Milini, Archivio Tallone Milano

 

 

 

EMILIA TALLONE

(MILINI)

 

(Bergamo 2.4.1891-Alpignano 4.2.1943)

 

di Gigliola Tallone

 


 

Ringrazio la mia amica Gigliola per aver voluto condividere qui, su sito di Dino Campana, il suo splendido lavoro su Emilia Tallone, detta Milini, sua zia, già in parte pubblicato sul sito www.archiviotallone.com

(paolo pianigiani)

 


Come i piloni di un ponte romano, pur travolti da inondazioni e gorghi impetuosi, restano intatti e saldi, così Milini era serena, imperturbabile e sollecita, forse come contrappunto del caos creativo dei numerosi fratelli, specialmente i quattro attivissimi maschi. La mamma Eleonora e zia Virginia la chiamavano “l’antico” o “L’onesto” secondo il caso, sottintendendo la parola “Spirito”. Per Milini ho la testimonianza di mia madre, entrata in famiglia il 1932, sposa di Ermanno Tallone. Tra le figlie di Cesare e Eleonora solo con la secondogenita Milini e l’ultimogenita Ponina ha potuto stabilire rapporti duraturi, essendo le altre sorelle Irene e Vincenzina decedute prematuramente e Teresa un anno dopo il matrimonio di mia mamma, il  febbraio del 1933.

Ricordava Milini di poche parole, ma operosa e sollecita al punto da prevenire i desideri di chi le stava intorno. Una persona su cui poter sempre contare, aprirsi in confidenze intime, piangere sulla sua spalla. Ma la mamma ricordava anche la sua straordinaria trasformazione quando sedeva al pianoforte, come se tutte le emozioni trattenute esplodessero con la musica in intima segreta confessione trasportando chi ascoltava in una dimensione quasi soprannaturale. Praticamente autodidatta, con gli insegnamenti della mamma e zia Virginia, fin da bambina eseguiva a memoria dopo aver ascoltato brevemente un pezzo.

 

 

Milini bambina al pianoforte 1900 circa, Archivio Tallone Milano

 


 

Non era la musica la sola sua dote, era anche portata per il disegno, sempre sollecitata dalla zia che la seguiva con grande affetto e ospitata per alcuni anni delle elementari a Roma nella casa dei nonni, ed educata alla musica e al disegno.

 

 

 

Virginia e Milini in via San Marco 3 Milano, 1905 c. , ArchivioTallone Milano

 


 

Il 1911 la zia con la figlia Rosabianca di sei anni si traferisce a Laigueglia con Milini ventenne, dove avrebbe potuto irrobustire la sua attitudine al disegno e dare una mano a seguire la piccola Rosabianca, lei dolcissima e responsabile, abituata ai numerosi fratelli. La porta con sé nell’istituto estivo Monti di Alassio dove insegnava letteratura e disegno.

 

 

Virginia e Milini, Istituto Monti, Alassio 1911, Archivio Tallone Milano

 


 

Virginia, trasferitosi a Firenze il dicembre 1912, dove diventa socia del Lyceum, un mese dopo invita Milini, perché si riprendesse dalla tristezza in seguito alla morte della sorellina dodicenne  avvenuta il 4 dicembre del 1912. L’intenzione della zia era di iscriverla a un corso di miniatura da una sua cara amica che lavorava alla Galleria degli Uffizi. In una lettera inviata alla sorella Eleonora, dedica a Milini un pragmatico quanto divertente decalogo… in undici punti: “fare tutto quello che vuole la zia” “portare anche il vestiario che adesso non porti per il lutto e che possa servir per la zia che deve essere elegante” “poiché la zia ti affitterà il pianoforte, suonare in presenza altrui quando la zia vuole” “essere ordinata” ecc.ecc.

