SULLE ORME Dl DINO

 

di Attilio Lolini

 

Da: Salvo Imprevisti, quadrimestrale di poesia,
n. 33 - 34 anno XI - XII sett. '84 - apr. '85

 

Sul dorso dei raccoglitori sta scritto; Dementi 1906. S. s' estasia leggendo le motivazioni del ricoveri: alcolismo schiamazzi, demenza senile ma i più sono stati internati perché poveri e soli.

Anche allora non sapevano dove metterli. Cerchiamo all'Archivio dl Stato, la cartella che documenti II ricovero dl Dino Campana nel manicomio di Imola.

Alle undici e mezza, dopo aver sfogliato centinaia dl cartelle del matti del 1906 fingo di svenire, dico che ho bisogno d'aria, devo uscire, insomma, bere almeno un caffè. S. , perso nella ricerca, concorda con un mugugno.

Piazzale degli Uffizi: è una mattina scialba, le persone che vedo minacciose e come al solito, brutte e maligne. S. poi lo ritrovo in Piazza della Signoria, infreddolito, deluso; non ha trovato la cartellina, sospetta che gli Impiegati dell'Archivio ostacolino le sue ricerche.

Forse è vero: costoro sono ostili, svogliati, hanno faccia di carogne; specie una donnetta che si finge cortese ma che è, in realtà, la più infida e pericolosa.

Con S. , ci consoliamo rovistando nei banchetti sotto la loggia del Porcellino; son merci per turisti, ma S. s' innamora di orrendi oggetti; pettini, segnalibri, custodie per accendini e perfino di un minuscolo David dl plastica.

S. ce l’ha a morte con i poeti dell’ avanguardia, della retroguardia e perfino con le vecchie mummie ermetiche che non danno noia a nessuno. Tento di seminarlo; da qualche tempo la lingua mi fa male; annuncio di mali sordidi: capogiri, coliche.

Devo star solo a rimuginare tutte le scemenze che mi passano per la testa. Firenze fu: ormai è una fogna, un bivacco per turisti. S. ora guarda le statue. uno traffica, mi sorride penosamente. Anch’io ridacchio: una smorfia. Mi porto le mani alla gola.

Facciamo dei giri incredibili. Il tizio si blocca davanti ad una vetrina dove svendono borse e altre merci; anch’io sosto fingendomi interessato alle calzature. Quando pedino o sono pedinato mi sento bene. Canticchio.

Cerco di spiazzare il tizio che mi segue. S. non s'è accorto di niente e continua a parlare del suo Dino e dei documenti manicomiali. I poeti amici ma dl più nemici e poi ancora fogli, foglietti, letterine…

S. è più interessato quando narra delle sue battaglie con i topi.

Abita a C. , in una Canonica che un prete gli ha affittato. Enormi topi scorrazzano felici nelle stanze rosicchiando cibi e libri. Pare anche che abbiano assalito il gatto di S. riducendolo in fin di vita.

Di notte viene svegliato da “grida” d'animali di difficile identificazione. Una sera sono stato a C. ma tanta era la nebbia che non ho visto niente, la Canonica era gelata, così siamo fuggiti ma la nebbia ci ha bloccato in una straducola, così siamo arrivati a Novara intontiti, mezzi morti.

S. dice che Campana ci aveva un coso enorme; a Castelpulci altro non faceva che masturbarsi. Per S. Dino è il maggiore poeta italiano del novecento; io non discuto, do ragione a tutti. Da tempo non contraddico nessuno. Che noia parlare, rispondere. Le cose che dicono, di solito, non mi interessano minimamente e allora faccio sì con la testa, assento, concordo, applaudo.

Perché parlano tanto e con ostinatezza? S. ci ha la mania dei taxi, non cammina volentieri.

Andiamo a trovare uno scrittore in via dell’Erta Canina. Il tassista è un losco figuro, un vero ladrone che ci mette un'ora per arrivare a Porta San Niccolò.

Gli scrittori, tra loro, si odiano forsennatamente.

S., tutto sommato, è previdente; prenota treni con giorni (o mesi) d'anticipo, telefona, ritelefona, s’installa in alberghetti di quart’ordine per via di questa storia su Dino che deve scrivere. Non credo nelle biografie, nei così detti documenti, nelle scartoffie. La vita di questo o quello. Balle!

S. è molto buono con me. La sua battaglia con i topi s'è risolta con un disastro. S' era procurata una trappola di ferro battuto simile ad un comodino, costruita da un egregio artigiano del secolo del lumi. Labirinti, marchingegni; niente: i topi non c' entrano. Ma la bestia non è un topo; ora sospetta un porcospino e , chissà, una volpe, una puzzola.

Il gatto dopo un' orrenda agonia, è morto. S. l'ha sepolto come si deve, un vero tumulo con su una crocetta di ferro.

 

Attilio Lolini