caffè degli specchi a Genova

 

Silvano Salvadori: Il caffè di Campana

 

Nella "grotta di porcellana" con Dino Campana

 

 

CAFFÈ DEGLI SPECCHI

 

Nella poesia Genova Campana si presenta seduto in un locale in cui dà testimonianza della sua golosa abitudine di bere caffè.

Ne Il più lungo giorno nel secondo verso è aggiunto l’aggettivo “levantino”.

A Genova in Salita Pollaiuoli c’è il Caffè degli Specchi di Mauro Rossi e all’esterno fa bella mostra di sè una targa verde in metallo su cui sono riportati i primi tre versi qui sotto citati:  

 

Entro una grotta di porcellana

Sorbendo caffè levantino

Guardavo dall’invetriata la folla salire veloce

Tra le venditrici uguali a statue, porgenti

Frutti di mare con rauche grida cadenti

Su la bilancia immota:  

Salita Pollaioli è naturalmente in pendenza ed ha anzi alcune leggere gradonate. Dal basso ci si può dirigere verso la zona di straduzze strette e serpeggianti arrampicate verso un altro versante della città, in cui si trova Vico Vegetti, vicolo in cima al quale, al n. 20, ha abitato Dino in quel tempo in cui scrisse due liriche: La messa a Santa Maria della Fortuna sul retro del cui foglio ricorda anche una gita, fatta probabilmente pochi giorni prima a la Verna provenendo da Marradi, cioè Sulle Montagne. Il n. 20 non esiste più: dovrebbe essere stato proprio in cima, là dove sono cadute delle bombe durante l’ultima guerra. Via dei Pollaioli immette, poco distante dal bar, sull’ampia strada che conduce verso il mare e che ha alla sua destra il duomo di San Lorenzo: l’alterna tua chiesa azzurra e bianca. Il locale ha due grandi sporti vetrati verso la strada ed ha una copertura a volta tutta piastrellata di piccole tessere di maiolica bianca. 

Non sappiamo con certezza quale fosse il suo arredamento al tempo di Campana, ma certo il suo luccicante aspetto doveva essere esaltato dalla presenza di specchi, così come lo è ora. Secondo il proprietario che qui vi fosse un “liquorista” lo sappiamo con certezza alla data del 1917, ma si può supporre che il locale già esistesse prima della Grande Guerra. L’arredo attuale presenta mobili a vetri ben incassati nell’architettura che, seppur attualmente verniciati di bianco, all’interno mostrano ancora il colore prezioso del legno con le borchiature dorate in ottone che si riflettono negli specchi di sfondo.La grotta di porcellana ha dunque tutte quelle caratteristiche di luogo raccolto e magico. Il locale assunse il nome di Splendid e successivamente quello di Splendido, onde togliere durante il regime i nomi anglofoni.

Quasi tutti i caffè nell’ottocento furono aperti da levantini, cioè persone di provenienza orientale e per lo più greca. Si ricordi il “Caffè Greco” di via Condotti a Roma, aperto nel 1760 dal levantino Nicola di Maddalena, il “Caffè degli Specchi” di Trieste del 1839 del levantino Niccolò Priovolo, il “Caffè Quadri” di Venezia del 1775  del levantino Giorgio Quadri di Corfù ed anche a Genova il primo locale fu aperto addirittura nel 1661 dal levantino Abram Babli; ma l’epopea del caffè anche qui si apre con l’ottocento con i locali “Caffè dell’Unione”, “Caffè della Costanza”, “Caffè d’Italia”, “Caffè Roma”, quest’ultimo frequentato da amici di Campana come  Sbarbaro e altri.

Dai porti dello Yemen i mercanti delle città marinare lo importano in Italia. Tale bevanda era anche detta “vino arabo”; si dice addirittura che alcuni prelati le attribuissero il nome di “bevanda del diavolo” e che Papa Clemente VIII, dopo averla provata, l’approvò con la sua benedizione dandole il nome di “caffè”. Genova, il caffè e Campana son dunque trinomio di una sacra liturgia; sappiamo che Campana era goloso di caffè oltre ogni misura e certo il suo “diabolico” effetto orientaleggiante non poteva che accompagnare la sua frenetica scrittura e nella parola sorbendo c’è tutto il gusto di questo piacevole abbandono, nero come l’inchiostro. Ecco spiegato il termine levantino che appare nella prima redazione di “Genova”.

Un altro locale, il bar “Berto” fondato nel 1904 in piazza delle Erbe, ha il rivestimento originale in maiolica,  ma da qui non si può vedere “la folla salire veloce”, quindi, pur fregiandosene anch’esso, non sembra questo il locale di Dino Campana.