Evocazione di Dino Campana

 

di Primo Conti

 

 

Dattiloscritto senza titolo su due carte scritte sul recto, la data approssimativa della sua redazione potrebbe essere fissata intorno al 1931 quando Conti si ammalò di nervi al suo ritorno da Viareggio. 

 

Questo libro me lo ha ordinato il dottore. È un dottore giovane, portato verso la magia da un temperamento precocemente maturato al contatto dei più compassionevoli fenomeni umani. Sardo di nascita e fiorentino ďelezione, il dott.1  si è trovato a soddisfare in silenzlo la sua innata passione poetica leggendo le Miricae nel giardino di S. Salvi dove, appena laureato alienísta, gli era stato affidato il posto di assistente del reparto agitati.

Da quel primo gradino della sua carriera medica, è salito pre­sto, per la sua bravura, a posti di comando, e attualmente corre dal Manicomio fiorentino a quello di Castelpulci in qualità di vicedirettore. L'ho conosciuto ier l'altro al caffè, dove parlava di Campana  di Boncinelli con un mio amico pittore. Campana, gli dissi, l'ho visto ammattire io stesso, in una tiepida sera di primavera al Caffè Pilsen, che si trovava in Piazza Strozzi nel settembre 1917.

Campana era apparso dal buio della strada, polveroso e stanco, con un sacchetto di tela grossa che gli faceva da baule. Veniva da Signa, a piedi, e nel moticcio delle sue scarpe c'era, infatti, qualche filo d'erba che faceva un grande effetto in quel riflesso di specchi cittadini. Ci salutò (si era una mezza dozzina d'intellettuali) col suo consueto saluto che somigliava molto ad una cartolina spedita  da lontano, e si accomodò al nostro tavolo, con l'aria di volersi nascondere all'ombra del nostro clamore, da qualcuno che certamente lo inseguiva.

- Questa volta, amici miei, mi finisce male, ci avvertì sottovoce.

- Tutti sanno che sono stato io per causa di Sibilla a rovinare la poesia nazionale, e c'è chi mi vuol morto. Questa volta non mi salvo più! Rise qua­si trattenendo il suo tormento nel folto della barba rossa, e del suo ridere amaro giunse a noi un senso quasi pauroso. Qualcuno, istintivamente, trasse indietro la sedia. Fu l‘ultima sera che vidi il poeta dei Canti Orfici: l'indomani era internato al manicomio.

- Io, invece, l'ho rivisto ieri, interloquì il dottore - e mi è parso calmo come un bambino malato. Tutta la sua forza gli resta serrata dentro, come per un comando superiore al quale Campana ubbidisce. Carapana e un pazzo dolce e buono, pieno di ritegno e dl timidezza.

- E Boncinelli?

- Si tratta del caso opposto, diametralmente opposto: il Boncinelli è un pazzo che non conosce riposo!

Ripeto a memoria qualche poesia dei Canti Orfici, e guardo l'affocata piazza estiva, piena di gente che corre, e non si sa dove arriverà. Il giovane medico, frattanto, mi osserva il volto segnato da linee verticali e gli occhi stanchi e golosi. Vede che guardo con un piacere e un dolore più grande del guardare, vede che assimilo tutto, e tutto respingo: mi costruisco e mi anniento in ogni fuggevole cosa. Vede anche i miei ricordi farsi presenti, nella piazza  luccicante, con una corposa evidenza che lo preoccupa. Ha scoperto, in me, il Dèmone sveglio e attivo, il dèmone della poesia.

- Lei e nevrastenico, vero?

- Precisamente. E lei?

- Anch'io, naturalmente! Se non fossi nevrastenico, come potrei aver fatto quella domanda? Tutti siamo, per un senso o per un altro, dei nevrastenici: tutto sta a vedere sino a che punto ci mordo questo senso dei nostri sensi: questa terza pupilla che vede oltre la vista.

II nevrastenico è un veggente che soffre di una sua sproporzione morale rispetto al resto dell’umanità. Il nevrastenico è anche un vigliacco, perché nessuna realtà contraria potrebbe essere affrontata dall'uomo, se potesse rendersi a tutti così evidente, in tutte le sue leggi più segrete, come avviene che si renda al cospetto di un nevrastenico. Ciò nonostante, si tratta di un vero e proprio squilibrio organico, del quale la esorto a guarire al più presto, e completamente.

La chiusa del discorso me l'aspettavo: da vent‘anni interrogo tutti i medici che mi è possibile in-2

 

 


 

1 Nel dattiloscritto è stato lasciato lo spazio per aggiungere il nome mancante del medico.

2 Qui si interrompe il dattiloscritto, alla pg. 4. Manca la pagina 5 che completava il testo redatto da Primo Conti.