A proposito del frammento

 

"L'infanzia nasce..."

 

Una analisi grafologica su un testo manoscritto

attribuito da sempre a Dino, ma molto discusso dagli studiosi

 

del Centro Studi Grafologici di Firenze

 
 
Testo manoscritto pubblicato per la prima volta
da Franco Matacotta, nella rivista "Successo" nel 1959
 

                                                      

 

 

Il frammento "L'infanzia nasce" è un breve testo poetico di nove righe di cui si conosce con certezza, a differenza di molti altri scritti campaniani dello stesso genere, anche la data di composizione: 1° gennaio 1917, apposta in calce a sinistra dall'autore.

Esso fa parte di quell'insieme di fogli isolati, abbozzi, pagine incompiute disperse e recuperate che Dino Campana lasciò dietro di sé nel corso degli anni, tuttavia la storia di questo autografo è particolare e gli interrogativi che ancora esso suscita presso la critica costituiscono motivo di curiosità e meritano di essere conosciuti1.

Conservato da Sibilla Aleramo, compagna del poeta negli anni 1916-1917, il testo finì, molto più tardi, nelle mani di Franco Matacotta, giovane studioso vicino alla scrittrice nell'ultimo periodo della sua esistenza.

Dobbiamo precisare, per completezza di informazione, che le circostanze in cui il Matacotta entrò in possesso di questo e di numerosi altri inediti campaniani risultano piuttosto oscure e che la Aleramo, dopo una serie di schermaglie mutatesi presto in aspre polemiche, arrivò ad accusare esplicitamente l'ex compagno di averle sottratto, a sua insaputa e quindi in maniera indebita, varie lettere e cartoline speditele da Campana2.

E' possibile che "L'Infanzia nasce" fosse fra quelle carte, esso fu comunque dato alle stampe per la prima volta sul numero 7 della rivista "Successo" nel novembre del 1959. Insieme al testo in caratteri di stampa Matacotta inserì anche l'autografo originale, che si presenta curiosamente vergato sul retro di un modulo per fonogramma. Si tratta di uno scritto tracciato in maniera spedita, senza incertezze né pentimenti3:

Successivamente il frammento trovò posto nella celebre pubblicazione curata da Enrico Falqui presso Vallecchi, edita nel 19734.

La sezione "Taccuini, abbozzi e carte varie II", nel secondo volume, si apre infatti con la "Lettera a Manuelita Etchegarray" e si chiude con "L'Infanzia nasce".

I critici che si sono espressi sul valore e sull'importanza di questo frammento ne hanno da sempre sottolineato ed esaltato la profondità e il respiro universale.

Silvio Ramat ne parla come di un punto d'arrivo della poetica campaniana ("Campana giungeva al 'sublime' che era stato sempre il suo traguardo artistico")5, Del Serra lo vede come "una summa verticale delle direzioni esplorate negli Orfici attraverso le immagini"; Galimberti "un'estrema illuminazione platonica", "una vertiginosa meditazione"; Bonifazi vi scorge "l'ansia nietzsciana di eternità...all'insegna dell'Eterno Ritorno"6.

Anche Matacotta interpretò l'inedito campaniano come una sorta di "messaggio finale" del poeta: "Dino è a Firenze. Poi a Marradi nella sua casa paterna: per l'ultima volta a contatto col mondo della sua infanzia. L'infanzia si è allontanata.

Gli anni sono corsi, tumultuosi, una ridda d'esperienze. La sua eterna infanzia è ferma, come l'ha immobilizzata in questo frammento - inedito - che risale al 1° gennaio 1917" [...] Si tratterebbe in sostanza dell'ultima voce  del poeta prima del silenzio totale, infatti il frammento  precede di alcuni mesi il primo ricovero di Campana nel manicomio fiorentino di San Salvi, ricovero cui seguì, poco dopo, l'internamento definitivo a Castel Pulci.

"L'Infanzia nasce" ha dunque una sua collocazione precisa all'interno dell'universo campaniano, tuttavia alcuni particolari contribuiscono a mantener vivo l'interesse nei  confronti di questo frammento e ad alimentare dispute e polemiche. I dubbi espressi da una parte della critica sono, del resto, piuttosto pesanti: riguardano infatti l'identità dello scrivente.

Fu lo studioso Gabriel Cacho Millet il primo a sollevare il problema portando a sostegno  della propria tesi una serie di osservazioni di carattere grafologico8 rafforzate da altre di ordine squisitamente letterario.

Non entriamo nel merito di queste ultime in quanto esulano dal nostro ambito di competenza, ci permettiamo invece di imboccare l'altra strada, quella, meno battuta, che guida il lettore verso un approccio grafologico al testo. Vorremmo in sostanza riuscire a capire se la mano scrivente fu effettivamente quella del poeta, oppure se è possibile ipotizzare un intervento esterno.

