da: La Fiera Letteraria del 18 Ottobre 1953, pg. 6

 

Alberto Tallone, tipografo puro

l'ideale della perfezione

 

Nei lavori di Tallone, tecnica e grazia, estro e rigore si scontrano e si ricompongono in una omogeneità di contenuto e di forma

di Enrico Falqui

 

Nel febbraio del '49, a Roma, grazie al « Centre culturel français », si ebbe modo di osservare da vicino le 29 edizioni pubblicate dal celeberrimo Ambroise Vollard nei primi trentanove anni del Novecento. Grazie alla Galleria dell'Obelisco furono presentate più tardi alla nostra ammirazione, ugualmente in Roma, le 36 edizioni eseguite dal meno celebre ma più provetto, più castigato, più schivo Alberto Tallone, nel giro d'anni che, dal '37 al '49, lo vide passare dai bodoniani Canti del Leopardi (a cura di Flora) ai garamondiani Rerum vulgarium fragmenta e ai Triumphi del Petrarca (a cura di Contini), attraverso un'eletta schiera di classici europei...

Dal confronto delle mostre risultò che il gusto e l'intendimento del Vollard, nell'ideare e nell'eseguire le sue edizioni, non ha nulla da spartire con quelli del Tallone. Ché tanto questi è puro stampatore, quanto quegli è, in certo senso, impuro. Secondo Tallone un autentico testo letterario deve saper bastare a se stesso, nell'assoluta nudità della lettera, e l'acume, lo sforzo, la bravura dello stampatore debbono consistere nel ritrovarne e metterne in luce lo spirito segreto senza alterazione e contaminazione illustrativa, servendosi dei soli mezzi grafici, per giunta ridotti all'essenziale, senza fronzoli nè ghirigori nè ornamenti di sorta.

Secondo Vollard, invece, un testo ha bisogno di essere illustrato per manifestarsi in pieno; così, per l'integrazione, occorre affidarlo all'illustratore più idoneo. Senonchè all'atto pratico quasi ogni illustratore si rivela di un'invadenza e di un'indipendenza supremamente nocive all'integrità del testo e al raggiungimento dell'unità necessaria tra opera letteraria e opera figurativa. E se ne ebbe una ulteriore riprova anche alla Mostra del libro francese figurato allestita da Lamberto Vitali, nella Villa Reale di Milano, « con pezzi » che pur recavano firme dal Manet al Picasso. (Cfr. L. Borgese: Corriere dello sera, 24 giugno 1949.)

Delle due « costanti », — l'una nudamente tipografica e l'altra sontuosamente illustrativa — non v'ha dubbio che quella del Tallone è, in fondo, di più difficile attuazione e salvaguardia, ove si accerti come il Tallone sappia conservarvisi singolarmente riconoscibile pur nell'interpretazione dei più diversi poeti e prosatori. Solo a prima vista può sembrare ch'egli rinunzi ad ogni « eleganza ». In realtà la sua eleganza consiste proprio nel tirarsi indietro; senza tuttavia sparire nè sottrarsi al controllo d'ogni più minute particolare, dall'inquadratura della pagina alla rifinitura dell'opera. E la conquista di una cosa severa e armonica semplicità di mezzi — dove tecnica e grazia, estro e rigore son tenuti a scontrarsi e a ricomporsi in una omogeneità di contenuto e di forma — è costata al Tallone anni di lavoro. E di sacrificio. Perchè anche il mestiere dello stampatore, quand'è esercitato in maniera tanto austera e antimercantile, specie in tempi — come i nostri — che mal la comportano, solo dopo molte riprove e molte rivincite comincia a dare qualche soddisfazione oltre la cerchia degli intenditori.

Ma Tallone è talmente sicuro del fatto suo che non cura nemmeno di scegliersi una sigla, una insegna. una marca con cui firmare e contraddistinguere le proprie edizioni nel mercato librario internazionale. Artista-artigiano di buona razza. egli ha l'orgoglio di escludere che dalla sua bottega parigina al numero ventotto di rue des Tournelles possa uscire un libro chiaramente suo. (E intanto si prende il piacere di esser lui a tirar fuori la prima edizione francese della Vita di Don Quijote y Sancho pubblicata da Miguel de Unamuno fin dal 1905).

