inediti vallecchi1

 

 

Per una nuova edizione del «Quaderno» di Campana

 

Testimoni e varianti di tradizione

 

 di

Susanna Sitzia

 

da: OBLIO I, 2-3

"Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiano Otto-Novecentesca", 2011

 

 

La raccolta poetica di Dino Campana nota con il titolo Quaderno è stata pubblicata nel 1942 da Vallecchi nel volume Inediti curato da Enrico Falqui. Il titolo redazionale non deve suggerire un legame d’identità tra il Quaderno, che è l’edizione della raccolta, e l’autografo. Il manoscritto che conteneva quarantadue testi in versi e uno in prosa era un quaderno scolastico, anepìgrafo, mutilo, «pieno zeppo», riferisce Falqui, della scrittura di Campana; è un’anomalia che nel manoscritto non figurasse il nome del poeta. Negli Inediti, peraltro, la censura è intervenuta a sottrarre «un’espressione molto violenta» (p. 313) dalla poesia che nel manoscritto conteneva la principale nota di possesso: «il mio libro» (p. 139).

Manlio Campana, fratello del poeta, nel 1938 intraprese su richiesta di Falqui1 la ricerca di testi inediti che portò a ritrovare a Marradi il quaderno, e consegnò il manoscritto a Falqui entro l’estate 1941. La nostra conoscenza del «portentoso quaderno campaniano tutto pieno di poesie inedite»2 dipende dall’edizione facsimilare di poche pagine e dalla descrizione e trascrizione di Falqui: «Il manoscritto passò, insieme a poche altre carte di sorte analoga, tra le mani di Falqui (che lo rese pubblico negli Inediti del 1942) e poi scomparve»3. Dopo la stampa della princeps il manoscritto era custodito a Marradi: Bonalumi, recatosi nel 1946 a Marradi per studiare il manoscritto, apprese dalla moglie di Manlio che «durante la battaglia d’Appennino» il quaderno era stato «bruciato» e «con molte altre carte del poeta gettato nel fiume sottostante la casa»4.
Questo lavoro5 presenta alcuni risultati della collazione delle edizioni falquiane dei testi del Quaderno.


1 Cfr. la lettera di Manlio Campana ad Enrico Falqui del 5 maggio 1938 in Aldo Mastropasqua, Per una storia delle prime edizioni delle poesie di Campana, in Dino Campana nel Novecento. Il progetto e l’opera, a cura di Francesca Bernardini Napoletano, Roma, Officina Edizioni, 1992, p. 69.

2 Enrico Falqui ad Alessandro Parronchi, lettera del 23 agosto [1941], ivi, p. 91. Falqui attinge al lessico campaniano: cfr. nel Quaderno l’uso di «portentoso» nelle poesie La creazione e La forza.

3 Giorgio Grillo, Introduzione, in Dino Campana, Canti Orfici, ed. critica a cura di Giorgio Grillo, Firenze, Vallecchi, 1990, p. LV.

4 Giovanni Bonalumi, Cultura e poesia di Campana, Firenze, Vallecchi, 1953, p. 15.

5 Questo breve saggio fa parte di una ricerca iniziata anni fa ma in pieno svolgimento. L’ultima mia pubblicazione sul Quaderno«Il mercato librario in Italia è assolutamente nullo per il mio genere». L’editoria italiana e il caso Campana, negli Atti del Congresso MOD, AA.VV., Autori, lettori e mercato nella modernità letteraria, a cura di Ilaria Crotti, Enza Del Tedesco, Ricciarda Ricorda, Alberto Zava, Pisa, ETS, 2011.


1. Prime edizioni
 
Il volume Inediti è l’editio princeps del Quaderno ma non è la prima edizione di tutte le poesie della raccolta. Diciannove poesie sono state pubblicate per la prima volta nel 1940 e nel 1941.
 

La prima edizione di una poesia di questa raccolta indica che il ritrovamento del quaderno risale almeno al 1940: una poesia contenuta in quel manoscritto è stata pubblicata in «Beltempo. Almanacco delle lettere e delle arti», a cura di E. FALQUI e LIBERO DE LIBERO, Roma, Edizioni della Cometa, 1940, e poi, con l’aggiunta di un commento, in E. FALQUI, Giunta ai «Canti orfici» di Dino Campana, «L’Italia che scrive», n. 3, XXIV, Marzo 1941 - XIX. Il titolo Genova è redazionale. Non si fa menzione del quaderno. Falqui spiega che «i ventitre versi inediti di Dino Campana» sono stati «rinvenuti tra le sue carte senz’alcuna indicazione». Il testo è riconoscibile: è la poesia «O l’anima vivente delle cose», testo XXVIII, anepìgrafo, del Quaderno. Le divergenze rispetto agli Inediti sono numerose. L’iniziale minuscola al principio del verso non corrisponde alle abitudini di Campana: il poeta usa la maiuscola per marcare l’inizio del verso. L’iniziale minuscola in «maggio» non trova riscontro nei corrispondenti versi nei Canti Orfici e negli autografi. Nel verso «dell’alterna sua chiesa azzurra e bianca,» l’edizione del marzo 1941 sostituisce «tua» per un errore: indica l’errore nel testo l’allocuzione e dà conferma dell’errore il confronto con Le cafard. Entrambe le edizioni recano «Tu mi sferri» in luogo di «Tu mi sferzi» a causa di una svista e correggono la forma scempia «eletrizzata».