 


 

 

L’ARTISTA COSACCO

 

 

Guido Tallone, ritratto di Zigmunt Perkowicz, Archivio Tallone Milano

 


 

Dalla lontana Russia, arriva in Italia Zygmunt Perkowicz, russo di nascita ma polacco per tradizione famigliare. Mentre i fratelli vengono arrestati ed esiliati, per le frequentazioni anarchiche degli ambienti intellettuali socialisti e l’insofferenza verso le ingiustizie imposte agli israeliti nei centri d’immigrazione polacca, su di lui già all’età di 14 anni pende il sospetto di collaboratore all’eversione. Brillante negli studi con predisposizione per la matematica e filosofia, era anche provetto disegnatore e ottimo esecutore col violino. Ma incombe la leva militare, e per la sua costituzione atletica gli è imposto il corpo scelto dei cosacchi dello Czar. Deve servire gli stessi che hanno perseguitato i fratelli. Non sopportando la situazione odiosa e anacronistica, Zygmunt progetta la fuga. Raggiunge l’Italia dopo un viaggio avventuroso e rischiosissimo, affrontato in parte a piedi. Solo la sua forte resistenza fisica, la sua determinazione e probabilmente il suo allenamento militare gli hanno acconsentito di portare a termine il progetto temerario.

Come scrive Terenzio Grandi, Zygmund era approdato in Italia tra il 1912 e il '13.1

 


1) Terenzio Grandi,“Un viandante dell’Ideale: Zygmunt Perkowicz, Milano Casa Editrice Risorgimento, 1917.


 

Frequentava il circolo intellettuale polacco di Milano stretto intorno a Nictopolion Maffezzoli, ben conosciuto dal Grandi e dalla sorella di mia nonna Eleonora, Virginia Tango Piatti, giornalista e pacifista, amica del polacco Leonardo Kociemski , esperto di letteratura slava, scrittore, giornalista e noto traduttore dal russo, collega di Virginia al “Nuovo Giornale” di Firenze. Virginia, nom de plume Agar, era innamorata della causa polacca e aveva anche padronanza della lingua, tanto da tradurre in italiano le “Novelle polacche” di Leone Choromanski.

È altamente probabile che fosse stata proprio Virginia a presentare Zygmunt alla sorella Eleonora, nell’ambiente milanese della “Maison Rustique”, la casa di via Borgonuovo 8 dove, intorno a Eleonora e il marito Cesare Tallone, allora docente della cattedra di pittura dell’Accademia di Brera, erano in perenne convivio colleghi, allievi, musicisti, poeti: sosta d’obbligo di tutti gli intellettuali quando si trovavano a Milano, come Rebora, Sibilla Aleramo, Raffaello Franchi, Ada Negri, Margherita Sarfatti,Titta Rosa, Carrà, Boccioni, Sironi…questi due ultimi saliti a Milano al richiamo del primo Futurismo marinettiano, nato con gli allievi del liberale Tallone, l’unico tra i professori di Brera a difenderli quando intraprendevano strade nuove, mentre molti in Accademia avevano addirittura intenzione di espellerli.

Zygmunt intraprende anche studi pittorici in modo però saltuario. Per la sua fame di conoscenza, sempre immerso in letture filosofiche e piegato per ore sui fogli a prendere appunti, sembra perseguire un progetto che la sua intelligenza vulcanica gli impedisce di attuare, come sottolinea il Grandi. Presto padrone della nostra lingua, sente una profonda affinità elettiva con l’ambiente talloniano, dove l’arte era intesa con la A maiuscola e la musica era di casa. Lui, provetto violinista è ammagliato dalla musica incantevole che esce dalle mani di Milini al pianoforte.

Di questo sperduto profugo lontano dai suoi cari Eleonora prova profondo affetto e lo accoglie come un figlio in più, incurante del rischio di ospitare un fuggiasco disertore in Russia e in prossimità dell’entrata in guerra dell’Italia, quando i giovani vengono chiamati alla leva.

 


 

 

LA GRANDE GUERRA

 

I fratelli Guido, Ermanno e Cesarino partono per il fronte. Mentre Guido ed Ermanno torneranno solo per brevi licenze e giungeranno incolumi fino alla fine della guerra, Cesarino, 63º fanteria, I batt. Ciclista, nella prima operazione militare, conquistata la posizione del monte Sei Busi, sopravvive miracolosamente al suo plotone falciato per un tragico errore dal fuoco amico proveniente dalla zona di Duino.  

Viene ricoverato a Ravenna con sospetto colera e i primi di agosto la mamma e la zia lo conducono ad Alpignano. Presto ripresosi, Cesarino si reca con Zygmunt da Elisa Albano, per sistemare la tenuta Granvigna in mancanza di contadini chiamati alle armi.

