VIRGINIA TANGO PIATTI

“AGAR”

 

LA GIOIA NEI PRIMI PASSI 

 

ALMANACCO DELLA DONNA ITALIANA

 

BEMPORAD, FIRENZE 1926

 

 

L’articolo è tratto dal libro inedito “L’educazione della gioia”, elaborazione a sua volta di molti articoli pubblicati il 1912 nella sua rubrica “Vita sociale” intitolata L’educazione della Gioia, nel giornale “Il Buon Consigliere”. Precoce era per Agar l’interesse all’educazione infantile, in una generale considerazione del bambino: nulla nella società e dipendente in toto dai genitori.

La sua è una impostazione pragmatica e positiva dell’educazione dell’infanzia estremamente moderna per quegli anni. Poche linee direttrici, pratiche e spirituali, al fine di rispettare e incanalare la natura di una nuova vita. Consigli intelligenti e sereni di una donna intelligente, matura e colta, educata alla musica e all’arte, ma non per questo di spirito vago e sognante. Anzi, in lei l’immaginazione è sostanza educativa: le favole sono il gioco dell’anima e conducono il bambino per mano a scoprire e domandarsi dei miti che sono le verità profonde dell’esistenza.

In un successivo articolo di Agar del 1927, sempre per l’Almanacco, dedicato alla scrittrice e pedagogista svedese Ellen Key, della quale evidentemente condivide il pensiero, conclude con una sua frase “un suo magnifico concetto” che definisce la vera mèta del movimento femminile, da quella gran femminista indipendente che era:

“II giorno in cui la volontà del­la donna per sé e per i suoi figli non avrà più qualcosa di vago, ma sarà forza vigile, soltanto allora potranno mani femminili aiutare a guidare i destini del­l'Umanità».1)

 

1 Almanacco della donna italiana (1920-1943) Si tratta di una rivista antesignana dell’emancipazione femminile all’interno della realtà nazionale dedicata al costume, alla critica letteraria e all’aggiornamento politico. Troviamo tra i prestigiosi collaboratori alcuni nomi di amici dei Tallone: Eugenio Montale, Ada Negri e Matilde Serao, amica di gioventù di Eleonora e Virginia a Roma. Articoli di Virginia Tango Piatti: Lega Internazionale Femminile per la per la pace e la libertà, 1925; La gioia dei primi passi, 1926; Necrologio: Ellen Key,1927; A una donna moderna,1928; L’età delle donne (e quella dei signori uomini), 1929; Sermone a una donna che scrive,1938


 


 

 

 

 

LA GIOIA NEI PRIMI PASSI 

 

ALMANACCO DELLA DONNA ITALIANA

 

di Agar (Virginia Tango Piatti)

 

 

Povera creatura umana, a quanti insegnasti a ridere a giubilare? L'insegnasti a tua madre? L'insegnasti a tua moglie? L'insegnasti al tuo bambino?

JORGENSEN

 


 

Il neonato.

Il bimbo entra nella vita piangendo.

Ma se, a tutta prima, quest'incubo del penoso vagito infantile può far ritenere a molti l'uomo nato all'affanno o, come vuole lo Schopenhauer, al martirio, esso può far sorgere anche un'idea consolante, e cioè che l'uomo sia creato per conquistare da sé la sua gioia. Certo, nasce senza saper far nulla e indifesi nel mondo più che ogni altro animale, e non per questo possiamo dedurre che abbia il dovere di conservarsi imbelle e incolto.

Così, credo fermamente che, come la cultura e la forza, anche la serenità l'allegria la gioia, debbano essere per lui un perfezionamento, un'ascensione. E che egli debba conseguirle come scopo dì vita.

(Se questa fede è un mio errore, è certo uno di quei tali errori che, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli).

Appena nato, il bimbo afferma il suo diritto alla tenerezza.