Dalle divergenze e in particolare dalle integrazioni nella punteggiatura si ricava la fonte di Falqui: non è un altro autografo, ma una trascrizione dello stesso autografo nella quale sono stati introdotti volutamente errori: è stata aggiunta una punteggiatura di gusto scolastico incompatibile con il gusto di Campana. Si confrontino le tre edizioni di questi versi dove l’io lirico appare in veste di Prometeo, osservando i segni di punteggiatura condivisi dalle edizioni 1940 e 1941 (l’errore «conflitto» appartiene invece all’edizione del 1941):

 

Ed. 1940: «Io, confitto nel masso, / ti guardo, o dea forza.»

Ed. marzo 1941: «Io, conflitto nel masso, / ti guardo, o dea forza.»

Ed. 1942: «Io confitto nel masso / Ti guardo o dea forza»

 

«Beltempo» e l’articolo del marzo 1941 comprendono l’edizione di un’altra poesia, che non fa parte del Quaderno: il titolo Sulle montagne della Falterona è errato, e in questo caso è noto che per la prima edizione, del novembre 1938, in «Omnibus», e per queste due edizioni, Falqui ha dovuto utilizzare una trascrizione: ha avuto l’autografo nel giugno 1941. Una lettera del novembre 1941 attesta che Falqui temeva la mediazione delle trascrizioni realizzate dal proprietario degli autografi, Manlio: «temo sia tutto ricorretto»6.


6 Frammento di una lettera di E. Falqui ad E. Vallecchi, 8 novembre 1941, pubblicato da Laura Piazza nel suo Contro le «industrie del cadavere». Dino Campana nel carteggio inedito Falqui-Vallecchi, in AA.VV., Autori, lettori e mercato nella modernità letteraria cit., p. 442.  Credo che Falqui si riferisca alla trascrizione di «La dolce Lombardia coi suoi giardini» e «Sorga la larva d’antico sogno», come si desume dalla loro Nota al testo (ed. 1942, p. 328): Falqui precisa che non ha potuto vedere gli autografi, che la lezione gli è stata trasmessa dai familiari del poeta e riporta tra virgolette le stesse parole citate nella lettera a Vallecchi su «qualche breve frammento» e «qualche superato rifacimento» di cui non è stata trasmessa neppure la trascrizione. Dopo la stampa degli Inediti Manlio ha permesso la pubblicazione di numerosi altri autografi, ma non ha affidato la loro pubblicazione a Falqui.


 

Il timore era ben motivato, in quella data: Falqui aveva già con sé gli autografi e dunque consapevolezza delle differenze anche tra il quaderno e la trascrizione utilizzata nelle prime due edizioni della poesia «O l’anima vivente delle cose».

Il numero di versi differisce dagli Inediti a causa della spezzatura di un verso:

 

Ed. 1940 e marzo 1941: «O l’anima vivente delle cose, / O poesia, deh baciala, deh chiudila, / come il sole di maggio!»

Ed. 1942: «O l’anima vivente delle cose / O poesia deh baciala deh chiudila come il sole di Maggio»

 

Ma Falqui, all’interno del commento che accompagna l’edizione del marzo 1941, in una citazione riunisce i vv. 2 e 3 della poesia: «O poesia, deh baciala, deh chiudila, come il sole di maggio!». Questa edizione è basata su una trascrizione ma forse, entro questa data, marzo 1941, a Falqui non era più sconosciuto l’autografo.

Gli Inediti contengono la riproduzione fotografica di quattro pagine del quaderno (Appendice). L’edizione facsimilare del recto della prima carta del manoscritto è stata pubblicata con la didascalia «Il Quaderno di Dino Campana ritrovato a Marradi» dallo stesso Falqui in Versi inediti di Dino Campana, «Primato», A. II, n. 18, 15 settembre 1941, XIX, dove si annuncia il ritrovamento del manoscritto e vengono pubblicati undici componimenti:

 

Tre giovani fiorentine camminano

Oscar Wilde a S. Miniato

Firenze cicisbea

Firenze vecchia

Boboli

«Umanità fervente sullo sprone»

Marradi

«Quando gioconda trasvolò la vita»

«Lontane passan le navi»

«Parti battello sul mar redimito»

«Spiaggia, spiaggia»

 

Le differenze rispetto alle edizioni in volume sono numerose, per esempio nei versi finali di Boboli, dei quali in tutte le altre edizioni Falqui ha messo a testo la prima stesura: in questa prima edizione di Boboli il tentativo di Falqui di approssimarsi all’ultima stesura documenta in modo diverso alcune varianti tardive.

Il punto fermo alla fine del v. 4 di Tre giovani fiorentine camminano è assente nelle altre edizioni, ma nella riproduzione fotografica dell’autografo si può intuire un punto alla fine del v. 4 e, soprattutto, è ben visibile alla fine del successivo verso cancellato un trattino, che Campana usa spesso come pausa forte, e il trattino non è cancellato. Tra le divergenze nella punteggiatura, è significativa la presenza della virgola nel verso di Oscar Wilde a S. Miniato «Ma bella come te, battello bruciato tra l’alto».

La virgola è documentata dall’edizione facsimilare dell’autografo ed è assente negli Inediti: nel 1942 Caretti, nel confronto tra la trascrizione di Falqui e l’edizione facsimilare degli autografi, ha rilevato anche l’omissione di questa virgola7; Falqui nel 1942 ha spiegato questa e altre omissioni con la presenza nel manoscritto di interventi «indubbiamente» apocrifi8. Il testo non è stato emendato nel 1952, la virgola è stata aggiunta soltanto nel 1960. Questa prima edizione suggerisce che Falqui non aveva ancora riconosciuto in questa virgola un guasto.


