"Testo e Senso", dipinto di Ennio Calabria


 

Testo e Senso

1

1998

 

Filologia Letteratura Linguistica

 

Editrice Universitaria di Roma - L Goliardica. Roma

 

Note e Recensioni

 

Ipotesi per Dino Campana e altri studi,

di MARIO PETRUCCIANI

 Caltanissetta, Salvatore Sciascia editore, 1996. pp. 160. 

 


Il libro risulta formato da studi scritti e pubblicati in vari tempi c per occasioni diverse. Si nota subito la perizia e la dottrina con cui vengono focalizzati e considerati poeti. vicende culturali della letteratura moderna e contemporanea.

Nel libro sono presenti due protagonisti della critica contemporanea: Giorgio Petrocchi c Gaetano Mariani.

Per comodità del lettore diamo i singoli titoli degli interventi: Per Dante e il Novecento: dalla "Ronda" all'ermetismo: Campana tre ipotesi; Un'orma certa: il paradosso della gracilità. Corazzini, la critica e un 'epigrafe; Dal carro immobile e di altri emblemi. Sulla poesia di Vittorio Bodini; Quasimodo. Un inverno tra D'Annunzio e Mallarmé; Ungaretti e Leopardi: nel segno del moderno: Matacotta una poesia di collisione; Per Giorgio Petrocchi; Per Gaetano Mariani.

Superfluo richiamare il fatto che Mario Petrucciani porta in questi suoi studi la sua lunga, penetrante esperienza di interprete di testi e fenomeni culturali e letterari lega­ti alla letteratura moderna e contempora­nea. Con un linguaggio critico sempre chiaro e aderente ai testi. oltre che con una conoscenza bibliografica capillare. sono esaminati in lungo e in largo poeti che sono stati sempre al centro delle ricerche di Petrucciani: Ungaretti, ad esempio. di cui Petrucciani è -non solo di questi ma di altri poeti c zone della letteratura contemporanea - uno dei più penetranti c convincenti interpreti, come è testimoniato dai numerosi interventi e volumi dello studioso.

Il libro in esame si apre con il tema Dante e il Novecento. In attente pagine viene analizzata alla perfezione la presenza dantesca nella poesia del Novecento e nel giudizio di poeti e critici: Cardarelli che discute Dante prosatore e filologo: Dante e la "Ronda", e ancora il Dante di Eliot. Seferis, Papatsonis: c non può mancare Dante e i poeti ermetici: e poi Luzi col suo libro del '49 L'inferno e il limbo.

Per la presenza di Dante «nella cultura dell'ermetismo in generale e specificamente in Bigognari poeta e studioso di poesia. è necessario ricorrere a lui stesso: cioè alla testimonianza della lunga milizia, della saggezza di un protagonista» (p. 41). Inoltre «negli anni dell'immediato dopoguerra. mentre il tramonto del gusto ermetico trascina con sé anche la nozione - o preconcetto - che aveva identificato la poesia con la lirica pura, il caso di Quasirnodo e di altri conferma come il disegno sfumato in angeliche vaghezze di un Dante 'cortese' fino ad allora letto nell'ottica appunto della 'purezza', stia lasciando via via il posto -anche per influsso della fortuna crescente di Eliot in Italia - alla immagine più impervia di un Dante riletto nella sua complessità strutturale» (pp. 41-42).

Dopo queste pagine che dimostrano come il critico si sappia muovere nella materia che tratta. seguono quelle altrettanto chiare e stimolanti su Dino Campana. Qui Petrucciani formula tre ipotesi: Vegliando le stelle; Malattia o rifiuto?: Sistema delle arti: dalla decostruzione alla significanza integrata. E conclude «che tra queste tre sfere inseparabilmente organanizzate: il doloroso viaggio verso l'autenticità primigenia, l'ideologia del ricerca di nuova significanza integrata del sistema delle arti. respira, tenero e violento. sassoso e impalpabile, il messaggio che ci ha lasciato l'ultimo figlio di Lucrezio» (p. 56; il saggio su Campana è del 1987).