Che si tratti di un intervento meramente meccanico (cioè limitato alla pura trascrizione) o riguardante piuttosto il contenuto del frammento, non è ciò di cui vogliamo discutere in questa sede e volentieri lasciamo la parola ai critici letterari che possono parlarne a pieno titolo.

Fra l'altro, Cacho Millet fu, giustamente, molto cauto circa una eventuale confutazione della paternità campaniana del frammento, "lasciando la questione aperta".7

Chi scrive sa dunque molto bene quanto la prudenza sia di rigore in questi casi, ciò non toglie, tuttavia, che sia comunque lecito, se non auspicabile, cercare di approfondire il problema da tutti i punti di vista, utilizzando un metodo il più possibile rigoroso ed evitando i rischi di una osservazione "intuitiva", quindi vaga e congetturale.

Questo è il senso del nostro lavoro.

Abbiamo dunque a tal fine chiesto la collaborazione di un'esperta del settore peritale9 che ci ha affiancato, laddove era necessario, per dare una valutazione di carattere prettamente tecnico sullo scritto e che ci ha consentito di completare e sostanziare il nostro lavoro di carattere piuttosto psicologico con una serie di dati oggettivi ricavati dall'osservazione diretta.

Per effettuare l'analisi dell'autografo "L'Infanzia nasce" abbiamo utilizzato la riproduzione fotografica che ne ha dato Cacho Millet.

E' l'unica, del resto, di cui abbiamo potuto disporre, infatti dopo la morte di Matacotta il foglio passò al figlio del curatore e si troverebbe oggi negli Archivi del Novecento a Roma.

Purtroppo la sua consultazione risulta impossibile in quanto facente parte di un insieme di materiale ancora in riordino e quindi non accessibile al pubblico.

La comparazione grafologica è stata effettuata a partire da una serie di documenti di varia natura che risalgono agli anni 1915-1917: le lettere, le cartoline postali e le cartoline illustrate che il poeta spedì ad Emilio Cecchi da diverse località italiane e straniere - Marradi, Lastra a Signa, Rifredo, Losanna - e che oggi costituiscono appunto il Fondo E. Cecchi del Gabinetto Vieusseux di Firenze, una lettera spedita a Leonetta Cecchi Pieraccini e gli autografi "In un momento sono sfiorite le rose" e "I piloni fanno il fiume più bello", oggi facenti parte delle carte Aleramo-Gallo- Matacotta.

A questi abbiamo affiancato testi dal carattere meno spontaneo come la trascrizione di "Pampa" e di "Il Russo", appartenenti alla Biblioteca Malatestiana di Cesena e di "Come delle torri d'acciaio" del carteggio Soffici10.

Nella scelta del materiale avevamo un margine di discrezione amplissimo in quanto Campana ci ha lasciato un gran numero di pagine scritte di suo pugno;  abbiamo quindi operato sulla base dei seguenti criteri: da un lato la vicinanza temporale dei testi all'anno di composizione dell' "Infanzia"11 e dall'altro il loro carattere più o meno spontaneo a seconda che fossero scritti di getto o ricopiati.

Le trascrizioni infatti, per la loro maggiore accuratezza grafica, ci consentono di vedere eventuali cambiamenti rispetto alle lettere che hanno un carattere più informale e che spesso presentano cancellature e ritocchi.

L' "Infanzia nasce" ha infatti, malgrado sia riportato su di un foglio normalmente destinato ad altro uso, l'aspetto di un testo ricopiato e non possiede all'apparenza, grafologicamente parlando, quel carattere di immediatezza e di urgenza interiore che si traducono nella presenza di irregolarità a livello di tracciato grafico e di presa dello spazio che ritroviamo in molti frammenti campaniani. 

Prendiamo ora l'autografo e diamone una valutazione grafologica.

Si è immediatamente colpiti dalla progressione estremamente controllata, regolare e decisa del filo grafico caratterizzato da una inclinazione costante e da una tensione verso destra che diventa via via più marcata nelle ultime quattro righe del testo - quando lo scrivente si lascia maggiormente trascinare dallo scorrere della penna - in cui la dimensione delle lettere aumenta leggermente ed il filo si distende in un gesto di concatenazione più ampio (legamenti secondari)12.

Il risultato è un tracciato più allargato sul rigo, quindi più sviluppato sull'asse orizzontale, al quale l'iperlegamento conferisce però anche maggiore rigidità in quanto il gesto è tracciato "en forçage", quasi senza respiro. A questa tensione supplementare in orizzontale fa paradossalmente da contraltare una serie di cadute in verticale13; i cavalcamenti, che producono una leggera concavità iniziale del rigo, vengono tuttavia rapidamente recuperati e riportati alla direzione originaria.