Nulla di più imperioso di quel primo vagito stentoreo che fa seguito all' urlo della lacerazione materna, quel vagito che s'impone su tutto e che sembra dire:

— Ora son qui; rivolgetevi a me, son sacro. —

Questo diritto alla vita sembra venir proclamato, a volte, prima che dell'uomo nuovo esista un qualunque germe o segno, quando, come una vibrazione superiore, pare ch'esso vigili e s'imponga sui due esseri che l'amplesso dovrà unire inesorabilmente.

 

Il bambino è nella casa e porta dolcezza.

(Da un canto indiano)

 

Bisogna dunque per prima cosa tener conto della vita prenatale del bambino. Esiste un'influenza di fattori esterni e sentimentali intorno alla gestante, stilla vita del figlio.

Devi attenderlo con gioia il tuo frutto, o mammina, con anima sgombra da preoccupazioni egoistiche: questo sarà già per lui un buon inizio.

E lui, a sua volta, sarà la tua gioia più pura. Vederne sviluppare; le membra, veder accendersi nei suoi occhi ogni giorno delle nuove luci, l'osservarne ogni fase naturale — che ha del miracolo — vorrà dire compenetrare l'anima di un'esultanza piena di ansiosa umiltà e il sano orgoglio; sentimenti madonneschi così belli e profondi, che le parole, non possono esprimerli.

 

Ambiente sereno.

Tutto ciò che circonda la tua piccola creatura — luci e colori, ambiente e persone — deve suggestionarla al bene ed all'allegria.

Persiste in non so quale paese un'usanza poetica. Si prendono le prime viole della stagione, si posano sugli occhi del bambino e si dice una preghiera:

— Perché tu veda soltanto il bene.... —

II primo gesto verso di lui deve essere di difesa.

È una creatura di pensiero, eludere svolgersi sotto i tuoi occhi e che tu, con tutti gli accorgimenti, hai il dovere di valorizzare, ricordalo, finché ti basterà la vita.

Importa perciò molto che nessuno di quelli che lo circondano sia tale da dare al carattere del bambino una brutta impronta.

Non è vero che le prime idee e impressioni che prova, potranno seppellirsi come cosa morta nel suo cervello e nel suo cuore. Esse hanno un potere di resurrezione, che sembra miracoloso e

che è la conseguenza di una legge fisiologica.

Se la bambinaia, o la persona qualunque a cui tu lo hai affidato, prova gusto a terrorizzare e intontire il bambino con minacce di mostri, uomini neri e simili; se lo rimprovera e lo tormenta per un nonnulla; se ha abitudini sudicie, o parlare triviale; se gli insegna a dire la prima bugia e lo batte perché non la sa dire a modo; se si accanisce a impedire al bambino (che fa il chiasso per sua natura come gli uccelli gorgheggiano e come le rose sbocciano) ogni libero movimento; se il bimbo si rivolta con dolorosa impotenza o si chiude, misera cosa, in sé stesso sfiduciato e triste, tu, forse, non te ne avvedi neppure!

Si tratta d'impostar bene la vita.

È confermato dall' esperienza che il tenero bambino che ieri e oggi, per cause indipendenti da lui. ha pianto molto e non ha dato riposo ai suoi nervi, strillerà e soffrirà più facilmente domani, per la più insignificante provocazione, e diverrà, a poco a poco irritabile senza cause, fino ad alterarsi nel carattere e patirne per sempre.

Quest'osservazione psicologica è applicabile anche agli adulti nel maggior numero delle emozioni.

È provato che il provocare sintomi d'ira o di tristezza rende queste passioni più intense.

È noto che nella collera noi «ci montiamo» a forza di manifestarla.

 

Ciò deve darti, o mammina, nel campo dell'educazione, un altissimo precetto, perché per vincere nel bambino ogni tendenza emozionale non buona, dovrai assiduamente animare i movimenti esterni di quella disposizione che desideri di coltivare in lui.

Cerca quindi di essergli vicina, perché la sua prima educazione abbia un unico indirizzo il tuo.