7 Lanfranco Caretti, Cronache di poesia, «Tempo di scuola», agosto-settembre 1942, poi prima parte del saggio Gli Inediti di Campana, in Id., Sul Novecento, Pisa, Nistri-Lischi, 1976, p. 163.

8 Enrico Falqui, Ancora su Campana, «Primato», a. III, n. 22, 25 novembre 1942. 


 

Falqui annuncia che il volume Inediti è in corso di stampa e descrive il «grosso quaderno scolastico pieno zeppo di poesie inedite» in Dino Campana, Quattro liriche inedite, con una nota di Enrico Falqui, «Nuova antologia», A. 76, fasc. 1672, 16 novembre 1941-XX. Le quattro poesie (tre delle quali inedite) sono La creazione, Marradi, Poesia facile, Piazza S. Giorgio. L’omissione dei sottotitoli prelude al criterio adottato negli Inediti, ma l’edizione oltre che incompleta per scelta del curatore è evidentemente poco sorvegliata: per errore è stato omesso il quartultimo verso di Piazza S. Giorgio; la poesia presenta un punto fermo alla fine dei vv. 4 e 11. C’è un punto fermo anche nei vv. 6 e 8 della poesia La creazione; il v. 10 di Marradi è concluso da un punto fermo: anche nell’edizione del settembre 1941 il punto fermo isola gli ultimi due versi.

Con la dicitura «Dal volume Inediti di prossima pubblicazione a cura di Enrico Falqui», quattro poesie sono state pubblicate in Il Tesoretto. Almanacco dello «Specchio», Mondadori, 1942, XX, finito di stampare il 25 novembre 1941: A una t... dagli occhi ferrigni, Donna genovese, Une femme qui passe e Furibondo. Il titolo abbreviato sarà invece riportato integralmente negli Inediti. Rispetto agli Inediti le divergenze riguardano la punteggiatura: si rilevano in Une femme qui passe un punto fermo alla fine del v. 7, due virgole e un punto fermo nel v. 9, mentre in Donna genovese si osserva l’assenza di due virgole nel v. 2 e di una virgola nel v. 7, e la diversa posizione della virgola nel v. 10.

Il problema dei segni interpuntivi è una costante in questa fase della tradizione a stampa. Nella prima edizione di «O l’anima vivente delle cose», una mediazione allontana il testimone dall’autografo: è una trascrizione nella quale la volontà del trascrittore si sovrappone alla volontà dell’autore e la offusca alterando il testo, non solo perché lo fraintende, ma anche perché lo guasta volutamente, con integrazioni nella punteggiatura.

Le poesie pubblicate tra il settembre e il novembre 1941 risalgono invece a un periodo nel quale Falqui poteva trarre la propria trascrizione direttamente dall’autografo e le divergenze dagli Inediti dovranno essere esaminate nel dettaglio: qui non si è potuto che darne avviso. Anche queste edizioni tuttavia si differenziano negativamente rispetto agli Inediti: omettono varianti e sottotitoli che l’edizione in volume documenta, e nessun avvertimento consente di valutare il diverso grado di fedeltà all’autografo.

Il Tesoretto conferma una tendenza evidente anche nella «Nuova antologia»: per queste prime edizioni Falqui ha selezionato poesie prive di varianti e poesie che presentano pochissime varianti. L’edizione del settembre 1941 si distingue anche su questo profilo: è l’unica che comprende anche testi che nel manoscritto erano interessati da un processo variantistico complesso. 

Il testimone più importante è il numero di «Primato» del 15 settembre 1941, non solo per il numero delle poesie, e perché documenta una differente lezione di alcune di esse, ma perché conserva due delle sei pagine autografe di cui sopravvive una riproduzione fotografica: due pagine, perché la mutilazione della prima carta permette di vedere il margine superiore del recto della seconda carta e così di stabilire la distribuzione dei versi della poesia nel manoscritto; il dato delle linee di scrittura per pagina è utile per il computo delle carte del manoscritto. L’edizione facsimilare permette di valutare il danno materiale subìto dal manoscritto, di conoscere due parallele linee di scrittura nel margine superiore esterno e di osservare cancellature stratificate utili per appurare la paternità delle cancellature della poesia nota con il titolo «Il tempo miserabile consumi». Il titolo è stato ricavato da un verso cancellato nel quale, nel settembre 1941, la parola «miserabile» era illeggibile, a causa di un’estensione della lacerazione che nel verso della carta ha interessato il v. 23, un endecasillabo mai trascritto nella sua integrità.


 

2. Una «Nota al testo» caliginosa ma filologica

 

La Nota al testo è una parte essenziale della prima edizione del Quaderno e occupa le pp. 305-317 del volume Inediti: è una nota filologica. La descrizione del manoscritto non precisa il numero delle carte, ma registra l’uso di differenti colori d’inchiostro, descrive le cancellature e informa della distribuzione della scrittura sulle carte. La Nota documenta le varianti d’autore che divergono dalla lezione che Falqui ha messo a testo. Su una prima stesura in pulito si è sviluppata una ricerca poetica intensa, di cui la Nota attesta talvolta anche gli ultimi esiti. La gerarchizzazione tra lezione a testo e apparato critico non risponde a un unico criterio. Le eterogenee fasi elaborative alle quali appartengono i versi messi a testo e le rispettive varianti si possono dedurre dalla Nota.

