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Alla ricerca delle foto autentiche di Dino Campana
Intervista a Stefano Drei, il ricercatore che ha trovato la foto inedita di Dino Campana
a cura di Paolo Pianigiani
L’aveva promesso, il prof. Stefano Drei: ho tolto una foto dall’album di Dino Campana, ma forse riuscirò a trovarne una nuova…
Dopo aver scoperto che la foto di gruppo di una classe del Liceo Torricelli, non comprendeva il poeta di Marradi, ma un altro studente, tale Filippo Tramonti, le ricerche sono continuate, fino a scoprire una nuova foto, recentemente messa in copertina dell’ultimo volume curato da Gabriel Cacho Millet, “Lettere di un povero diavolo”, uscito a Dicembre 2011 per i tipi di Polistampa, a Firenze.
Ma proviamo a ricostruire la storia di questa foto, rarissima, scattata nel gennaio del 1912, a un giovane ancora sconosciuto, ma che sarebbe diventato di lì a pochi mesi l’autore dei Canti Orfici.
Paolo Pianigiani:
Caro Professore, la foto nuova appena pubblicata sulla copertina del Carteggio Campaniano, ha lasciato a bocca aperta tutti: dopo la tua scoperta che la celebre foto di Campana al Torricelli era falsa, nessuno si aspettava che ne arrivasse una nuova…
Ci racconti come sei arrivato a trovarla?
Stefano Drei:
Sono partito da un’altra foto, già nota ma mai studiata, che ritraeva Campana con amici durante una gita in montagna. Si trovano probabilmente sul passo del Muraglione. Sono riuscito ad identificare questi amici e mi sono messo in contatto con i loro discendenti. Fra di loro c’erano le sorelle Baùsi, figlie dell’ex sindaco di Firenze e nipoti per parte di madre dell’avvocato Giacomo Mazzotti che era uno dei compagni di Dino nell’escursione. Così, da un vecchio album che era appartenuto al nonno sono uscite altre foto di quella gita. In una di quelle c’era anche Dino Campana.
P.P.:-
In questa foto, scattata da un giovanissimo Achille Cattani, è indicata anche la data: possiamo finalmente datare con sicurezza anche la foto più nota di Dino Campana, quella che lo ritrae in posa da studio…
S.D.:-
La foto ritratto sbucò dai cassetti di Manlio Campana nel 1942, decennale della morte del fratello Dino. Fu subito pubblicata in tre libri diversi; in uno dei tre era già correttamente indicato l’anno: 1912.
Nella foto dell’Acquacheta appare un Dino quasi sovrapponibile a quello della foto ritratto. Sembrano gli stessi anche gli abiti. Sospetto che Achille Cattani sia autore anche di quella. Forse Campana si fece fare il ritratto durante la stessa gita. Oppure, avendo conosciuto durante la gita un fotografo professionista, lo andò a trovare qualche giorno più tardi nel suo studio faentino.
P.P.:-
Questa foto appartiene quasi certamente allo stesso rullino che conteneva quella già nota, e pubblicata in passato. I personaggi sono gli stessi?
S.D.:-
Più o meno. Nella foto già nota, quella del Muraglione, compare Cattani, che si è fatto sostituire da don Stefano Bosi dall’altra parte dell’obiettivo. Nella nuova, quella dell’Acquacheta, il fotografo ha ripreso il posto che gli compete. Appare poi un uomo più anziano, probabilmente un indigeno aggregatosi al gruppo. Inoltre, nel volume stampato non c’è l’altro sacerdote, don Francesco Bosi: smarrito in tipografia.
Il gruppo è riconducibile agli ambienti cattolici faentini ed in particolare ai salesiani, che costituivano un polo di aggregazione molto attivo. Giacomo Mazzotti era anche presidente dell’Unione ex allievi. Un altro personaggio molto interessante è il musicista Lamberto Caffarelli; singolare figura di intellettuale di provincia, che i faentini non hanno dimenticato. Qualche mese fa “La Piê”, rivista di cultura romagnola, gli ha dedicato alcune pagine.
P.P.:-
Per la scomparsa di don Francesco Bosi, posso chiarire io… al momento di scegliere l’inquadratura della foto nuova per la copertina del libro di Gabriel Cacho Millet, insieme all’Editore abbiamo pensato di ritagliare la parte centrale della foto, per dare maggiori dimensioni alla figura del poeta: così abbiamo escluso la figura del religioso, che sarebbe apparso solo in parte. Nel pubblicare poi l’immagine intera è rimasta questa impostazione… e abbiamo perso per strada uno dei due fratelli Bosi.
Mi scuso qui con te, per l’errore…
S.D.:-
Pazienza. Il guaio è che la didascalia riporta anche il suo nome ed il lettore attento si accorge che qualcosa non quadra.
Don Francesco Bosi era un intellettuale, studioso di Oriani. Ma, nel gruppo, l’amico di Campana era il cognato dei due sacerdoti, Diego Babini, che in ambedue le foto appare vicino a Dino. Ho raccolto la testimonianza di un nipote: lo zio Diego gli raccontava di essere stato più di una volta compagno di Dino in montagna, ed anche di avere subito da lui scherzi goliardici. Raccontava di essersi svegliato un mattino con il capo tutto imbrattato di nero: era stato Dino durate la notte, con un sughero bruciato.
P. P.:-
Parlaci dell’album appartenuto all’avv. Mazzotti, che indubbiamente doveva essere un grande viaggiatore…
S.D.:-
Bellissimo. Vi appaiono varie località straniere, con preferenza per la montagna. Chissà se Mazzotti ha avuto a che fare con qualcuno dei viaggi di Campana, di cui non sappiamo tanto.
P.P.:-
Chiudiamo con qualche notizia sulle ricerche in corso… sappiamo che l’archivio dello studio fotografico Cattani si trova a Parma. Pensi che questa tua scoperta possa far aprire ai responsabili i forzieri dove son tenuti segregati i negativi appartenuti al grande fotografo faentino? Proviamo a mandargli un messaggio e un invito?
S.D.:-
E’ una vicenda che ho cercato di ricostruire sulla base di diverse testimonianze: di parenti, di altri fotografi. Negli anni ’80 Achille Cattani, novantenne, contattò il Comune di Faenza per cedergli il suo ricchissimo archivio. Non trovando nei funzionari contattati l’interesse e le garanzie di conservazione che questo materiale meritava, si rivolse ad un “Centro studi e archivio della comunicazione” di Parma, che acquisì tutto. Da allora, nessuno ha più avuto notizie della sorte di questo materiale. Capisco che la schedatura sia un’operazione lunga e costosa, ma non risulta che sia stata mai fatta nemmeno una ricognizione sommaria della sua consistenza. Non si riesce a saperne nulla: come se fosse sparito tutto dentro un buco nero. Ad esempio, l’archivio Cattani inglobava anche l’archivio di Vincenzo Gorini, il fotografo di cui nel 1904 Giuseppe Cattani, padre di Achille, aveva rilevato l’attività? Cattani era uomo meticoloso: ordinava il suo materiale con cura e passione, anche se non in maniera scientifica. Si starà rivoltando nella tomba, per usare un luogo comune. Del resto, è evidente che un archivio come questo può essere valorizzato solo se rimane legato al suo territorio. E più passa il tempo, più si dilegua la possibilità di dare un senso alle immagini ritratte, di identificare le persone, ed anche i luoghi. Che tristezza.