Elisa era figlia di Elvina Gallenga e di Aureliano Albano, e la salda amicizia della famiglia Albano coi Tango, genitori di Eleonora e Virginia, era nata a Roma, dove abitavano nella stessa via Cavour, per proseguire fino alla mia generazione in Piemonte nelle due tenute vicine, quella di Alpignano dei Tango-Tallone e quella degli Albano presso Almese.

 

 

Zygmunt e Cesarino alla Granvigna, 1915, Archivio Tallone Milano, prov. Marco della  Chiesa

 


 

 

Alla Granvigna: a sinistra Zygmunt inginocchiato che regge una sua scultura (testa di bambino), dopo i due giovani il terzo personaggio potrebbe essere Angelo Valdagni, cugino di Elisa, figlio della sorella di Aureliano Albano (padre di Elisa) Eugenia Albano moglie di Luigi Valdagni medico chirurgo della marina militare, accanto Milini in piedi con in mano quello che sembra essere un lavoro all’uncinetto o a maglia. Anche le altre signore sembrano lavorare a maglia: forse confezioni per i soldati al fronte? Archivio Tallone Milano

 


 

In questa oasi della Granvigna, che la terribile guerra aveva risparmiato, l’assidua frequentazione avvicina ancora più due anime affini come quella di Zygmunt e Milini.

Fatale fu a Zygmunt la confidenza fatta a un altro poeta amico di famiglia, Oreste Ferrari, del suo proposito di sposare Milini. Oreste, che non conosceva la sensibilità scoperta di Zygmunt, lo distolse dal proposito convincendolo che la sua condizione di apolide senza un'occupazione fissa era inadatta a legare a sé una fanciulla come Milini. Quella notte l'infelice polacco si comporta come il solito e all'alba lascia alle spalle tutto quello che ha: una famiglia, amici sinceri e l'amore. Lascia una rosa sul tavolone di pietra nel giardino e fugge da Alpignano.

La famiglia non comprende, si preoccupa, cerca di rintracciarlo, Milini è in lacrime. Niente, nessun segno di Zygmunt. Eleonora non demorde, pensa che qualche cosa le sfugga, che una ragione si debba pur trovare e scopre l'intervento innocente ma improvvido di Ferrari, che travolge con la sua ira, ormai troppo tardi per salvare quell'anima persa, con una scenata che rimane impressa a fuoco nella piccola spaventata testimone Ponina. Chiuso nel silenzio della sua profonda malinconia, Zygmunt muore suicida a Bovisio Mombello il 6.12.1916, e riposa sepolto amorosamente dai suoi amici polacchi nel cimitero di Limbiate.

 


 

 

ORESTE FERRARI

 

Non sarei rispettosa nei confronti di Oreste Ferrari, dello “zio Ferrari”, come lo chiamavamo in famiglia, a cui volli molto bene, se non togliessi ogni dubbio sulla sua innocenza e non eliminassi ogni sospetto di una competizione per la mano di Milini, che Oreste ancora poco frequentava, essendo impegnato politicamente in Trentino e poi volontario in guerra il 1915. Reduce dalla grave ferita al Monte Maggio, in ospedale a Milano inizia la lunga riabilitazione, restando azzoppato a vita. La situazione di apolide di Perkowicz in piena guerra, se si fosse esposto alle autorità, avrebbe comportato sicuramente il suo arresto. Il povero Oreste non faceva che avvertirlo del rischio di esporsi a una pericolosa situazione.

 

 

Guido Tallone, Ritratto di Oreste Ferrari, 1942, Archivio Tallone Milano

 


 

Mi preme qui chiarire, con una inedita notizia dalla mia cura alle lettere di famiglia, l’approdo di Oreste Ferrari a Milano e la frequentazione dei Tallone. La sorella di Eleonora Virginia Piatti Tango, moglie separata di Antonio Piatti, ex allievo di Cesare Tallone a Brera, dopo l’anno trascorso ad Alassio, si era trasferita con la figlia Rosabianca il dicembre 1911 ad Arco Trentino, allora in territorio austriaco.