Confluiscono in apparato numerosi sottotitoli senza notizia della loro soppressione nel manoscritto, e, là dove si ricava che il sottotitolo era stato cancellato, si nota un’incongruenza: il sonetto Poesia facile, per esempio, era stato cancellato, ma solamente il suo sottotitolo è in apparato. Soltanto la Nota permette di individuare le poesie e i gruppi di versi che nel manoscritto erano stati cancellati. La rappresentazione delle varianti non agevola il riconoscimento della loro sequenza, il criterio adottato non è uniforme e il fondamento di alcune scelte è oscuro. Sull’insieme delle varianti la più importante delucidazione di Falqui spiega che «Molte non rappresentano che una stesura anteriore a quella, presumibilmente ultima, adottata come definitiva. Nei casi dubbi ci si è attenuti alla prima lezione, sempre più regolare e ordinata, anche nella scrittura».

Sfortunatamente Falqui non spiega quali siano i «casi dubbi», e soltanto nel commento di Boboli dichiara che alcune varianti corrispondono a una fase successiva alle corrispondenti lezioni a testo. L’edizione del Quaderno provocò l’intervento di Caretti, che evidenziò tempestivamente il rischio di questa edizione: trasmettere «testi apparentemente completi, ma in realtà pericolosamente ibridi»9.


9 Caretti, op. cit., p. 165.


 

3. La mutilazione del 1960

 

La Nota al testo è parte integrante anche della seconda edizione del Quaderno: D. Campana, Canti orfici e altri scritti, IV ed. a cura di E. Falqui, Firenze, Vallecchi, 1952. Nella storia editoriale del Quaderno il 1960 è un anno funesto. Nel 1960 è stata pubblicata la terza edizione della raccolta, D. Campana, Canti orfici e altri scritti, V ed. a cura di E. Falqui, Firenze, Vallecchi, 1960:

 

Dalla terza edizione (1941), di edizione in edizione, la raccolta campaniana di Canti orfici e altri scritti ha recato, a nostra stessa cura, una Nota al testo ch’è venuta sempre più ampliandosi [...] essendosi ingrandita dell’altro, ci è parso opportuno staccarla dal testo per non aggravarlo fuor di misura con glosse, varianti e riferimenti in continua crescita. Del resto, stampata a parte, con i tipi della Casa Vallecchi, la Nota, senza perdere nulla del suo interesse, acquisterà una maggiore autonomia (p. 317).

 

Nel 1960 Falqui ha dato alle stampe la Cronistoria, nella quale è compresa la Nota al testo del Quaderno e, tra varianti e glosse, le varianti d’autore non sono state pubblicate sotto il nome di Campana: Per una cronistoria dei «Canti orfici», Firenze, Vallecchi, 1960. Al 1960 risale la seconda “distruzione” di questa raccolta privata; è avvenuta per mezzo della scissione deliberata da Falqui e da Vallecchi.

I sottotitoli, le varianti e tutti gli interventi di Campana che Falqui aveva già escluso dalla lezione a testo, sono stati fisicamente staccati dall’edizione del Quaderno e hanno trovato nella Cronistoria un’«autonomia» per loro impossibile, perché sono separati dai testi in cui dovevano vivere. L’ultima edizione delle opere di Campana curata da Falqui riunisce il Quaderno (vol. II) e la Nota al testo (vol. I): Opere e contributi, a cura di E. Falqui, Prefazione di Mario Luzi, Note di Domenico De Robertis e Silvio Ramat, Carteggio a cura di Niccolò Gallo, Firenze, Vallecchi, 1973.

Ma la scelta del 1960 dà avvio a edizioni del Quaderno che, siano esse precedenti o successive al 197310, non danno notizia del processo variantistico, né dei sottotitoli, né della motivazione delle lacune, né delle parti cancellate dei testi che propongono; inoltre non differenziano i titoli redazionali, secondo una pratica inaugurata nel 1960 ma consolidatasi nelle successive edizioni Vallecchi. 


10 Cfr. le edizioni del Quaderno: D. Campana, Canti orfici e altri scritti, Introduzione di Carlo Bo, Con una cronologia della vita dell’Autore e dei suoi tempi, una antologia critica e una bibliografia a cura di Arrigo Bongiorno, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1972, e rist.; Id., Opere. Canti Orfici e altri versi e scritti sparsi, Introduzione e cronologia della vita dell’autore di Sebastiano Vassalli, Note ai testi e nota bibliografica a cura di Carlo Fini, Milano, Tea, 1989, e rist. Nella recente edizione Quaderno. Dino Campana prima dei Canti Orfici, a cura di Silvano Salvadori, Marradi, Centro Studi Campaniani, 2011, il recupero della Nota al testo è parziale e discutibile. Moltissime varianti non sono riferite ai versi corrispondenti, per cause diverse, per esempio perché non ci si è accorti che la linea di puntini non è inclusa nella numerazione falquiana dei versi; in una poesia il diverso criterio nella numerazione dei versi non incide soltanto perché è saltato un verso. Una variante è riferita al v. 16 di La forza ma il v. 16 nel testo non c’è, perché il v. 9 è stato unito al v. 10; l’unità versale è stata compromessa sia per accorpamento sia per scissione (e per entrambe le operazioni la prima poesia non è più una saffica). Errori presumibilmente involontari sostituiscono «piamente» con «piangente», «brancolando» con «barcollando», «cieche» con «ricche» etc., e si arriva a presentare come variante la lezione d’autore «s’arronda» e a sostituirla nel testo con la banalizzazione «s’arrotonda».


 

Un autorevole studioso, Bonifazi, nel 1989, nella diffusissima e molte volte ristampata edizione Garzanti delle opere di Campana, che include la trascrizione falquiana di alcuni testi del Quaderno, ha indicato nell’edizione del 1960 «la più corretta»11.

