Mario Luzi
ELZEVIRO
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Campana, il mistero del manoscritto scomparso
di Mario Luzi
da iI Corriere della Sera, giovedì, 3 ottobre, 2002
Sono facili a nascere i miti, le leggende e le superstizioni, facili anche a radicarsi e difficili a morire. Lo sono in ogni tempo e in ogni ambiente: lo sono tanto piu dove non ci si aspetterebbe di scoprirli, tra persone illuminate dall'arte e dalla cultura, se non fossero il calore dell'immaginazione e Ia faziosità delle passioni che sconvolgono spesso Ia loro ragione.
Nel caso famoso della scomparsa del manoscritto campaniano tutti i sentimenti e i risentimenti, gli umori e i malumori dell'epoca si distillarono fra i tavoli dei caffè letterari fiorentini e finirono per abbattersi sui primi attori e protagonisti specialmente Papini e iI rancore di Campana era perfino minaccioso. La riprovazione per il brutto episodio fu unanime, Ia differenza di giudizio nei confronti dei responsabili stava tra l'incuria sprezzante e la disavventura per non parlare di chi attribuiva loro addirittura un piano sinistro contro l’inedito singolare poeta.
Neppure dopo la pubblicazione a Marradi del Canti orfici stampati da Ravagli nella ricostruzione mnemonica e sulla traccia dei taccuini, la tacita generale condanna si addolcì. Rimase quelIa macchia sul profilo dei due scrittori e soprattutto su quello di Soffici che si era preso la colpa materiale dello smarrimento (...).
Campana non cessò di covare la sua vendetta ma ben presto fu travolto dalla su dolorosissima sorte. II suo libro ebbe vita intensa ma circoscritta tra gli artisti e i rari testimoni che avevano conosciuto il bizzarro, suggestivo autore. Solo nel 1928, 14 anni dopo, ebbe una nuova edizione, la fece Vallecchi. la curò Bino Binazzi.
Tuttavia restava questo rimorso confessato o non detto. Restava negli amici sopravvissuti, restava nella letteratura italiana, restava soprattutto in casa Soffici come oscuro retaggio. Fu allora uno scoppio di felicità per Valeria quando nel riordinare le carte e tutte le altre giacenze accumulate nella casa di Poggio a Caiano, uscì fuori il manoscritto del grande storico magone.
Nella commozione del momento cercò qualcuno che condividesse il suo stato. Si trattava di un evento riparatore della buona fede di suo padre oltre che di un ritrovamento meraviglioso per le nostre lettere.
Pensò a me come a un vecchio amico e per telefono mi informò dell'accaduto. Voleva prima di tutto consigli sul da farsi, su come gestire it caso straordinario. Decidemmo che mi avrebbe passato il prezioso reperto e che io, dopo averlo esplorato, ne avrei dato notizia sulla stampa. Così fu fatto. I Canti orfici non avevano ancora quel titolo ma un altro anch'esso di valenza orfica: II più lungo giorno.
Tenni in casa mia quelle pagine per circa una setti-mana nella quale fed un confronto assai minuzioso con la stesura definitiva. Misuravo nel corso di quell'esame quanto il filtro obbligato della memoria e del ripensamento avesse potenziato il testo. La pena, i crucci e i tormenti di Campana avevano dato a parer mio uno splendido frutto, a parte gli accrescimenti sopravvenuti.
Scrissi allora un lungo articolo sul Corriere della Sera e la notizia dilagò. Si fecero vive da Palermo le eredi del poeta, figlie del fratello morto anche lui. Fu discussa e concordata la sorte del manoscritto. Fu stabilito che fosse riprodotto in edizione diplomatica a cura di Domenico De Robertis e a stamparlo fu ancora Vallecchi, editore di tutto Campana, vale a dire dell’unico suo libro e dei taccuini e degli abbozzi e delle lettere.
Le notizie che ci da Luigi Cavallo nell'articolo pubblicato nei giorni passati da II Giornale sono davvero sorprendenti. Quando Valeria Soffici mi cercò per comunicarmi il ritrovamento del manoscritto campaniano tra le carte del padre non mi disse che iI fortunato evento si era verificato sei anni prima secondo la data memorizzata da Cavallo.
Dunque iI manoscritto ritrovato sarebbe stato custodito in silenzio per tutto quel tempo senza che a nessuno della famiglia Soffici e nemmeno a Luigi Cavallo venisse in mente che si stava commettendo un arbitrio grave nei confronti della storia di Campana e della storia della poesia italiana e degli studi correlativi; nonche dell'appassionata aspettativa di molti cultori di questa materia.
Mi riesce difficile crederlo.