 

Le piccole fonti di benessere.

 

Voi siete i poemi viventi.

Victor Hugo

 

Importa moltissimo alla vivacità dell'umore la nettezza, alla quale il tuo bimbo si abituerà da piccino, senza alcuno sforzo, e subito ne sentirà il decoro e non ne perderà più il costume.

La pulizia ha profonde ripercussioni sull'anima.

Sveglia perciò in lui, mammina, l'amor proprio — l’amor proprio, intendiamoci, non egoismo — che erroneamente alcuni credono utile soffocare, e che, usato con garbo, sarà una leva possente per il suo bene. E gusti da piccino, non la voluttà, la gioia di metter tutto a soqquadro, dello sparpagliare, del distruggere, ma la contentezza dell'ordine — per il quale dovrà presto esser messo in grado di acquistare una serie di utili automatismi, a poco a poco — e la gioia del ritrovare sempre i suoi oggetti, di tenerli a posto, di conservarli intatti e freschi.

Conosca sempre, fin dalle prime esultanze per la bambola di gomma, per il cavalluccio, per le scarpette nuove, per la veste bianca, la sana ambizione di vestir bene, di fare onore agli abiti, di ritenerli a lungo, di rispettare le cose che ha d' intorno e i doni che riceve.

Le sue gioie saranno così più durevoli e i suoi affetti più saldi.

E si avvezzi intanto alla massima semplicità di mezzi, alla santa moderazione; a non desiderare il superfluo, a servirsi di tutto con minor spreco possibile.

Ma non siano, la sua fragrante pulizia e il suo ordine, causa di saccenteria o di troppo meticolosa apprensione, di piccoli atti sprezzanti e schifiltosi verso gli altri. Sappia presto che deve compatire, senta la giustizia dell’adattarsi e, se così può dirsi, dell'indulgere, non potendo ancora giudicare.

Intanto, tu, madre, applicati alla correzione dei suoi difetti fisici fin dalla sua prima infanzia, quando sei ancora in tempo, perché il ragazzo, non dotato di bellezza o di forza, abbia l'occasione di migliorare e svilupparsi in uomo sano e longevo quanto più sia possibile.

 

La salute dei figli.

Nei    bambini    mal   disposti   o scarsamente    dotati,   o    naturalmente piagnucolosi, sparuti, linfatici, la cui intelligenza è in ritardo come lo sviluppo del corpo, i cui sentimenti affettivi e morali esistono allo stato rudimentale, l’educazione deve cercare con amorosa assistenza, con buoni succhi vitali, di promuovere il risanamento insieme con lo sviluppo, valorizzando con garbo e pazienza qualche talento e qualche bella qualità innata. Anche nei casi gravi, il cercare un miglioramento è dovere, perché se i padri nostri sono colpevoli delle colpe e miserie nostre, noi saremo ancora, per quelle stesse miserie, responsabili dell'infelicità trasmessa o non alleviata.

Sovente una buona igiene può far dei miracoli, consigliando l'esercizio all'aria aperta, il soggiorno al mare, i piccoli lavori manuali festosi, e, sempre con le abitudini meccaniche della pulizia e dell'ordine, instillando un senso di dignità personale che può non andar scompagnato dalla dolce umiltà, così rara e bella nei grandi, ma così necessaria in ogni caso nei mediocri.

Non aumentare però con eccessive premure e con salutismi esagerati la sensibilità del bambino. Bada di non far mondo finito per la minima bua, la graffatura del micio, la sbucciatura del ginocchio nell'arrampicarsi istintivo qua e là; non comunicargli le tue preoccupazioni per il dentino da cavare o per un po' di sangue che scorra dal naso.