L’edizione del Quaderno del 1960, invece, allontana i lettori dall’autografo: ha declassato a materiale accessorio tutte le varianti d’autore e tutte le decisioni del poeta che Falqui nella lezione a testo non ha accolto, ha determinato la fossilizzazione della lezione a testo, in breve ha promosso a Quaderno di Campana soltanto la trascrizione dei testi che Falqui dal manoscritto ha estratto. Quando Falqui estorce il testo all’autografo, la Nota al testo riduce la distanza tra la trascrizione dei testi e l’autografo, ma le edizioni prive della Nota al testo non compensano in alcun modo l’infedeltà alla complessa realtà testuale del quaderno. Sono stati offerti pochi contributi alla ricostruzione filologica dei testi del perduto manoscritto12.

I problemi evidenziati da Caretti non sono stati superati, è ancora necessaria «una migliore sistemazione delle varianti»13, ma sono stati aggravati dalla scelta del 1960, che ha portato al vicolo cieco del textus receptus, dove l’interpretazione può ignorare le difformità tra la trascrizione dei testi e l’autografo, non più documentate dalla Nota al testo. La vulgata propone il Quaderno come testo nascostamente ibrido.


11 Neuro Bonifazi, in D. Campana, Canti Orfici e altre poesie, Introduzione e note di N. Bonifazi, Milano, Garzanti, 1989, p. XXXIII.

12 Contributi concreti allo studio filologico del Quaderno sono stati offerti da Grillo, op.cit., e da Fiorenza Ceragioli, in «Oscar Wilde a S. Miniato» di Dino Campana, «Belfagor», a. XLII, n. 1, gennaio 1987.

13 Caretti, op. cit., p. 165.


 

 

4. Varianti editoriali

 

Nel collazionare le edizioni Vallecchi del Quaderno ho riscontrato alcune divergenze. Per approntare un’edizione del testo che si avvicini al perduto autografo è necessario valutare le varianti editoriali. Il campione qui presentato è formato dalle varianti editoriali introdotte dall’edizione del 1952, che ha una tendenza a innovare, e dalle varianti editoriali introdotte, nel momento dichiaratamente attivo della tradizione, dalle edizioni del 1960.

Si prende in esame un verso di Boboli dove l’edizione critica dei Canti Orfici presenta la stessa lezione di Opere e contributi. Questo lavoro vaglia le tre edizioni che comprendono i testi e l’apparato delle varianti (1942, 1952, 1973), l’edizione che presenta soltanto i testi (1960) e l’edizione che comprende soltanto l’apparato delle varianti, ossia la Cronistoria (da qui Cr. 1960). Il primo intento è indicare le divergenze rispetto alla lezione degli Inediti. L’esame delle varianti editoriali mira, attraverso la formulazione dell’ipotesi di errore, a restaurare la lezione d’autore e a trarre indicazioni sul rapporto tra i testimoni.

 

Ed. 1942: «E se ne andavan sorridendo al sole»


Ed. 1952, Cr. 1960 e 1973: «E se ne andava sorridendo al sole» (ipotesi di errore)

 
La quarta poesia è una delle più apprezzate della raccolta. Nell’edizione facsimilare dell’autografo i segni di punteggiatura differiscono dalle edizioni del Quaderno: non è visibile il punto fermo alla fine della poesia, sono invece evidenti i due punti alla fine del titolo Tre giovani fiorentine camminano: (cfr. Il più lungo giorno, Marradi:), e un segno di punteggiatura registrato nell’edizione del 15 settembre 1941.
 

La variante editoriale si è prodotta nel verbo del verso cancellato. L’edizione facsimilare dell’autografo e gli Inediti documentano la stessa lezione: «andavan» (Appendice e p. 309). L’apocope vocalica nella terza persona plurale ha indebolito la nasale finale e nel 1952 il plurale si è trasformato in singolare: «andava» (p. 334). La variante editoriale assimila il verbo che intacca al verbo «Ondulava», ripetuto per tre volte a inizio verso; la variante editoriale subisce l’anafora e la riscrittura campaniana delle Grazie: le tre fiorentine camminano con un unico «passo verginale», hanno un’unica «chioma musicale» e formano «una grazia sola»; in particolare l’endecasillabo «Eran tre vergini e una grazia sola» (vv. 4 e 7) può aver fatto sorgere il dubbio sul soggetto con il quale il verbo concorda, ma, dicono l’edizione facsimilare dell’autografo e la princeps, il verbo è plurale e con «tre vergini» concorda, ed è questa la lezione genuina. La variante editoriale introdotta nel 1952 è un errore che dà indicazioni sul processo di trasmissione e sul grado di attendibilità dei testimoni; in questa poesia, di cui sopravvive l’edizione facsimilare dell’autografo, l’errore non è stato corretto: si ritrova nella Cronistoria (p. 85) e nell’edizione 1973 (p. 214). Non mi sembra probabile che la Cronistoria e Opere e contributi abbiano autonomamente frainteso il testo esattamente come lo ha frainteso l’edizione 1952, ma è chiaro che le tre edizioni hanno ignorato la testimonianza dell’edizione facsimilare dell’autografo. L’errore appare indubbio, monogenetico e congiuntivo: la Cronistoria eredita l’errore dall’edizione che cronologicamente la precede.

 

Ed. 1942 «E adoro la mascherata...»