La priorità conferita all'asse orizzontale, che C.Colo e J. Pinon definiscono"l'axe du lien et de la fusion"14, emerge anche dalla scelta di sfruttare questa dimensione del foglio: vediamo infatti come lo scrivente lo occupi in maniera piuttosto originale, privilegiandone la larghezza invece della lunghezza.

L'andamento molto sorvegliato dello scritto è scandito da una cadenza basata sulla ripetizione degli stessi gesti (grafia sistematizzata in angolo), il che conferisce omogeneità a tutto l'insieme, ma nello stesso tempo gli toglie spontaneità e calore.

Qui non siamo di fronte a forme che prendono possesso dello spazio con ardore e dinamismo sprigionando energia, ma ad una meccanicità che si esprime in maniera abbastanza rigida imbrigliando ogni forma di slancio interiore e mantenendosi entro limiti convenuti.

Parlando di limiti non possiamo non considerare la dimensione, uno degli elementi più facilmente percepibili anche ad un occhio non esperto: quello che vediamo è un grafismo medio-piccolo che presenta talvolta dei rimpicciolimenti15, un grafismo molto condensato, parco nei movimenti che potrebbero allontanarlo dal proprio baricentro verso il quale convergono, comunque e sempre, i prolungamenti16 sia in zona alta che in zona bassa.

Non assistiamo quindi ad una "decentralizzazione" verso le due zone speculari o ad uno squilibrio verso l'una o l'altra di esse, ma piuttosto ad un ritorno degli slanci e delle discese al corpo centrale, luogo simbolico di mediazione delle istanze spirituali e materiali che animano e mobilitano l'individuo.

Il corpo centrale, pur essendo così ridotto, non appare fragile e privo di nerbo ed è perfettamente in grado di reggere il peso degli allunghi: saldamente ancorato al rigo, prodotto da un filo solido, angoloso, volitivo ed abilmente lavorato, esprime piuttosto volontà di tenuta e risolutezza.

Inoltre la forma grafica scelta dallo scrivente, a parte alcune sopraelevazioni e alcune barre delle "t" leggermente più lunghe della media, ma comunque toniche e volitive, va nel senso di una sobria manifestazione di sé.

Egli sembra infatti privilegiare forme semplificate, libere da orpelli e complicazioni come lacci, volute, ampliamenti e abbellimenti che potrebbero intralciare o rallentare l'andamento verso destra. Il grafismo è piuttosto asciutto, essenziale e gli attacchi17 mancanti, unitamente alla presenza di finali brevi, accentuano questa impressione di contenimento generalizzato.

Abbiamo già accennato alla dominanza dell'angolo, ben visibile nelle ghirlande18,  nell'appoggio sul rigo di varie lettere ( le "i",le "a", le "o", le pinces di alcune "p") e nei legamenti. Il gesto angoloso che  archetipicamente si associa al maschile - in contrapposizione alla curva, tipicamente femminile19 - conferisce  maggiore linearità e semplicità alla scrittura.

Le osservazioni sin qui fatte sul grafismo in questione hanno una tale evidenza e si impongono con un'immediatezza così ovvia che si è portati ad attribuirlo piuttosto naturalmente ad una personalità dotata di concretezza e pragmatismo, solida, tenace, poco propensa ad abbandonarsi alla rete insidiosa delle emozioni e dei sentimenti, ma portata invece a volgersi verso i fatti con buon senso e prudenza.

Una personalità capace di regimare l'onda dei moti dell'animo e di adottare un comportamento di basso profilo, ben lontana quindi dalla figura del poeta di Marradi le cui provocatorie intemperanze scandalizzavano e sdegnavano i suoi contemporanei.

Consideriamo adesso l'organizzazione della messa in pagina, anch'essa priva di vistose irregolarità. Certo, i margini non sono perfettamente disegnati (il sinistro è progressivo e il destro piuttosto fluttuante), però in un contesto caratterizzato da rigidità questo elemento costituisce una compensazione quasi auspicabile.

L'osservazione relativa alla ripartizione delle masse grafiche, al gioco dei pieni e dei vuoti della pagina, conferma sostanzialmente l'interpretazione precedente in quanto il rapporto fra masse bianche e nere è tale che nessuna delle due prevale: gli spazi fra parole sono ampi e ne valorizzano il corpo, l'interlinea è piccola ma sufficiente ad  evitare  intrichi tra gli allunghi inferiori di una riga e i superiori di quella seguente20 e a favorire la leggibilità dell'insieme.

La tenuta di riga si presenta leggermente ascendente e, come già osservato, con dei cavalcamenti nella parte terminale del testo. Inoltre salta agli occhi la direzione "plongeant" delle ultime lettere delle righe 2, 4, 5, e 6 che presentano un curioso andamento discendente definito da Gille-Maisani "en queue de renard"21.