C' è una frase bambinesca di fierezza che ha effetto sicuro. E il fargli dire:

— Ho fatto tombola; sento dolore ma non piango! —

Non renderlo troppo suscettibile, non dar peso a ogni suo atto. Gli risparmierai un gran numero di quelle delusioni riservate ai bambini tenuti nella bambagia e ipersensibili, quando il mondo con la sua indifferenza e le sue ferree leggi lo avrà fatalmente in sua balia.

Il bimbo sano e intelligente dovrà esser abituato, a poco a poco, con buoni esempi pratici, a conoscere i bisogni del suo organismo con intelligenza d'igiene.

Ma attenzione alle troppe medicine. Adoprate facilmente e a casaccio, se qualche volta secondano la natura, spesso la contrariano. Pensiamo anche che molte malattie, di cui non rechiamo il germe nascendo, derivano più tardi dagli errori igienici che commettiamo ogni giorno, dai miasmi velenosi sparsi nell'aria, dalle impressioni morali occasionate dalle relazioni sociali e dagli avvenimenti quotidiani.

 

Transigere sui piccoli errori.

 

Ci si libera di molte cose, fingendo di non vederle.

Napoleone

 

Non far per ogni nonnulla la voce grossa; transigi sulle piccole colpe, per poter conservare intatto il tuo prestigio contro gli errori gravi.

Uno degli esercizi più belli della matematica è quello di ridurre i numeri e le frazioni ai minimi termini, per la mirabile chiarezza che ne risulta. Così, ti voglio consigliare di ridurre in minimi termini gli obblighi e le necessità del tuo marmocchio.

Ma su questi termini non capitolar mai. Sono fondamentali.

Sono pochi, si contano sulle dita di una mano, come le leggi di perfezione: sincerità assoluta, generosità, pulizia, decoro, rispetto alla vita degli altri: uomini, animali o piante.

A mischiarli con troppi precetti, c'è il caso che si confondano non solo dinanzi al marmocchio, ma anche dinanzi agli occhi della mammina.

Quanto volte non la vediamo tirar via dinanzi ad una leggiadra menzogna premeditata per vendetta o crudeltà, e battere il piccino nervosamente per aver fatto cadere un balocco o non aver saputo mettere il berretto in testa secondo il gusto dell'ultimo figurino?

Bisogna imparare a distinguere fra le ragazzate che sono inerenti all'età — e perciò temporanee — e le prove di vera cattiveria, di avarizia, di volgarità, d'insincerità, di sensualità morbosa che, non represse, possono condurre col tempo a tristi abitudini e a colpe irrimediabili.

Nervi a posto, nell'osservar tutto, per mettere le cose nelle giuste proporzioni.

Sappi distinguere quando — e solo nelle grandi occasioni — è necessario imprimere con un castigo un ricordo incancellabile; quando non si possono ammettere discussioni o scuse, impartendo ordini assoluti; o quando invece potrai persuadere il riottoso cullandolo dolcemente fra le braccia, accarezzandolo, o anche, canzonandolo. O quando la pena e il motivo a ricordare potranno consistere in un discorso affettuoso ma fermo, o nel non parlargli più per qualche ora.

Schiva d'impartire ordini inutili; non intimare mai decreti di penitenze eccessive che dovrai ritirare.

Presenta il dovere come cosa naturale e bella, ma non esigere mai nulla di troppo.

Il bambino ha spesso sviluppato il senso della giustizia — che poi la società potrà affrettarsi a limitare o asservire in lui — e comprende perfettamente quali sono le pretese e i rimproveri equi, e quali son prodotti da incomprensione, da leggerezza o da crisi di nervi.

Tu devi risolvere, in sostanza, come non hanno mai o quasi mai risolto gli uomini di Stato, il grande problema dell'equilibrio fra la libertà e l'autorità.

 

Il domicilio coatto per l'infanzia.

 

Qual riposo il perdono! Siate Dante e Catone pei potenti ma non per i piccini.

VlCTOR HUGO

 

Con tutta la reverenza per la «Regola di San Benedetto» che insegna, fra l'altro, ad «affliggere di lunghi digiuni e battiture i fanciulli, perché risanino» io vorrei togliere dal mondo per sempre la bruttura della punizione manesca.