Ed. 1952, Cr. 1960 e 1973: «E odoro la mascherata...» (ipotesi di errore)

 

Dal confronto tra la Nota al testo e l’edizione facsimilare degli autografi si ricava che Falqui usa i puntini di sospensione all’interno della citazione di una variante d’autore per indicare la parte del verso che nella citazione è omessa. Si può ritenere che i puntini di sospensione abbiano questa funzione nella citazione di due varianti d’autore che interessano non la misura ma il verbo del v. 28 di Specie di serenata agra e falsa e melodrammatica: «E va la mascherata grottesca melodrammatica». In una di queste varianti d’autore è stata introdotta una modifica: la princeps reca il verbo «adoro» (p. 311), l’edizione 1952 «odoro» (p. 336). La sostituzione di «adoro» con «odoro» a mio giudizio è un errore provocato dalle suggestioni olfattive del testo e in particolare dalla variante d’autore precedente: «V. 27 scancellato: “(La gaiezza sentiva l’odore scipito di fossa)”. V. 28: var. “E odoro la mascherata...”» (ed. 1952). Nel trascrittore sarà rimasta viva l’impressione suscitata dall’«odore scipito di fossa» che, complici i grafemi condivisi dal sostantivo «odore» e dal verbo «adoro», avrà determinato la sostituzione della vocale che cambia il significato del verbo e immiserisce il testo. Se si riconosce che la variante editoriale del 1952 è un errore, poiché lo stesso errore è presente nella Cronistoria (p. 88) e nell’edizione 1973 (p. 217) ma è arduo ipotizzare un’origine poligenetica, l’edizione 1952, madre dell’errore, lo ha trasmesso alla Cronistoria.

 

Ed. 1942: «Di sotto ai cappelloni ultima moda,»

 

Ed. 1952, 1960 e 1973: «Di sotto ai cappelloni ultima moda.» (ipotesi di errore)

 

Il v. 4 di Firenze cicisbea si conclude con la virgola negli Inediti (p. 31), ma nel 1952 con un punto fermo (p. 152) che interrompe la fluidità degli endecasillabi, rafforzata dalla congiunzione copulativa tra i vv. 4 e 5. Per questo verso Falqui segnala una variante: «Di sotto ai cappelloni Direttorio,» (ed. 1942, 1952, Cr. 1960 e 1973); dalla ripetizione del verso in apparato non si deve dedurre che Campana, dovendo annotare una variante, lo avesse riscritto: Falqui ripete abitualmente il verso per far capire la posizione della variante; la presenza della virgola nella variante del v. 4 depone in favore della lezione attestata dagli Inediti. Si può chiamare in causa un testimone attendibile, perché ha parlato quando Falqui aveva con sé il manoscritto: il v. 4 è concluso dalla virgola nel numero di «Primato» del 15 settembre 1941.

Il punto fermo è un errore e non si è prodotto in una variante d’autore ma nel testo, e dunque si può osservare il comportamento dell’edizione del Quaderno del 1960 davanti alle due alternative: presenta il punto fermo (p. 155); l’errore non ha un forte valore dimostrativo, però indica il possibile legame tra le edizioni 1952 e 1960. L’errore si ritrova nell’edizione 1973 (p. 305).

 

Ed. 1942: «Del vostro sangue che odora di muschio»


Ed. 1952, Cr. 1960 e 1973: «Del dolce sangue che odora di muschio» (ipotesi di errore)

 

In Spada barbarica un gruppo di versi era stato aggiunto a lato della prima stesura ed è confluito in apparato. Rispetto alla lezione documentata dalla princeps, «Del vostro sangue che odora di muschio» (p. 308), l’edizione 1952 sostituisce «vostro» con «dolce»: «Del dolce sangue che odora di muschio» (p. 333). Questi versi aggiunti sono una lieve rielaborazione dei versi che fanno parte della lezione messa a testo da Falqui, dove è compreso il verso «Il vostro sangue che odora di muschio». Nel gruppo di versi aggiunti si ripete nella princeps per quattro volte a inizio verso «Del vostro sangue»: l’anafora può aver tratto il trascrittore in errore sia nel 1942 sia nel 1952, ma è indicativo di un probabile errore che nel 1952 sia subentrato proprio l’aggettivo «dolce», perché «dolce» è nel verso immediatamente precedente, dove si lega allo stesso sostantivo, «sangue»: «Del vostro sangue dolce e soffocante». La variante editoriale del 1952 sembra un errore di ripetizione ma è questa la lezione tramandata (cfr. Cronistoria 1960, p. 84 e Opere e contributi, p. 214).

Quattro errori, dunque, avvicinano le edizioni pubblicate negli anni 1952, 1960 e 1973. I tre errori per i quali è legittimo ipotizzare un’origine monogenetica («andava», «odoro» e «dolce») indicano che la fonte della Cronistoria è l’edizione pubblicata nel 1952.

 
 

Ed. 1942, 1952: «Ora il tuo corpo mi versa»


Ed. Cr. 1960 e 1973: «Ora il tuo corpo mi versa.» (ipotesi di errore)

 

Campana aveva aggiunto un altro gruppo di versi a lato della prima stesura di Spada barbarica, in corrispondenza dei versi cancellati. Questo gruppo di varianti tardive si conclude nelle prime due edizioni con il verso «Ora il tuo corpo mi versa» (pp. 308 e 333), ma la Cronistoria completa il verso con un punto fermo (p. 85), che separa il verbo dal suo complemento oggetto. La variante editoriale ostacola la decifrazione dell’intenzione dell’autore: credo che Campana intendesse legare il gruppo di versi aggiunti al verso della prima stesura esente da cancellature, «O donna le sue primavere». L’errore è tipografico.