Permane, insomma, anche a livello di presa dello spazio, l'idea di una stabilità un po' ingessata con un'alternanza bianchi-neri cadenzata piuttosto che ritmica.

L'analogia fra la pagina scritta e la realtà concreta in cui si muove lo scrivente nel mondo, ci mostra come egli si relazioni con gli altri e quale sia il suo comportamento nei confronti di quelle abitudini e convenzioni che regolamentano i rapporti sociali. Di certo questo è un comportamento rispettoso delle regole, che non ha nulla di trasgressivo, il comportamento di una persona che ricerca e trova nel sociale quelle rassicurazioni che lo tranquillizzano e lo sostengono.

Di tanto in tanto questa cadenza viene meno a seguito di momenti di apnea, cioè smagliature del tessuto grafico dovute a buchi e canali verticali che percorrono il testo in tutta la sua lunghezza e ne perturbano la scansione22, malgrado ciò, tuttavia, l'impressione che continua a prevalere è quella di una ripartizione precisa dei bianchi e dei neri, indicativa, secondo noi, di una piena coscienza di sé e dei propri limiti ed emanazione della volontà di lasciare agli interlocutori lo spazio ed il tempo che gli è necessario per esprimersi.

Lasciamo per ultima l'analisi del tratto, componente primordiale del grafismo che ci dà indicazioni sulla dotazione energetica dello scrivente e su alcune caratteristiche innate rilevabili dallo studio di una serie di parametri23.

Esso ci appare netto (i bordi non sembrano allentati, ma piuttosto chiusi, difesi, quasi ad esprimere la volontà di non lasciarsi troppo condizionare dalle impressioni esterne), prevalentemente diritto (abbiamo già osservato la forte presenza di angoli, soprattutto sulla linea di base), presumibilmente rapido24 ( la forma è semplificata e non si rilevano frammentazioni ) e tracciato utilizzando una forza pressoria di media intensità apparentemente uniforme. Infatti il filo grafico non presenta variazioni nella coloritura (alleggerimenti, più chiari, o ispessimenti, più scuri), ed è senza rilievo25.

Le uniche differenziazioni sono costituite dall'annerimento degli occhielli delle "l" e delle "e", dal riempimento delle "o" e delle "a" e dal ripasso di alcune ghirlande delle "n", ma si tratta di fenomeni dovuti secondo noi alla dimensione particolarmente ridotta delle lettere che non consente al pennino di scorrere fluidamente sulla carta causando piccoli ingorghi e depositi di scorie, piuttosto che a veri e propri spasmi pressori.

Quello che vediamo è dunque un tratto che ha un suo peso, una sua consistenza, una sua energia, al quale occorrerebbe tuttavia un altro movimento per liberarsi appieno ed esprimersi in maniera più spontanea. Possiede infatti un grado di tensione elevato26 che ci trasmette soprattutto un'idea di difesa, di preservazione di sé, di stabilità e di tenuta, ma non di flessibilità.

Prendiamo ora in esame la scrittura di Campana come ci appare negli autografi citati all'inizio dell'articolo.

Non possiamo non ricordare il momento in cui all'Istituto Vieusseux di Firenze ci hanno consegnato le due smilze cartelline verdi contenenti gli autografi campaniani: ne sono uscite lettere scritte su fogli di varia dimensione e cartoline ingiallite, dai bordi seghettati, con immagini polverose di paesaggi appenninici in bianco e nero.

L'inchiostro, invecchiato, aveva assunto nel tempo delle tonalità seppia e color piombo sbiadito. L'emozione è stata forte e malgrado la necessità di concentrarci sulle forme grafiche, il primo impulso è stato quello di immergerci nella lettura di quei momenti di vita raccontata.

Poi, piano piano, l'occhio è  stato ricondotto alla trama grafica e il racconto, pieno di palpiti e di slanci, è emerso dalle complicate evoluzioni del filo. Come per l'"Infanzia", anche qui c'è un elemento che ci ha immediatamente colpiti, una sorta di costante che caratterizza questi scritti ed è la loro profonda irregolarità in quasi tutti i generi.

Tale peculiarità li pone in un certo senso in posizione speculare rispetto al testo menzionato e rende inopportuno e forse impossibile ogni tentativo di catalogazione troppo rigida in quanto questa ricca proteiformità ci porta a toccare registri molto diversi.

Cominciamo dal tratto col quale abbiamo concluso l'osservazione dell' "Infanzia". Quanto quello ci appariva uniforme e piatto, tanto questo si impone per le evidenti discromie.

Sono contrasti di colore che vanno da un rilievo piuttosto equilibrato in cui la base leggera si sostanzia nei pieni acquistando corpo, ad una eccessiva e brusca alternanza di chiaroscuri in cui dei tratti inzuppati di inchiostro succedono repentinamente ad altri più simili ad una filigrana impalpabile.