 Vi sono mille modi di correggere e d'insegnare il bene, ma l'istillarlo a forza di ceffoni e di pugni è azione perversa, è sfogo brutale, anche se animato da scopo educativo, di un forte verso un essere debole e indifeso.

Ogni pena corporale degrada insieme l'educando e l'educatore; perciò, anche nel castigo, il fanciullo deve poter scorgere non solo la punizione ma anche la espiazione benefica che lo acquieta e, in certo modo, lo lava e lo purifica. Deve sentire, anche nei suoi errori, il calore vivificante dell'affetto; non dev'essere troppo umiliato nei rimproveri e suggestionato da accuse esaltate.

 

 

Giovinezza,  senza   sorrisi,  odio senza pietà.

(Da un vecchio proverbio).

 

Un fanciullo come un uomo e anche un po' quello che crede di essere.

Sono terribili le idee che possono sorgere nel cervellino di un fanciullo trascurato, impaurito, vilipeso e disumano, quand'egli sia giunto a non trovare alcuna gioia nella vita! È certo che non procurerà di farci buona figura, se essa gli appare così opprimente: potrà finire, anzi, per trovare un certo morboso fascino a recitare nel mondo la parte del tristo e del paria. Sì, potrà diventare feroce mentitore e perverso, per partito preso, esaltandosi in una idea di temerità e di sfida, quando nessuna carezza, nessuna parola persuasiva, nessun segno di giustizia abbia mitigato un rimbrotto acerbo, quando nessun premio, nessuna lode, nessuno sguardo abbia messo in risalto e incoraggiato una sua bravura infantile.

È necessario che tu, madre, sappia padroneggiarti nei casi gravi, se vuoi impadronirti d'una volontà per guidarla.

E se gli altri trattano male il tuo innocente, se tutto ciò che lo circonda non è fatto per la sua gioia, sii tu la compassione, l'indulgenza, la quiete, la bontà, la bellezza, l'amore, la salvezza unica! Devi dar tu quello che hai di meglio, devi creare in te questo meglio, se non esiste, per il buon esempio e la serenità di lui.

 

Rispetta la natura.

Molti scambiano l'educazione con l'istillazione lenta nel figlio dei propri errori e difetti. Ho sentito qualche mamma comandare a un bambino recalcitrante cose così assurde e contrarie a lui che quasi mi veniva fatto da congratularmi col figliuolo per avere disobbedito, resistendo a una falsa sovrapposizione sul suo puro essere degno di rispetto.

Si giunge perfino a cancellare dall'anima grandi qualità, per sostituirle con piccole virtù spicciole e convenienze mondane (sembra di veder mettere su guance fresche un belletto o una manteca qualunque, o sui capelli di un cherubino l'ossigeno e la tintura per indorarli).

Ricordati, mammina, che tu non hai plasmato il figlio, fisicamente a modo tuo; hai dovuto accoglierlo com'è venuto, prodotto di mille cause secolari. Così devi prenderlo com'è venuto spiritualmente; dirigerlo, non importi e forzare la natura.

Non castigarne la spontaneità costringendolo a una serie d'inutili sacrifici; non avvelenare con cento spauracchi i suoi lieti giuochi coi compagni e le sue belle espulsioni d'allegrezza.

Non restringere la gioia che trabocca.

Pensa che il bambino avrà ad attraversare, forse, dei tempi difficili, e che il cominciare con l'imporgli degli affanni e troppi doveri alla rinfusa per prepararlo a quelli che devono venire, è davvero una previdenza esagerata.

Tanto varrebbe dire: non ridere adesso perché piangerai più tardi! (Sfogliare i fiori, sciuparli in vista dell'aquilone!).

 

La forza essenziale.

Spesso il fanciullo come l'uomo appare veramente «nave senza nocchiero in gran tempesta».

