dino Campana, proprietà Famiglia Campana
I documenti, gli incipit delle lettere, i fogli di via, le notizie certe... Dino dovunque ha lasciato le tracce delle sue scarpe motose, della sua risata devastante, del suo dolore...
Proviamo a seguirlo per le strade del mondo.
Con me e con Campana
di Luigi Bandini
da Meridiano di Roma, 17 aprile 1938
Gianfranco Contini
Gianfranco Contini: Campana poeta visivo
da:
Letteratura
Firenze 1937
Visions de route, de campagne, de voyage à pied, d’alcools: queste sono le Illuminations in un rigo, quali, più o meno esattamente, ha creduto di poterle riassumere Thibaudet, o è un sommario dei Canti orfici (un po’ meno alcoolici, un po’ meno afrodisiaci)? Già col raccogliere, sullo stesso piano, poesie e prose, lunghe solo fino all’esaurimento d’un tema, o d’una catena tematica, di passeggiata, e raccoglierle sotto quel titolo, Campana poneva se stesso, proprio negli anni della «scoperta» di Soffici, come un Rimbaud italiano; si faceva leggere nella chiave, nel ruolo d’un «voyant».
Ma Campana non è un veggente o un visionario: è un visivo, che è quasi la cosa inversa. («Che le corna di questo dilemma siano tutt’altro che inconciliabili», ha poi inteso dimostrare Eugenio Montale (Sulla poesia di Campana, nell’"Italia che scrive" di settembre-ottobre 1942), acutamente insistendo sulla dilatazione linguistica che Campana volle germanicamente conferire all’italiano). «Un treno: si sgonfia arriva in silenzio, è fermo: la porpora del treno morde la notte»: quell’ansito sottinteso, quando giunge al silenzio, e a un «silenzio occhiuto di fuoco», si scioglie in una visione ardente.
Si dice: un visivo, e s’intende qui un temperamento così esclusivo da assorbire e fondere in quella categoria d’impressioni ogni altra; com’è dello sparo di mezzogiorno calato nella «verde» campagna: «gli ultimi soffii di riflessi caldi e lontani nella grande chiarità abbagliante e uguale quando per l’arco della porta mi inoltrai nel verde e il cannone tonò mezzogiorno». E’ facile osservare come nel momento in cui la fantasia di Campana tocca la regione emiliana dai contorni netti e dalle tinte sicuramente campite, Bologna o Faenza, la sua potenza dl rappresentazione visuale si sfreni. Luogo ideale di Campana, che accoglie il lettore già dalla soglia dei Canti orfici: La Notte.
Con Calvino, solfeggiando "Genova", a Buenos Aires
di Gabriel Cacho Millet
Non ho mai saputo cosa sia veramente accaduto il giorno dell'inaugurazione dello stand italiano nella Xª Edición de la Feria Internacional del Libro tenuta a Buenos Aires nel 1984. L'episodio, comunque ha a che fare con una mia versione in spagnolo della poesia Genova con cui Dino Campana ha voluto chiudere il suo unico libro, Canti Orfici.
Ero stato invitato insieme a Italo Calvino all'evento col compito di parlare dei soggiorni in Argentina di Dino Campana (1908) Carlo Emilio Gadda (1922) e Luigi Pirandello (1927, 1933). Calvino, ospite ufficiale, doveva invece inaugurare lo stand italiano analizzando le sensazioni che provava ogni volta che visitava una grande esposizione al momento di perdersi "in questo mare di carta stampata, in questo firmamento sterminato di copertine colorate, in questo pulviscolo di caratteri tipografici".
Il libro e i libri, aveva intitolato Calvino il suo discorso, nel quale avrebbe raccontato della vertigine che sentiva davanti ai libri: "l'apertura di spazi senza fine come una successione di specchi che moltiplicano il mondo".
Proprietà Famiglia Bàusi, Firenze |
Alla ricerca delle foto autentiche di Dino Campana
Intervista a Stefano Drei, il ricercatore che ha trovato la foto inedita di Dino Campana
a cura di Paolo Pianigiani
L’aveva promesso, il prof. Stefano Drei: ho tolto una foto dall’album di Dino Campana, ma forse riuscirò a trovarne una nuova…
Dopo aver scoperto che la foto di gruppo di una classe del Liceo Torricelli, non comprendeva il poeta di Marradi, ma un altro studente, tale Filippo Tramonti, le ricerche sono continuate, fino a scoprire una nuova foto, recentemente messa in copertina dell’ultimo volume curato da Gabriel Cacho Millet, “Lettere di un povero diavolo”, uscito a Dicembre 2011 per i tipi di Polistampa, a Firenze.
Ma proviamo a ricostruire la storia di questa foto, rarissima, scattata nel gennaio del 1912, a un giovane ancora sconosciuto, ma che sarebbe diventato di lì a pochi mesi l’autore dei Canti Orfici.
Luigi nel 1982
Luigi Schenoni: Dino Campana
Luigi Schenoni, il geniale traduttore di Finnegans Wake di James Joyce, il più intraducibile dei libri, è scomparso recentemente.
Ho avuto la fortuna di averlo amico e, nel corso di uno degli ultimi incontri, mi donò una copia di una sua tesina di laurea, che risale alla fine degli anni 50, presentata alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere "Bocconi" di Milano. Era felice di rendere pubblico quel suo lontano lavoro di studente.
In pochi conoscevano Campana e lui era fra i pochi. Mi diceva sempre che Campana lo interessava perchè aveva fatto l'università a Bologna, era in qualche modo "bolognese" come lui. Non considerava Campana un grandissimo poeta, ma in quegli anni lontani anche un riconoscimento come il suo era un segnale importante.
La pubblico con molta emozione, in ricordo di Luigi Schenoni e del suo meraviglioso lavoro di traduttore. Grazie ancora Luigi!
Paolo Pianigiani
UNIVERSITA’ “LUIGI BOCCONI” MILANO
FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
I “Canti Orfici”
di DINO CAMPANA
Sottotesi di laurea in italiano di Luigi Schenoni
Relatore:
Chiar. mo Prof. F. GIANNESSI
ANNO ACCADEMICO 1958-59
Prima di considerare particolareggiatamente i Canti Orfici di Dino Campana, e di cercare quindi di determinare il loro posto nell’ambito della poesia dello sfortunato poeta di Marradi, sarà bene, credo, ritracciare nelle linee essenziali la vita dello scrittore, data l’importanza che le avventure terrene assumono nello svolgimento della sua attività creativa.
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