Ringrazio l'amico Loris Ciampi per la preziosa collaborazione. (paolo pianigiani)
Il poeta dei prospectus e delle storie
Dino Campana
di Enea Alquati
da: La Rivista di Lecco, rivista bimestrale di Letteratura e Arte,
anno XXV, n. 2-3, Marzo - maggio 1966
I « prospectus » di Dino Campana sono una prosa lirica, ariosa e piena di colori, vivacemente animata da sentimenti organici e da sentimenti spirituali: una rivelazione del colorismo naturalistico. Il vento che « mette in follia le bandiere troppo fitte » è una espressione rappresentativa, intensamente bella e novitosa.
Ettore Ferrari, Monumento a Mazzini, Tarquinia
Menotti Pampersi, l'Editore coraggioso e il sodalizio con la pacifista Virginia Tango Piatti "Agar"
di Gigliola Tallone
12 giugno 2013 rev. Febbraio 2023
UN PICCOLO UOMO DAL CUORE DI UN LEONE
Menotti Pampersi era nato a Corneto Tarquinia il 3.2.1873, tra numerosi fratelli, da Angelo e Margherita Vergari.
Iscritto al Casellario Politico Centrale dal 1908, nella scheda troviamo anche la descrizione fisica.
La collaborazione con gli amici della Fondazione "Mario Novaro" è sempre stata un riferimento sicuro per me. Ritrovando l'antica amicizia che fu preziosa a Dino Campana, con Boine, Mario e l'indecifrabile Anselmo Geribò, al quale affidai la direzione del campanadino.it nel suo primo esistere.
Alfredo Giuliani con Giuseppe Ungaretti, nel 1961
CAMPANA, MISTERO PAZZO
AVEVO QUALCHE ARTE MA POI NON NE HO PIÙ
di: Alfredo Giuliani
da: La Repubblica, 20 agosto 1985
Come videro Campana i più fini, i più acuti dei suoi coetanei? Emilio Cecchi: accanto a Campana, che non aveva affatto l' aria del poeta e tanto meno del letterato, ma d' un barocciaio, "si sentiva la poesia come fosse una scossa elettrica, un alto esplosivo". Camillo Sbarbaro lo rievocò sempre sospinto da un "malo vento". L' aveva conosciuto a Firenze nel quattordici: "Sghignazzava; moveva le membra disordinatamente. Un disagio nasceva intorno a lui come potesse di punto in bianco, sventatamente, cavar di tasca qualche cosa d' insanguinato".
TACCUINETTO FAENTINO
Nota al Testo
di
Domenico De Robertis
Quadernuccio per appunti di formato piccolo allungato (mm. 13,8 d'altezza x 80 di larghezza), del tipo di quelli sui quali i clienti si fanno segnare dal bottegaio i debiti della spesa giornaliera, di carta a quadretti piccoli del tipo protocollo, dagli angoli arrotondati, rivestito di tela cerata, nera, ora assai logora in costola, e dal taglio tinto di rosso.
Introduzione al Taccuinetto faentino
di Enrico Falqui
Vallecchi, 1960
Un nuovo, inaspettato e forse ultimo capitolo si aggiunge alla disgraziata e avventurosa storia del testo dei Canti orfici di Dino Campana, con la pubblicazione del Taccuinetto faentino, giusta la scrupolosa trascrizione operatane da Domenico De Robertis, venendo a capo di difficoltà non comuni, senza lasciare all'acume il sopravvento sulla cautela e sulla discrezione.
E siccome il diminutivo del titolo ha in sé qualcosa di vezzeggiativo che mal s'accorda con l'indole dell'Autore, va subito chiarito che, se si è ritenuto di dover intitolare Taccuinetto faentino le ottanta paginette del taccuino inedito rimessoci dal fratello del Poeta e recante il timbro di una cartoleria di Faenza, è stato, oltre che per evitare cacofonia, anche perchè non si confondessero con quelle del Taccuino, fatto conoscere dal Matacotta nel '49 ma costituito unicamente dalla riunione di un gruppetto di stralci e di appunti ricavati da documenti sparsi, appartenenti all'Aleramo.
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