Fa che a poco a poco egli trovi in sé stesso un abile nocchiero munito di bussola sicura.

Dopo il tuo primo gesto di difesa, fa ch'egli impari a difendersi. Il puntellare minuto per minuto le debolezze del figlio, come il «non passarne una» (così dichiarano a volte certe madri lanciando occhiate alla Enrico quarto) sono due gravi o ridicoli errori.

Perché tu devi formare un individuo libero, coraggioso, atto alla vita, non un fantoccio per il momento, diverso da quale lo desideri adulto.

(E ricordati, madre, che da un giorno all'altro, quando meno te l'aspetti, potresti lasciarlo nella vita senza il tuo appoggio. Fa pure allegramente gli scongiuri come li faccio io. Ma procura di tener quest'idea presente, perché un giorno ti possa consigliare di trasmettere nella nuova anima, che sarà una continuazione del tuo essere, la forza essenziale che potrà salvarla).

 

Le poetiche leggende.

 

L'istante in cui li allontanate dalla felicità è forse il solo in cui dovevano goderne.

Gustavo Droz

 

Non è molti anni, in un paese del Varesotto, si fece una strana dimostrazione contro una maestra comunale, di cui le madri unanimi chiedevano il licenziamento e l'ottennero.

Per il pensiero didattico di chiamare «pane il pane e vino il vino» un bel giorno, entrando in classe, essa dichiarò ai ragazzi:

— Voi siete dei baggiani, se credete ai doni del bambino Gesù e alle calze imbottite dalla Befana. Sappiate che i piccoli regali misteriosi vengono messi nelle calze e sul camino dai vostri parenti, di nascosto. —

Confesso che quella ribellione patita delle madri — di cui tutti i giornali dovettero occuparsi — mi dà ora molto da pensare. Se esse non volevano che un'estranea sfatasse bruscamente la poetica leggenda custodita con amore, che guastasse la festa secolare dell'ingenuità, non avevano poi tutti i torti.

Perché — pensavano quelle madri — strappar ai piccini nostri una gioia, ammaestrandoli innanzi tempo alla vita?

Togliendo ai figli l'innocuo errore di un sogno — da cui pure i nostri primi anni furono abbelliti — con che cosa potremo compensarli?

 

Io contavo favole: eravamo tanto felici.  

Emettevamo   gridi di gioia per un uccello che passava.

Victor Hugo

 

Il Dickens, descrivendo l'educazione dei ragazzi Gradgrind, ci dice che nessuno di essi vedeva una faccia nella luna: erano al corrente del fatto della luna quanto il loro professore, il quale sembrava «una batteria galvanica, caricata di qualche cattivo preparato destinato a surrogare nello spirito dei fanciulli la giovane e tenera immaginazione che si trattava di ridurre in polvere».

A quel famoso apportatore di realtà l'autore inglese chiede severamente:

— Dimmi un po' dunque, allorquando l'olio bollente della tua scienza li avrà riempiti fino all'orlo, sarai ben sicuro d'aver completamente ucciso l'immaginazione? Sarai ben sicuro di non averla semplicemente mutilata e sfigurata? -

E il Pascal, colui che il Voltaire chiamava con reverente arguzia «il fanciullo sublime», osservando che l'ignoranza naturale è la vera condizione dell'uomo, difendeva «le false impressioni dell'infanzia» che poi la scienza corregge, perché esse sono fatte per la nostra semplice gioia.

Così, sono tentata di prendere anch'io la difesa di quelle oneste menzogne. Il bambino Gesù che aveva una tunica tessuta tutta d'un pezzo, e che cresceva con lui; il cappuccetto rosso che seppe vincere l'Orco; le uova dipinte che portano la benedizione a Pasqua..., tutto ciò che fa parte del meraviglioso, può accendere di tanta gioia gli occhi innocenti del tuo bambino!

La questione è di sapere se bisogna o no bandirlo, questo meraviglioso, dalla sua vita.