Se per l'"Infanzia" si poteva parlare di nettezza dei bordi, qui è la pastosità che prevale e che si manifesta ora come sfrangiamento prodotto da un eccesso di  inchiostro, ora come porosità dovuta ad una insufficiente quantità di liquido e di energia. Il bordo delle lettere appare in questi casi come eroso, fragile e poco difeso.

Le forti irregolarità pressorie producono anche mazze, acerazioni, spostamenti sull'orizzontale27, spasmi e ingorghi che macchiano la carta.

A volte, nella larghezza della traccia inchiostrata, è percepibile l'allargarsi del pennino appoggiato, altre volte la sua trasparenza ne lascia intravedere lo scivolare leggero sulla carta, altre volte ancora esso assume l'aspetto affilato di una lama tagliente.

Dovute a brusche contrazioni del ritmo grafico, queste marcate irregolarità di pressione segnalano difficoltà nella gestione delle emozioni e una reattività acuta che può portare a manifestazioni di impazienza e di irritabilità. Come non pensare agli sbalzi d'umore di Campana, alla sua instabilità e alla sensibilità quasi epidermica che lo rendeva così fragile e indifeso?

A volte fine, a volte asciutto quasi secco, oppure slavato, questo tratto così mutevole si rivela tale anche nella conduzione. Mentre per l' "Infanzia" abbiamo parlato di angolosità e di rigidità predominanti, qui ritroviamo ora angoli molto acuti, ora curve più morbide, ma soprattutto un filo mobile, flessibile, nervoso e vibratile che ha ben poco in comune con l'altro cui forse lo avvicina solo, a volte, la rapidità di esecuzione.

Nell' "Infanzia" infatti c'è un grado di tensione diverso, più elevato e soprattutto più costante, negli altri documenti si percepiscono invece elementi di mollezza, presenti soprattutto nella zona bassa, che appesantiscono l'andatura rallentandola e che sono spesso seguiti da un'accelerazione nervosa, una ripresa repentina del movimento che ci sorprende per il suo manifestarsi inaspettato.

Siamo insomma di fronte ad un  ritmo diverso di movimento, basato sulla forza dell'impatto  in "Infanzia" e sulla finezza e acutezza di percezione  nelle altri testi. Questo è ovviamente più evidente negli scritti spontanei, in quelli trascritti le irregolarità sono in un certo senso addomesticate ed il controllo esercitato dal poeta si esprime attraverso una maggiore attenzione alla forma, all'intensità del gesto, alla gestione dello spazio, alla tenuta di riga e, più in generale, alla progressione della grafia sul foglio.

Parliamo ora della dimensione degli scritti, non tanto in assoluto quanto piuttosto come rapporto fra le tre zone grafiche, la zona media, quella superiore e inferiore: si tratta di un elemento particolarmente importante perché caratterizza veramente la grafia campaniana, è una costante, una dominante che le conferisce un inconfondibile cachet e che abbiamo ritrovato in tutti i documenti analizzati.

Il corpo centrale delle lettere, che varia da medio a piccolo a molto piccolo, spesso ammaccato e schiacciato, ristretto e  "crénelé"28 si trova a sostenere il peso di prolungamenti davvero fuori misura. Il risultato è un grafismo squilibrato e quindi più fragile proprio a causa di questa fortissima sproporzione tra le tre zone.

Andando un po' più nel dettaglio ed osservando la forma, vediamo che le "g" dei vari testi  presentano occhielli inferiori gonfi, poco tonici, spesso pendenti e non risalenti. Il tratto discendente, che sia diritto o che presenti una leggera torsione, non si distende verso il basso per riprendere quota  con slancio, sembra invece quasi soffermarvisi, come trattenuto da una zavorra pesante.

Anche le "p" allungate da vistose sopraelevazioni, scendono appesantite da grandi occhielli tondeggianti.Tutto questo è assolutamente estraneo all' "Infanzia" che, come abbiamo già osservato, rivela un grafismo molto più solido e strutturato ed i cui allunghi possiedono un'ampiezza, un vigore e un tono assolutamente diversi da quelli sopra descritti.

Siamo di fronte, a nostro avviso, ad un ambiente grafico originato da tutt'altra matrice, per cui anche gli elementi comuni, quelli che ritroviamo sia in "Infanzia" che nei vari scritti campaniani, hanno una sostanza e un peso specifico non assimilabili gli uni agli altri.

Prendiamo ad esempio le verticalizzazioni che però qui hanno un carattere così estremo ed assoluto da orientare in una direzione precisa l'interpretazione del grafismo, o le barre delle "t" che abbiamo già osservato in "Infanzia" sottolineandone la lunghezza notevole.

Non possiamo tuttavia non vederne nello stesso tempo l'essenzialità rispetto alla molteplicità di varianti campaniane: alte, lunghissime, aeree, ora leggermente concave, ora a colpo di frusta o di sciabola29, ricombinate in zona media, acerate, a mazza o con gancio finale, queste barre sono un capolavoro di fantasia.