La Cronistoria non riserva più un intero rigo a ciascuno dei diciannove versi che il poeta aveva aggiunto a lato della prima stesura di Spada barbarica; questa è l’ultima variante segnalata per Spada barbarica e il commento di ciascun testo è separato dal successivo da un punto fermo, che è incluso nella parte tra virgolette per errore. L’edizione 1973 conserva il punto fermo alla fine del gruppo di versi aggiunti (p. 214). L’errore non è una prova del legame tra i testimoni, ma eliminando l’errore il gruppo di versi aggiunti si lega alla parte della prima stesura non cancellata. Nell’elaborazione di Spada barbarica si possono individuare più strati.

Nella lezione di Falqui due versi consecutivi sono stati ottenuti dal verso cancellato «Oh che il tuo corpo mi versi» e dal verso non cancellato «O donna le sue primavere»; tra le varianti riferite a questi due versi, «Una due tre il tuo corpo», «Vomiterà le sue primavere», c’è sincronia e questo è lo strato più antico; in una seconda fase Campana può averle sostituite solo con un intervento sincrono, e le ha sostituite, ottenendo: «Oh che il tuo corpo mi versi / O donna le sue primavere»; da questo stadio compositivo è stata estratta la trascrizione che si conosce. Campana con un altro intervento ha cancellato il verso «Oh che il tuo corpo mi versi» e i precedenti (vv. 25-35) probabilmente quando, sfruttando il margine laterale, ha aggiunto il gruppo di versi che sostituisce quelli cancellati; l’ultimo verso del gruppo di varianti tardive si lega al v. 36 della trascrizione falquiana: «Ora il tuo corpo mi versa / O donna le sue primavere». La Cronistoria introduce nel commento una novità che getta un’ombra sulla paternità di alcuni segni di cancellatura, compresi quelli di Spada barbarica: «ecco l’elenco dei componimenti e dei brani del Quaderno cancellati dall’autore, o comunque recanti un segno di cancellatura» (p. 95). La variante editoriale è d’intralcio all’interpretazione di questo gruppo di versi come varianti realizzate; il gruppo di versi aggiunti permette di accertare che i versi di Spada barbarica che queste varianti sostituiscono sono stati cancellati dal poeta.

 

Ed. 1942 e 1952: «Il corpo dell’uomo si tende e distende,»

 

Ed. 1960 e 1973: «Il corpo dell’uomo si tende e distende.»

 

Il v. 10 della poesia La forza è concluso da una virgola nelle edizioni 1942 (p. 113) e 1952 (p. 180), e da un punto fermo nelle edizioni 1960 (p. 185) e 1973 (p. 329). Il punto fermo toglie la sua funzione all’isolato trisillabo «Ancora» (v. 9), che sostiene in modo decisivo l’uso insistito del tempo presente, anche nei versi successivi al v. 10, e che stabilisce il rapporto tra le azioni descritte nella poesia. Il trisillabo visivamente divide ma in modo concreto accomuna le due parti della poesia; è il vero cardine della poesia. Il nesso –or, caro a Campana, è presente nel titolo, nell’incipit, «Sorvola», e in altre parole fondamentali della poesia, per esempio le «correnti sorde» (v. 4), il «portento umano» (v. 6), la «guerra secreta e portentosa» (variante del v. 6), le «fornaci» (v. 8), il «corpo dell’uomo» (v. 10), e, nell’explicit del v. 13, il «motore». Il punto fermo nega al trisillabo la sua funzione unificante, blocca la possibilità di individuare la relazione tra le azioni descritte nella poesia, separa l’avverbio temporale dai versi successivi al v. 10 e così incide sul significato della poesia e deteriora il risultato dell’autore.

 

Ed. 1942 e 1952: «Cannone forza violetta»


Ed. Cr. 1960 e 1973: «Cannone forza violenta» (ipotesi di errore)

 

Nella variante d’autore riferita al v. 5 («Cannone furia appiattata») di «Lontane passan le navi», la Cronistoria immette una variante editoriale: «Cannone forza violenta» (p. 91). La lezione «Cannone forza violetta» documentata dagli Inediti (p. 313) e dall’edizione 1952 (p. 338) corrisponde all’usus scribendi del poeta; la lectio difficilior è da preferirsi. L’aggettivo violento è stato suggerito dal tema ed è presente nel verso «Le chiama in ruggito violento», che è il v. 4 nel testo ma è compreso anche in apparato nel gruppo dei versi cancellati. La sostituzione dell’aggettivo coloristico è un errore: può essere spiegato sia come errore di ripetizione sia come banalizzazione. Opere e contributi eredita l’errore (p. 220). Opere e contributi conserva tutti gli errori che la Cronistoria ha ereditato e introdotto; si può dunque riconoscere nella Cronistoria la probabile fonte della Nota al testo del Quaderno di Opere e contributi.

 

Ed. 1942, 1952, Cr. 1960: «Ho il profumo tuo biondo (rievocato) richiamato»

 

Ed. 1973: «Ho visto il profumo tuo biondo (rievocato) richiamato» (ipotesi di errore)

 

Falqui all’interno delle citazioni delle varianti usa le parentesi tonde per includere ulteriori varianti; per il v. 6 di Boboli, nel 1942 (p. 310), nel 1952 (p. 335) e nella Cronistoria del 1960 (p. 87), segnala la variante: «Ho il profumo tuo biondo (rievocato) richiamato». Opere e contributi presenta una divergenza, che non è convincente, per esempio sul profilo metrico: «Ho visto il profumo tuo biondo (rievocato) richiamato» (Opere e contributi, p. 216). Nell’ed. critica dei Canti Orfici Grillo non presenta questa variante secondo l’edizione 1942, che è nella tavola dei testimoni, ma riporta la stessa lezione dell’edizione 1973 (p. 58).