Circa le sue pochissime edizioni illustrate (Les plaideurs di Rasine e Le misanthrope con L'école des femmes di Molière), spiega di averle eseguite su commissione e aggiunge di essersi adoperato affinchè le illustrazioni vi conservassero valore di documento e quasi di allegato, trattandosi infatti di riproduzioni sceniche subordinate e contemporanee all'opera stessa. Quando s'è trovato a dover  in proprio, inserire qualche figura o tavola, ha cercato di riuscirvi senza dare all'occhio; celandola, per esempio, dentro una specie di trittico ottenuto col ravvolgersi della pagina su se stessa; e senza che in nulla la continuità del testo e della lettura rimanga intralciata. Ma a quali altre tre distinzioni, schiettamente grafiche, non ricorre per differenziare un preambolo da una nota, un testo da un glossa, e un re da un amanuense? Giapponeserie? Per chi non se ne intende e alla finezza preferisce la grossezza.

A mano a mano che si è venuto distaccando e allontanando dal compiaciuto ed estatico e un po' greve neo-classicismo canoviano di un Bodoni, nonché da ogni tentazione di barocchismo francese, Tallone si è riconosciuto fautore, sempre più persuaso ed esperto, dei caratteri « garamond » ed « elzeviri », in quanto meglio rispondenti alla moderna sottigliezza interpretativa e all'astrattismo grafico che rappresentano il miraggio di ogni stampatore autenticamente aggiornato. Niente marocchini, borchie. Fermagli, nastri, ex libris. Niente di massiccio, di mastodontico, di magnifico. Il tomo delle cinque lettere di amore già attribuite alla Monaca portoghese non pesa più di una piuma; ed è come se quelle pagine scio-gliessero in luminoso sospiro la loro accagliata passione.

A suo modo, Tallone è un antidannunziano, un antiretore, che per otto anni è stato attento e paziente, modesto e tenace, a bottega dai maestri stampatori di Francia, ripromettendosi di coglierne i segreti. I quali tutti si riassumono in un'estrema e rispettosa acutezza di fronte all'autonomia artistica del testo da interpretare e da stampare. I tipi, i colori, i formati della carta siano quanto più possibile distinti, ma conservino la loro disciplinata preordinata funzione sussidiaria. Così i caratteri tipografici: agili e snelli, ma saldi e vibranti; tali da invogliare alla lettura; con qualcosa di lapidario e romano ed elzeviriano insieme. che li sciolga e li intrecci, li sollevi e li trattenga in un gioco di vuoti e di pieni. in un passaggio di neri e di bianchi, in un equilibrio di maiuscole e di minuscole, si da suscitare il fascino raro della pagina d'arte.

Nulla di più naturale, pertanto, che Tallone, a un certo momento, abbia pensato e provveduto a disegnarsi fabbricarsi (coll'aiuto del maestro incisore Charles Malin) un carattere elzeviriano che gli assomigliasse e gli rispondesse più addentro. Un carattere che fosse valevole così per la bloccata compattezza della prosa come per la modulata scioltezza della poesia, così per la nostra come per le altre lingue, senza il divario e lo stridore che si riscontrano di solito ad ogni variazione. E quasi per grazia ricevuta avrebbe voluto chiamarlo « Palladio »: ma non sarebbe stato nel giusto, perche nella scarna e sensibile sua elegante flessuosità trapela qualcosa di toscano, di quattrocentesco, di umanistico. Fortunatamente la fonderia Radiguer, nell’inviagliene i primi pacchi, (ancora limitati per ragioni di spesa - al solo corpo 12), scrisse « Tallone » sulle etichette e, con tale nome avendo i garzoni preso a indicarselo tra loro durante il lavoro, « Tallone »  è il giusto nome conservato dal nuovo carattere di questo editore-stampatore milanese che in terra di Francia fa onore alla tradizione europea.