Soffermiamoci sulle sopraelevazioni, presenti anch'esse in "Infanzia", ma nei brani campaniani veramente ipertrofiche al punto tale da far assomigliare le "p" alle "f"30 e da spingere talvolta le "s", di regola tracciate in zona media, ad assottigliarsi e a toccare in questo movimento verticale sia la zona alta, nell'ascesa, che quella sotto il rigo, nella discesa.

Guardiamo ancora la forma: nei documenti scritti di getto è piena di contrasti, ora semplificata ora complicata, ora molto angolosa, ora più curva.

Se per l'Infanzia" abbiamo parlato di una chiara tendenza ad eliminare il superfluo, negli altri scritti analizzati osserviamo invece in maniera ricorrente una ridondanza di piccoli segni inutili. Sono i ricci delle maiuscole, i gesti "a conchiglia" di molte "a", "d", "g" e "q"31, i piccoli occhielli che complicano il tracciato delle lettere (anche le "z" menzionate da Cacho Millet), certi ritocchi nervosi o certi finali di parola sinistrogiri che vanno quasi a coprire la lettera precedente.

Il filo subisce docilmente ogni tipo di violenza, viene piegato, ritorto, raddrizzato, allungato, arrotolato, schiacciato, lanciato e ripreso come un lazo.

Campana attua inoltre ricombinazioni32 aeree, molto personali, che gli permettono di scivolare dalla zona alta a quella media e bassa con grande disinvoltura, padronanza ed eleganza33. Ritroviamo perfettamente, in queste forme libere e audaci, lo spirito anarchico del poeta "sperso per il mondo", il suo bisogno di esprimersi in maniera autentica rivendicando la propria diversità, l'esigenza di dare voce al suo canto interiore solitario.

Nelle trascrizioni queste caratteristiche hanno un'espressione molto più contenuta, le forme sono più rispettose del modello scolastico, il rapporto fra linea curva e diritta, fra apertura e chiusura, appare meno estremizzato, tuttavia la grande variabilità è sempre presente.

Analizziamo ora la gestione dello spazio, prima nei testi spontanei e poi in quelli trascritti. Nei primi essa appare molto libera e talvolta un po' caotica: Campana scrive dovunque, sul retro, ma anche sul davanti delle cartoline, modifica le diciture, commenta le immagini scrivendovi sopra34,  riempie il bianco con la sua scrittura nervosa.

A parte, ovviamente, le brevi cartoline di saluto, quelle contenenti un testo più ricco e le lettere rivelano a volte la tendenza ad occupare tutto lo spazio, altre volte invece lo scritto ha più respiro, ma si tratta sempre di un respiro sincopato, mai profondo, un respiro alto, breve e frettoloso. Inoltre generalmente la distanza fra parole è rispettata, un po' meno quella fra righe, per l'esuberanza degli allunghi.

La tenuta di riga è variabilissima (orizzontale, ascendente, cavalcante, convessa, discendente) e le lettere rivelano un curioso movimento sussultorio sopra e sotto il rigo. Il gioco dei neri e dei bianchi segue la stessa logica un po' anarchica segnata da grandi pause e dalla presenza di "cheminées".

Sono invece più convenzionali, dal punto di vista della messa in pagina, testi come  "Pampa", "Il Russo" e "Come delle torri d'acciaio", tuttavia, anche in ambienti come questi, molto più codificati, emerge la difficoltà dello scrivente a conformarsi alle regole precise che riguardano la disposizione dello scritto nella pagina: i margini, sia il sinistro che il destro, hanno infatti un andamento variabile e fluttuante, la traiettoria delle righe si allontana non di rado da quella orizzontale stampata, i buchi e i canali segnano il testo.

Questo rifiuto di appiattirsi entro limiti grafici prestabiliti emana dal bisogno di libertà di Campana, dal suo carattere così poco convenzionale, dai suoi comportamenti irregolari, finanche asociali, dal suo sentirsi ovunque straniero e incompreso. Forte è dunque l'aspro richiamo della pampa argentina: "selvaggia, nera, corsa dai venti la Pampa mi veniva incontro per prendermi nel suo mistero"35.

 

Conclusione 

 

I risultati del confronto attuato tra l' "Infanzia nasce" e gli autografi campaniani tendono a confermare l'ipotesi di un intervento esterno. Non vogliamo essere troppo perentori e radicali nel formulare questa affermazione, tuttavia ci sembra che, a tutt'oggi, sia quella più probabile e, in questo, ci sentiamo di condividere la tesi di Cacho Millet che costituisce il punto di partenza e il punto di arrivo della nostra ricerca.