Da Campana a Corazzini, «poeta di una risoluta, anche se meramente intuitiva, consapevolezza della parola lirica» (p.76). La sua è una «parola di assolutezza significante. e al contempo straziata: pochi fonemi - elementari. tuttavia non rinviabili  -chiedono udienza urgente prima di essere inghiottiti dal silenzio. Non sembri contraddizione: Corazzini fino agli ultimi giorni ha adoperato la penna per dire questo, ha lavorato per questo. Al Caruso, il 16 set­tembre 1906, scrive: Lavoreremo come se fossimo sempre per morire. Sembra più che l'eco il calco di una sentenza assai remota che Corazzini può aver meditato nell'epigrafe di una delle chiese romane che frequentava e che perfettamente gli si addice: Ut moriens viveret vixit ut moriturus» (pp.76-77).

Ben centrate de esausti ve sono le pagine attinenti alla poesia del leccesc Vittorio Budini. Della sua poesia sono indagati alla perfezione i vari momenti e le diverse componenti; poesia vista nel suo tempo e nel suo sviluppo. Di questa poesia io studioso addita pure gli influssi che ha ricevu­to. Insomma: «il Budini poeta non può essere disgiunto dal Budini studioso e da Bodini traduttore» (p. 83).

Petrucciani. sempre a proposito di Bodini, rigetta quella formula manualistica che vuole il poeta leccese come un poeta ermetico-surrealista meridionale. Certo con questa formula non ci si può avvicinare al canzoniere 'originale e vitale' di Bodini.

In queste pagine sono tenuti presenti i più importanti studi critici sulla poesia di Budini: quelli di Macrì e di Valli, quest'ultimo ha parlato giustamente dì andalusi sino salentino di Budini. In sostanza la sua poesia è un diario «reale, ma di impetuosa. straordinaria invenzione» (p. 93).

Nelle parti finali dell'intervento Petrucciani chiarisce il significato del carro nella poesia di Budini, «il carro immobile è Io stremato emblema se non della fine della poesia, forse. per Bodini, della fine di quella immagine della poesia - dal Barocco ai simbolisti ai surrealisti ai contempo­ranei - che egli ha perdutamente amata. inseguita e, come Euridice, strenuamente richiamata alla vita finché essa non è stata risucchiata nel mondo oscuro degli inferi. Allora il carro si è fermato, l'incanto. davvero, si è spezzato» (p.102).

Limpido e chiarificatore è un saggio che riguarda un testo di Quasimodo pre­sente in Acque e Terre. quello che nell'edizione definitiva si intitolava Antico inverno, nella princeps (ed. di Solaria 1930). Inverno. Quale la conclusione dell'artico­lo su questo testo di Quasimodo? In sostan­za che Antico inverno sia in parte costruita su scenario dannunziano è possibile e forse anche probabile: «che qualche maglia di questo scenario sia intrecciata con un fondale mallarmeano non è da escludere. Hérodiade ha sempre esercitato una prepotente attrazione: quando. a diciannove anni. Valery - come lui stesso racconta (Talvolta, dicevo a Stéphane Mallarmé..., in Varietà, a cura di S. Agosti. Milano. Rizzoli. 1971. p. 246) - ne conobbe alcuni frammenti, cominciò il suo distacco dalla vecchia poesia: 'Mi era concesso finalmente di conoscere la bellezza allo stato puro'» (p. 109).

Siamo così giunti a Ungaretti. È noto che Petrucciani a Ungaretti ha dedicato vari interventi e il libro fondamentale il condizionale di Didone. Petrucciani lumeggia molto bene la fisionomia del leopardista Ungaretti e l' importanza che ha avuto nella sua poesia Leopardi. Ungaretti legge Leopardi come un poeta del Novecento. «con la terminologia della storia letteraria del Novecento. di cui lo stesso Ungaretti è stato precursore. capofila e guida» (p. 116). Alla fine del saggio Petrucciani scrive che «Leopardi resta [...] non soltanto l'annuncio, ma la bussola infrangibile, l'effige indelebile, del moderno» (p.118).

Seguono poi le pagine dedicate al poeta Franco Matacotta fermano, autore di sillogi poetiche come Fisarmonica rossa. La peste di Milano e altri poemetti (1975). Canzoni d'amore ( 1977), solo per citarne alcune.

Il critico è convincente e coglie nel segno quando osserva - a conclusione del suo saggio - che la «singolarità della scrittura» di Matacotta, «il suo alto potenziale di coinvolgimento del lettore o. in altri termini, ciò che distingue nettamente Matacotta tra i suoi compagni di cammino e gli assicura un posto di rilievo nel diagramma della letteratura italiana del secondo Novecento (e, quindi, non solo nella letteratura della Resistenza) potrebbe dunque consistere in questo: che per lui la poesia - pur con il suo tasso, necessario, di professionalità- non è mai un mestiere, ma l'emblema rivelatore di una condizione, o meglio di una collisione, estrema. Forse per questo la poesia di Matacotta resiste nel tempo. per questo il suo richiamo è fortissimo» (pp. 24-125).