Sensibile ai problemi delle minoranze, convinta pacifista, collaborava da Arco col settimanale “Buon Consigliere” di Roma, e ad Arco aveva conosciuto il giovane Oreste, di precoce talento poetico e fervente passione per gli ideali condivisi di libertà e giustizia. Da giovanissimo Ferrari  aveva sposato con impetuoso fervore la causa di Cesare Battisti, ed era protagonista dell’Irredentismo trentino. Ferrari le scrive una lettera da Bezzecca a Milano, durante la breve permanenza di Virginia per visitare la nipote Vincenzina gravemente ammalata.

 

 

 

 

Cesare Battisti, Archivio Tallone Milano

 


 

Lei trascorrerà ancora un periodo ad Arco, fino alla morte della nipotina dodicenne, il 4 dicembre del 1912. Si trasferisce lo stesso mese a Firenze, dove diventa socia del Lyceum Club da marzo del 1913. Nel clima culturale di quella antesignana fondazione femminile, Virginia, che si firma Agar, fonda la rivista “La Piccola Fonte”, rivista letteraria mensile di breve vita di soli sei esemplari, dal gennaio al giugno del 1913. Dalle scarse tracce trovate e nella corrispondenza risultano collaboratori il poeta Umberto Romanele e Oreste Ferrari, ne parla Sergio Solmi nel suo libro “Oreste Ferrari, Ariadne, Ottavio Capriolo in Milano MCMLXXVII”. Appare anche una recensione di Agar dei Canti di Mario Novaro “Murmuri ed echi”. (La rivista è andata perduta durante l’alluvione di Firenze).

Il 1917 Ferrari dedica “Alla mia cara amica Agar” la lirica autografa “Nuvole nuvole nuvole”, che sarà uno degli otto canti lirici pubblicati nel “Trentino”, tra il 1925 e il 1929.

 

 

 

 

Poesia Nuvole nuvole nuvole, si trova nel Taccuino delle dediche
e delle firme di Virginia Tango Piatti, Editore Tallone

 


 

Due anni dopo Oreste sposerà la dolce Milini Tallone a Milano, il 6.11.1919. La nascita dei due figli Allegra e Mimmo corona la loro felicità. Per l’affetto nei confronti del marito e i due bellissimi figli Allegra e Mimmo, Milini aveva rinunciato alla brillante carriera di concertista.

 

 

Nel giardino di Alpignano, metà anni '20, da sin Ponina, Milini e Teresa coi bambini
Archivio Tallone Milano
 

  
Mimmo e Allegra, Archivio Tallone Milano

 


 
 
 

 

 Mimmo Ferrari in montagna, Archivio Tallone Milano

 


 
 
 
Disegno di Guido Tallone, Allegra,1938

 


 

 

LO ZIO FERRARI

 

Oreste Ferrari nasce a Locca di Bezzecca in Val di Ledro, il 5 maggio 1890, figlio di Giuseppe, artigiano tessitore e Erminia Bartoli.
Silvio Segalla scrive una pagina sulla formazione dell’amico Oreste, dalla quale traggo utilissime notizie.
(In memoria di Oreste Ferrari, a cura del Museo Trentino del Risorgimento e della lotta per la libertà e della regione trentina, Trento maggio 1963.)