Concludiamo quindi ribadendo che le caratteristiche generali della scrittura in oggetto ricavate dall'osservazione dell'ambiente grafico, delle specie appartenenti ai diversi generi (tratto, forma, ordine, continuità, inclinazione, direzione e velocità), del movimento e degli assi della scrittura (orizzontale e verticale), nonché del suo ritmo interno, sono molto lontane da quelle dei campioni scelti per la comparazione che costituiscono invece un insieme coerente, pur conservando elementi di diversità dovuti ai vari momenti in cui sono stati scritti, alle finalità non analoghe e ai molteplici interlocutori cui erano indirizzati.

"L'Infanzia nasce", tranne che per alcuni aspetti di superficie, non ha dunque  molto in comune con gli altri testi scritti da Dino Campana.

L'unico elemento che ci trattiene dall'essere ancora più espliciti è il fatto che abbiamo svolto l'analisi sulla base di una copia stampata dell'originale, la sola, come si sa, a disposizione degli studiosi.

Questo non inficia in alcun modo le conclusioni cui siamo giunti, tuttavia l'osservazione diretta del documento in archivio e la possibilità di analizzare la carta e l'inchiostro utilizzati, ci consentirebbero di terminare senza riserve il nostro discorso sul frammento.


Come diceva Cacho Millet "la questione rimane aperta...".     

                                         
                                          

Testi analizzati 

 

Fondo Emilio Cecchi depositato presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze costituito da 4 cartoline illustrate, 9 cartoline postali e 6 lettere.

Fondo "Autografi vociani e lacerbiani" depositato presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena ( Il Russo e Pampa ). La raccolta comprende 218 autografi di 54 autori novecenteschi. La maggior parte del materiale risale agli anni 1910-1917.

"L'Infanzia nasce..." ; "I piloni fanno il fiume più bello" ; "Come delle torri d'acciaio" ;"In un momento sono sfiorite le rose " ; lettera a Leonetta Cecchi Pieraccini datata 26 settembre 1917.

Testi pubblicati da G.C. Millet in "Dino Campana - Sperso per il mondo, Autografi sparsi 1906-1918, Firenze, Leo Olschki, 2000.

 


 

Note 

 

1Ripercorriamo le tappe principali di questa vicenda attingendo alle informazioni che Gabriel Cacho Millet, profondo conoscitore e appassionato studioso campaniano, ha raccolto nel testo "Dino Campana-Sperso per il mondo, Autografi sparsi 1906-1918", a cura di C.C.M., Firenze, Leo S. Olschki, 2000, p. 79 e sg.


2 "Franco, chi ti ha dato il permesso di pubblicare i miei ritratti e la lettera inedita di Dino? Codesta lettera doveva evidentemente essere fra le tante che tu hai sottratto [cassato e ammorbidito con 'preso nel'] mio armadio prima di lasciare la soffitta". "Sibilla Aleramo-Dino Campana, Un viaggio chiamato amore"- a cura di Bruna Conti, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2002, p. 37. La Aleramo ha datato la lettera  indirizzata al Matacotta 30 ottobre; lo stesso giorno, 30 ottobre 1959, ne ha spedita un'altra all'editore della rivista "Successo" per rispondere alle critiche di Matacotta circa la sua decisione di pubblicare le lettere di Campana, cosa che la Aleramo fece affidandone la curatela a Niccolò Gallo.


3Gabriel Cacho Millet, op. cit., p.105.


4"Campana, Opere e contributi", a cura di Enrico Falqui, prefazione di Mario Luzi, note di Domenico De Robertis e Silvio Ramat. Carteggio con Sibilla Aleramo, a cura di Niccolò Gallo, 2 voll., Firenze, Vallecchi, 1973.


5"Campana, Opere e contributi", a cura di E.Falqui, op. cit., p.466.


6 Gabriel Cacho Millet, op. cit., p.84.


7 Gabriel Cacho Millet, op.cit., p. 84.


8 ("Dall'analisi grafologica, specie delle lettere "g", "z", "t" e "L" e della scrittura troppo normalizzata, dalla data in calce (quando mai Campana ha fissato in calce la data dei suoi scritti?), dall'uso delle virgolette alte (Campana usa, quando le usa, soltanto quelle 'basse'), mi pare di poter concludere che la scrittura del frammento è da attribuire ad altra mano."), op. cit., p.83, 84.


9Si tratta della signora Maria Stella Focardi, perito grafologo iscritta all'Albo del Tribunale civile e penale di Firenze.


10La lista dettagliata dei testi analizzati si trova in fondo all'articolo.


11Teniamo presente che certe componenti del grafismo possono cambiare nel corso degli anni, a maggior ragione nel caso di Campana la cui vita sregolata e la cui malattia hanno pesantemente inciso sulla consistenza del tratto e sulla solidità della struttura formale.


12Nel legamento secondario il gesto di concatenazione è volutamente allungato verso destra.