Il libro fa il punto su importanti poeti e zone della letteratura italiana contemporanea; si conclude con due medaglioni dedicati a due grandi studiosi contemporanei: i già ricordati Petrocchi e Mariani: entrambi romani e docenti, il primo di Letteratura italiana, il secondo di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea in quella Facoltà che fino a poco tempo fa si chiamava Facoltà di Magistero (ora Facoltà di Lettere e Filosofia della III Università di Roma). Petrucciani fissa bene la personalità umana dei due critici e l'importanza dei loro studi.

Parlando di Giorgio Petrocchi il pensiero corre subito a Dante. all'edizione critica della Divina Commedia. Quando. infatti. Petrocchi ci lasciò, i giornali parlarono di lui come «l'uomo che ci svelò Dante» e, ancora, come «il critico della Divina Commedia». Tuttavia Petrocchi non solo è stato studioso ed editore di Dante ma ci ha lasciato come ricorda Petrucciani -studi dedicati al Tasso (l'edizione del Mondo creato, ad esempio), al Pascoli (La formazione letteraria di Giovanni Pascoli, del 1953). a Ungaretti. A questo poeta Petrocchi ha dedicato tre interventi «che nella sconfinata bibliografia sul poeta conservano uno sbalzo speciale: sia per la difficoltà dei problemi affrontati, che sono tra i più scottanti e controversi (e per ciò poco frequentati), sia per l'originalità e la saggezza delle soluzioni proposte» (p. 1311. Di Petrocchi son ricordati gli altri studi su Manzoni e Tommaseo. Viene pure ricordato che Petrocchi esordi come critico musicale e scrittore. In sostanza Giorgio Petrocchi è stato «un grande intellettuale proprio perché la sua sterminata dottrina, la sua originale presenza nella cultura con­temporanea si alimentavano di una energia morale che era la risultante univoca del respiro del quotidiano e delle ragioni dell'eterno» (p. 137).

Anche di Mariani Petrucciani ricorda e sottolinea l' importanza degli studi su Pulci (Il Morgante), i saggi sull'Alfieri. il volu­me Ottocento romantico e verista, del 1972, la 'suggestiva' e 'insuperata' Antologia degli scrittori garibaldini. Poi il suo capo­lavoro: l'imponente Storia della Scapigliatura. Ma non sono da dimenticare i volumi del 1970 su 11 primo Moretti. Poesia e tecnica nella lirica del Novecento (Liviana. Padova 1958.  ma aumentato fino alle soglie della morte, 1983); e poi ancora L'orologio del Pincio del 1981:   l'analisi più approfondita sulla poesia di Sinisgallí; e infine il lungo viaggio verso la luce. Itinerario poetico di Mario Luzi (Padova, Liviana, 1982).

A Gaetano Mariani — sul suo metodo critico hanno scritto colleghi (il compianto Marcello Aurigemma) e allievi (Giuseppe Antonio Camerino, Alessandra Briganti) — si deve il merito di aver creato uno strumento prezioso e utile per la letteratura del XIX secolo: la Biblioteca dell'Ottocento Italiano da lui ideata e diretta per l'editore Cappelli. «come avventurosa peregn nazione direi sotterranea in quel patrimonio di testi rimasto in gran parte soffocato e sommerso dai clangori dei grandi libri» (p.143). Va detto ancora che si deve a Gaetano Mariani e allo stesso Petrucciani la concretizzazione in tre volumi di una bella Storia della letteratura italiana contemporanea. edita dall'editore romano Luciano Lucarini; Storia affiancata dalla rivista «Letteratura italiana contemporanea» diretta sempre da Mariani e Petrucciani. Nelle «centinaia e centinaia di sue pagine —così chiude Petrucciani il suo ricordo su Mariani —, nei tratti della sua umanità così riflessiva, così gentile — per tutti noi — il profilo di Gaetano Mariani non sbiadisce. conserva intatta la sua incorruttibile limpidezza» (p.151).

 

 

Carmine Chiodo