Tuttavia il verso nel quale la variante editoriale ha aggiunto il participio «visto», è preceduto dal verso «Io lento triste vinto e solo», e «vinto» potrebbe essere una spia dell’errore. Dall’esame delle varianti editoriali è emerso che alcune innovazioni qui riconosciute come errori patiscono le caratteristiche stilistiche dei testi di Campana. L’aggiunta di «visto» potrebbe essere stata suscitata dalla sinestesia, perché il «profumo biondo» sollecita l’idea della percezione visiva del profumo.

 


 
 

5. Ipotesi sul processo di trasmissione e sul grado di attendibilità dei testimoni

 

L’edizione pubblicata nel gennaio 1942 è l’unica edizione del Quaderno che può essere stata esemplata sul manoscritto. Il volume Inediti condivide questa inestimabile qualità soltanto con le edizioni di alcune poesie pubblicate nel 1941. Le modifiche introdotte dalle edizioni pubblicate dal 1952 al 1973 potrebbero essere dipese da un esame di edizioni facsimilari, appunti di prima mano, ma non da un nuovo esame diretto del manoscritto, nel 1952 già smarrito da anni.

La fase attiva della tradizione ha un momento manifestamente produttivo nel 1960. La Cronistoria contiene l’elenco degli emendamenti: la revisione si indirizza su due testi, esplicitamente come conseguenza di un contributo esterno, il contributo del 1942 di Caretti; ma per spiegare questi emendamenti del 1960 si deve supporre che Falqui si fosse ricreduto in merito alla «inconfutabile certezza» sui guasti14


14 Nel 1942 Falqui replicò alle osservazioni di Caretti spiegando di aver intenzionalmente omesso dalla trascrizione evidenti correzioni perché apocrife, cfr. Falqui, Ancora su Campana cit.


 

Gli emendamenti devono essere ben distinti dalle modifiche involontarie, ma la distinzione non è cronologica: nella fase dichiaratamente attiva la tradizione introduce simultaneamente gli emendamenti e gli errori involontari; nel 1960, inoltre, agisce l’eredità del 1952. Nel 1960 le divergenze dalla princeps dipendono sia dagli emendamenti, sia dall’eredità del 1952, sia da errori novelli; nella fase successiva invece non c’è revisione, e il processo di trasmissione sembra puramente meccanico. Errori introdotti fin dal 1952 non sono stati corretti, neppure nel caso in cui la lezione conservata dalla princeps è testimoniata anche dalla riproduzione fotografica dell’autografo. Il processo di trasmissione sembra lineare. Le divergenze rispetto alla princeps non indicano l’utilizzo di altre fonti che non siano i testimoni della tradizione a stampa.

Alcuni errori possono avere origine monogenetica, e gli errori congiuntivi ipotizzati danno indicazioni sul rapporto genetico tra alcuni testimoni: la Cronistoria eredita gli errori dall’edizione 1952 e trasmette gli errori a Opere e contributi. Tra le edizioni curate da Falqui e pubblicate da Vallecchi, la scelta del testo base compiuta dagli altri editori del Quaderno ha escluso le prime due edizioni della raccolta, e si è indirizzata verso la parte della tradizione compresa tra la scissione della Nota al testo dal Quaderno nel 1960 e l’ultima edizione curata da Falqui nel 1973. Ma i testimoni più attendibili non sono le edizioni pubblicate dal 1960 al 1973.

La seconda edizione del Quaderno a mio avviso ha introdotto errori involontari, ma rispetta l’integrità del testo, come è evidente anche dai titoli, mentre bruscamente nel 1960 l’integrità del testo è stata compromessa, dalla programmata divisione dell’apparato delle varianti dai testi. L’attendibilità di un’edizione non si può stabilire sulla base della sua data di pubblicazione e l’ultima edizione non è necessariamente il testimone peggiore, recentior non deterior, dicono i filologi, e precisano: non semper.

L’ultima edizione falquiana del Quaderno non si distingue per rigore, fin dal dato macroscopico dei titoli, e conserva tutte le lezioni erronee qui individuate. Opere e contributi ha due fonti: la fonte della Nota al testo è la Cronistoria, per i testi invece utilizza una delle edizioni prive della Nota al testo pubblicate negli anni 1960, 1962 e 1966, come si desume dagli errori introdotti nel 1960 (un esempio è il punto fermo nel v.10 di La forza) condivisi dalle edizioni pubblicate dal 1960 al 1973. La collazione delle edizioni in volume indica che quando un’edizione introduce un errore le edizioni successive sistematicamente lo ereditano.

Opere e contributi non solo accumula gli errori portati dalla tradizione ma aggiunge ad essi nuovi errori (per esempio in Ad un angelo del Costa) con i quali si allontana ulteriormente dall’autografo. Nella fase iniziale della tradizione a stampa Falqui utilizza, per la prima edizione di una poesia del quaderno, «O l’anima vivente delle cose», una trascrizione realizzata quasi certamente dal proprietario del manoscritto, e questa mediazione allontana il testimone dall’autografo. Il grado di attendibilità delle edizioni del Quaderno è correlato alla distanza che le separa dal momento in cui Falqui aveva tra le sue mani il manoscritto: più il testimone si allontana da quel momento più la sua attendibilità decresce. Il volume Inediti è il testimone che può documentare meglio la lezione d’autore del perduto autografo e nessun testimone ha il suo valore documentario.