V’è in esso senza dubbio qualche cosa che risponde al suo istinto. Ora, la nuova pedagogia ci porta a credere che si deve soddisfare l'istinto del fanciullo — e poi bisogna, senza dubbio, orientarlo — ma che non si deve reprimere con la forza, come la ukase interdiceva ai Polacchi di parlare la loro lingua; perché Polacchi, proprio per quella ukase sono diventati panpolacchi; gl'istinti non diverranno che più ardenti con i divieti, o, se furono realmente schiacciati, saranno tante belle forze perdute.

In verità, l'amore del tuo bambino per il racconto meraviglioso ha la stessa natura che il suo amore per il giuoco. Anche il giuoco è una finzione (l'aeroplanino e il cavalluccio di legno sono, nella sua fantasia, qualche cosa di vero; egli rinnova a ogni istante i gesti della fata che trasforma un cetriolo in una carrozza dorata e l'abito grigio di Cenerentola in un vestito trapunto di stelle. Una scatoletta è per lui una casa; un pezzo di legno un cavallo o una persona; un filo d'erba è un covone di grano o un fascio di asparagi. Questa facoltà inventiva del bambino ti può spiegare molte cose nella vita, e farti render conto di talune sue crudeltà, che dovrai correggere ma in cuor tuo compatire, come quella di quel ragazzo francese che strappava le ali a una farfalla e, rimproverato, rispondeva tranquillamente:

— La faccio passare dall'aviazione alla fanteria…–

La parentela fra la parola e il giuoco è innegabile. Il racconto è un giuoco d'immaginazione e il giuoco è un racconto attivo.

Nessuno dubita più che il giuoco sia cosa ottima per lo sviluppo del fanciullo e che, invece d'essere un ostacolo alla sua educazione, ne sia l'aiuto. Cosi, sempre più la stanza dell'asilo scolastico diviene stanza da giuoco, orientato saviamente dai maestri. La interpretazione biologica del giuoco conferma nettamente questa tendenza dell'educazione. Perciò bisogna ammettere che l'interpretazione biologica delle fantasie immaginative giustifica le favole dal punto di vista educativo. E, se esse non sono accettate pienamente, è perché la nuova interpretazione non è ancora d'uso comune, e, in questo dominio fluido e meraviglioso, i risultati sono meno tangibili che nel dominio più materiale del giuoco.

 

Resta un'obiezione: la necessità che quelli che attorniano il bambino mentiscano.

Ma un racconto è forse una menzogna?

No, è un mito, una visiona, un'opera d'arte.

Se il tuo bambino, intesa una favola, domanda: è vera? niente di più semplice per te che rispondere: è un sogno. Egli sa quello che vuoi dire, un sogno.

E questa risposta non gli toglierà la sua gioia.

Un po' più tardi, potrai passare dalla nozione del sogno a quella della leggenda.

E la gioia sarà la stessa.

Perché il bisogno della verità e il bisogno del meraviglioso non si confondono nello spirito del fanciullo. Tutti e due son da coltivare. L' uno è germe di spirito scientifico, l'altro di spirito artistico.

Vi sono, in tutte le vecchie tradizioni migliori, dei simboli profondi di verità eterne.

Finché il tuo bambino non può credere ai simboli, lascialo ingenuamente amare le fate. E più tardi a poco a poco, lo condurrai senza spoetizzarlo a comprendere qual genere di verità si nasconda sotto la favola.

Quanto ai regali trovati nel camino, alle calze imbottite dalla Befana, niente di più semplice di giustificare questo affettuoso gesto rituale. Oggi è festa, e questi sono i riti della festa.

E somigliano talmente a un bel giuoco!

Non è forse tutta l'arte un bel giuoco?

I poetici miti infantili sono la prima educazione artistica del bambino.

 

Agar

 

Almanacco della donna italiana, 1926 (dal libro inedito: l’educazione della gioia)