Segalla ricorda l’Oreste ventenne discutere con grande cognizione di Slataper, Michelstaedter, di Hortis.
A 17 anni aveva scritto poesie e prose per “Vita Trentina”, rivista di Cesare Battisti. Ne “Il Popolo” Carlo Cavazzana aveva dedicato un articolo alle sue poesie, e ne “Il Messaggero” del 20-8-1909 Giuseppe Stefani aveva pubblicato un lungo e positivo articolo dal titolo “Un poeta trentino” dedicato al nostro Oreste, che si firmava con lo pseudonimo Steno Tullio Mortara.
Conquistato dal carisma di Cesare Battisti, Oreste pubblica la poesia “In memoria d’una Legione di Eroi” nel sequestrato numero unico, del settembre 1909, della Società degli Studenti Trentini, dedicata ai Garibaldini caduti a Bezzecca. Il 13 settembre 1911 anche il foglio del Popolo con la poesia “Desiderio” veniva sequestrato, e lo stesso Battisti intervenne contro il sequestro, chiedendone il ritiro, a malavoglia accettato.
Rimando alla lettura del libretto dedicato a Oreste Ferrari, in cui sono riportati anche brani delle sue poesie e dettagli della attività di traduttore e letterato, nella quale eccelse come insuperabile traduttore di Goethe.
Il giovanissimo Ferrari, che aveva sposato con impetuoso fervore la causa di Cesare Battisti, fu protagonista dell’Irredentismo trentino, volontario nel primo conflitto mondiale, attivo nel comitato sindacale dannunziano durante l’occupazione di Fiume e partecipe alla prima resistenza al Fascismo nel 22-25.
Fu anche direttore dal 1922 del giornale “La libertà”, organo del Partito Liberale Democratico del Trentino, al quale collaborava dal 1917.
Durante la seconda guerra mondiale dal 1941 prestava la sua opera di intellettuale nell’Ufficio Studi della Banca Commerciale di Milano diretto da Ugo La Malfa. E grazie a lui si sono salvati preziosi documenti.

 

 

Guido Tallone, Ritratto di Allegra Ferrari, 1941. Proprietà Gigliola Tallone

 


 

Il 4 febbraio 1943 la moglie e la figlia Allegra, allora secondo violino al Conservatorio di Milano, rifugiate con altri otto vicini e la zia Virginia nella cantina della casa di Alpignano, perdono la vita per il bombardamento americano. Mia madre Wanda, incinta di me, aveva cercato più volte di dissuadere di ricoverarsi in quella cantina antica senza fare opere di rinforzo della volta, ma restò inascoltata. Unica superstite fu la zia Virginia. L’anno successivo il figlio Mimmo precipita in un burrone mentre si reca in Svizzera a trovare il padre lì fuggito perché ricercato dai tedeschi. Resta sepolto nella neve dal 27 novembre 1943 al 3 gennaio del 1944, in fondo a un crepaccio in Val Mesolcina, all’Alpe di Borna. L’amico intimo di Ferrari, Gigino Battisti, figlio di Cesare, si era prodigato inutilmente per recuperare il corpo, ma sarà un pastore di origine trentina a ritrovarlo.

Alla fine del conflitto Ferrari fu chiamato a prender parte alla Consulta, ma rifiutò. Oreste, nome profetico per la tragedia che lo annichila, attraversa tutto lo sconvolgente martirio di chi è colpito tanto duramente.
La poesia, la passione di esimio germanista, l’amore per la cultura coltivata dalla prima giovinezza e l’affettuosa assistenza dei parenti l’hanno aiutato a sopravvivere.
Nessuna cura medica potè quanto l’affetto dei cognati stretti intorno a lui.
Guido Tallone, così diverso, così solare, ma che pur aveva provato, in quel periodo buio del bombardamento di Alpignano, la più profonda disperazione, aveva diviso con lui la casa di Milano, e quando era assente, gli altri fratelli invitavano Oreste a turno.
Alla fine di ogni pranzo o cena che io rammenti, lo zio iniziava a liberare i suoi ricordi, che cominciavano sempre cosí: “Ricordo, nevero, quando ero giovine, Cesare Batisti…”
Quella sua parlata dolce, senza doppie, sembrava risucchiarti insieme a lui nel sogno di quei giorni lontani e gloriosi, gli unici ricordi che si poteva concedere. E, alla frase fatidica, pian piano, con diverse scuse, tutti si defilavano lasciandomi sola, incapace di abbandonarlo, ipnotizzata dalle sue parole, guerra, sacrifico, lotta irredenta, impiccagione, liberazione, e i nomi strani degli amici poeti, Slataper, Svevo…
Io, nipotina molto somigliante nel volto alla sua Allegra, ero l’unica sua platea, unica testimone del teatro di Oreste Ferrari, poeta infelice che parlava per l’altra immensa platea del mondo dei sacrificati per la libertà.

 

 

 

Allegra col violino, copertina.
Testo di Oreste Ferrari dedicato alla pittura di Guido Tallone,
Collana Gabriella-Amilcare Pizzi-Milano, 1950

 


 

Guido Tallone, Ritratto di Gigliola a 12 anni,1955. Proprietà Gigliola Tallone