Foglio di Via rilasciato a Genova, il 23/3 /1913 |
Ci siamo visti qui in trattoria, dove avvengono sempre le migliori pensate al mondo, con tanto di bisteccona e vino chianti di spalla, e i fagioli con l’olio nòvo.
Sono arrivato col treno, qui a Lastra a Signa, da Oneglia, in trasferta pagata, per incontrare il Pianigiani, alias il Piani, come lo chiamo io, e parlare di questo nuovo sito su Dino Campana, che devo in qualche modo dirigere, organizzare... Lui dice che si deve fare e che io sono l’unico al mondo che può fare il direttore.
Mah, proprio io, che ho una certa esperienza di riviste, è vero, ma come amministratore e ufficiale pagatore (sempre troppo!), non come esperto di cose letterarie... Ma ci proverò, gli amici e gli esperti che collaboreranno non mancano…
Il Piani mi elenca i primi nomi, sono assolutamente quelli giusti, Gabriel Cacho Millet, il grande biografo e curatore delle lettere, Luigi Bonaffini da New York, il traduttore dei Canti Orfici in inglese, nell’ultima, splendida edizione.
Ci sarà anche il primo traduttore europeo del librino di Dino, Jan Vladislav da Praga, che sta lavorando alla nuova edizione dei Canti in lingua ceca.
Degli altri collaboratori parleremo, ci sarà spazio e lavoro per tutti. Dino abitò proprio qui, all’albergo Sanesi, albergo e locanda, a Lastra a Signa, dal primo aprile del 1916 in pratica fino al 12 gennaio del 1918, insieme ai genitori che vi si erano trasferiti per motivi di lavoro.
Il padre Giovanni, munito di apposita patente di Direttore Didattico, si era trasferito da Marradi a Lastra a Signa. Era simpatico, il padre. La madre meno, una donnona altera e risentita…
Dino, sempre in viaggio come al solito, pur facendo riferimento a quella sede, si spostava in quegli anni fra Marradi e Livorno, al mare, per rimettersi da una lunga malattia.
Dall‘agosto del 16, dopo la curiosa vicenda del duello mancato con Athos Gastone Banti, Dino era bravissimo a cacciarsi nei guai, si trasferirà al Barco, dove incontrerà Sibilla: un altro guaio. Ma almeno fu amore, quello!
Bel locale questo, da cui vi scrivo, anche se io preferisco le mie farinate all’Osteria della Mussa, a casa mia.
Ma è tutto rifatto, una bomba lo rase al suolo, nell’ultima guerra. Serafino Sanesi, il padrone, mi racconta, affettandomi il prosciutto, che in famiglia ancora si parla spesso di Dino; addirittura la sorella Licia, che ha quasi cent’anni, è probabilmente l’ultima persona al mondo che si ricorda di averlo visto.
Dal vero, e non per sentito dire.
L’andremo a trovare, questa cara signora, e ci faremo raccontare... Sì, uno di questi giorni...
Intanto, caro Visitatore, benvenuto in questo viaggio. Dino è un grande poeta.
Noi cercheremo di raccontarne la storia, perché nulla vada perso per strada, e tutto sia condiviso e diffuso, nelle infinite strade del mondo.