13Alla riga 7, "conoscenza" segna un cavalcamento discendente; lo stesso alla riga 8, "a sapersi" e alla riga 9 "come a". Il cavalcamento si associa sempre ad una certa rigidità.


14"L'asse del legame e della fusione" (n.d.a.). C.Colo, J. Pinon, "Traité de graphologie", Expansion Scientifique Française, Paris, 2002, p.359.


15Il fenomeno è più chiaramente visibile nei finali di parola e produce la scrittura "gladiolée", decrescente.. V. riga 1, "stessi" e  riga 3 "dai".


16La dimensione globale di una scrittura comprende la zona media che indica il corpo centrale della lettera, la zona alta, che indica i prolungamenti verso l'alto come nella "l", e la zona bassa che indica i prolungamenti verso il basso come nella "p".


17Si intendono i tratti posti all'inizio delle lettere.


18Una scrittura è detta "a ghirlanda" quando le "m" e le "n", che sono di regola insegnate ad arco, vengono invece eseguite come una ghirlanda formata da una serie di coppe.


19Parliamo naturalmente di sesso psicologico, non di sesso biologico ( n.d.a.).


20In grafologia questi intrichi si denominano "enchevêtrements".


21Cfr."Psychologie de l'écriture", J.C. Gille-Maisani, Editino Payot, Paris, 1978.p.128.


22 Si tratta di "cheminées", specie di corridoi verticali prodotti da una serie di spazi che si ripetono su molte linee, una di seguito all'altra.


23 Abbiamo utilizzato lo schema introdotto da Walter Hegar che si articola, per la valutazione del tratto,  su quattro coppie di opposti: Appoggiato / Leggero; Pastoso / Netto; Curvo / Diritto; Rapido / Lento. Non potendo lavorare sull'originale abbiamo preso in considerazione solo ciò che è visibile anche in fotocopia. La valutazione della forza pressoria esercitata è solo presunta, così come quella della velocità che viene ricavata da altri indici grafici.


24 La velocità del tratto non va confusa con quella del tracciato grafico : essa riguarda il modo in cui la penna contatta il foglio.


25 Nella scrittura "in rilievo" la diversa pressione fra il gesto in flessione e quello in estensione produce un contrasto di colore, un chiaroscuro che conferisce appunto rilievo al grafismo.


26 Dobbiamo a R .Pophal, neurologo e grafologo tedesco, la scala relativa ai cinque livelli di tensione del grafismo. Egli concepisce la tensione come la risultante del rapporto fra movimento di contrazione e di rilassamento.


Ci sembra che lo scritto in oggetto possa corrispondere al grado IV in quanto presenta i seguenti indici: prevalenza della linea retta sulla curva, forme ristrette, pressione appoggiata, tenuta di riga con cavalcamenti e allargamenti in orizzontale (legamenti secondari), rigida inclinazione marcata da un movimento "cabré".


27La specie "a mazza" è caratterizzata da un ispessimento del tratto finale, mentre quella "acerata" da acuminazioni, sempre nei finali.La specie "spostata" indica un aumento della pressione in orizzontale, verso l'esterno o verso l'alto, cioè laddove ci dovrebbe essere un alleggerimento.


28 La scrittura "crénelée" presenta l'apertura superiore degli occhielli che dovrebbero invece essere chiusi.


29 "Il gesto "a colpo di frusta" prende il suo lancio proiettandosi dapprima all'indietro e poi lanciandosi liberamente in avanti senza formare angoli [...] il gesto a colpo di sciabola si conforma più o meno alle stesse modalità, ma nella sua proiezione all'indietro compie un movimento più duro che produce un angolo". A. Mele, da "Dispense del Corso di grafologia".

30 Osserviamo comunque che in "Infanzia"le sopraelevazioni si sviluppano a partire dalla zona media,  mentre negli altri autografi esse traggono generalmente origine dalla zona alta.


31"Il gesto a conchiglia è un gesto che si forma su di sé, di chi ritorna nel suo proprio guscio e si raggomitola in posizione fetale. La conchiglia è segreta e protettiva, non si schiude [...]. A. Mele, Grafologia e sue applicazioni. N°16, maggio-agosto 2001, p.14.


32La ricombinazione indica la capacità di associare in modo nuovo, più funzionale e quindi più rapido, gli elementi grafici inventando nuove forme di collegamento tra lettere.


33 E' ricorrente la ricombinazione del puntino della "i" e della barra della "t" con la lettera successiva.


34 V. la cartolina illustrata spedita a Cecchi da Firenzuola in data 22 agosto 1916: sull'immagine stampata che rappresenta l'Osteria del Giogo, Campana ha scritto :"Che bello!").


35 "Dino Campana - Canti Orfici" a cura di F. Ceragioli, BUR, luglio 2004, p.185.