Un Vasari del Novecento — e perchè no Carrieri o Vergani o Vitali, così amici e conoscitori delle belle stampe e dei buoni stampatori? — non sprecherebbe tempo e fatica se ne tramandasse la vita a mo' d'esempio. Allo stesso modo che un Giampiero Giani di domani non mancherà di catalogarne le edizioni autentiche, come quelle d'oggi ha scrupolosamente fatto con Bodoni. (Cfr. il Catalogo e il Saggio bibliografico di ornata compiutezza pubblicati dalla « Conchiglia » nel '46 e nel '48. E sbaglieremo, ci farà magari velo la simpatia per questo nobile patrocinatore dei Buoni Autori antichi moderni, italiani e stranieri ma ci sembra che un nuovo per quanto del tutto involontario e casuale, riconoscimento della sua singolarità gli fu offerto dall'illuminato Comune di Venezia allorquando, nel settembre del '49, gli concesse di presentare le sue edizioni nella Galleria del Salone napoleonico in piazza San Marco, proprio in coincidenza con la mostra celebrativa del quinto centenario della nascita di Aldo Manuzio allestita (da Manlio Dazzi) nella Sala sansoviniana della Biblioteca marciana in piazzetta S. Marco.

Incontro ideale; di cui chi sa se si saranno accorti e se avranno approfittato gli editori e i bibliotecari presenti sul posto in gran numero. Ne dubitiamo. Eppure non sarebbe male che almeno un esemplare di tutte le pubblicazioni del Tallone venisse assicurato e così tramandato in una delle nostre biblioteche nazionali. Anche i libri hanno il loro Pantheon. E quelli che lo meritano debbono potervi trovare un po' di posto. Quel tanto necessario perchè sia dimostrabile che anche i Contemporanei della bomba atomica seppero distinguersi e farsi onore nell'arte della stampa senza ritrovarsi in obbligo di scopiazzare gli Antichi.

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In questi giorni. Tallone presenta le sue « novità » sui banconi della Libreria Querzola al numero 153 di via del Babuino a Roma. E le sue (novità sono sempre quanto di più antico e garantito ci si può augurare. Si tratta dell'operetta di Parmenide sulla Natura, a cura di Jean Zafiropulo; dei Promessi sposi di Manzoni, a cura di Marino Parenti ( 3 superbi volumi in VIII grande, tutti composti a mano con il carattere Tallone e stampati su carta appositamente eseguiti dalla Manifattura Lana e recante il nome del Manzoni nella filigrana ); della Bérénice di Jean Racine, a cura di Frantz Calot; delle Avventure di Pinocchio di Carlo Collodi (con le famose e impareggiabili illustrazioni del Chiostri), a cura di Marino Parenti. Ancora una volta, Tallone ha ritirato giù dall'armadio il suo gran valigione, lo ha rinzeppato di libri e se lo è riportato in giro, come un qualunque venditore ambulante pontremolese, per cercar di venderne qualche copia e così poter proseguire imperterrito nella preparazione delle altre novità in programma.

Tra le quali spiccano: le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, nel testo originale e nell'accurata versione italiana di Carlo Saggio; l'Elegia di Madonna Fiammetta del Boccaccio, a cura di Alfredo Schiaffini; le Grazie del Foscolo, a cura di Domenico Bulferetti (un testo critico sul quale chi sa quanto discuteranno e battaglieranno gli specialisti, il Poema delle Purificazioni di Empedocle, a cura di Jean Zafiropulo. Non gli ci vorrà meno d'uno o due anni per portarle a compimento, secondo tutte quelle regole e quelle rifiniture che sono il più meritato titolo di nobiltà tipografica che egli possa issare sull'architrave del secolare Hotel de Sagonne in cui ha impiantato la sua stamperia, nel vivo cuore d'una Parigi che sa ancora distinguere i poeti dai bottegai. La perfezione tipografica, della quale un uomo e un artista della specie del Tallone si fa eroe e martire, può far conto sul riconoscimento e sulla lode e sull'aiuto di un così ristretto numero di estimatori ed amatori, che quei pochi forse ancora esistenti anche in Roma non vorranno lasciarsi sfuggire l'occasione, per offrire al Tallone un nuovo attestato di benemerenza.

E il Tallone continuerà a ringraziarli, inchinandosi, come d'un favore ricevuto a titolo d'amicizia. Ma gli Inglesi, che se ne intendono, appena scorsero il nuovo carattere gli commissionarono un'edizione critica dei Sonneti di Shakespeare. a cura di Clara Longworth de Chambrun. Fu cosi che il primo volume in cui vennero messi alla prova e rifulsero i bei caratteri elaborati dalla fantasia e dalla scienza del Tallone comparve, nel 1950, per conto d'uno dei più raffinati editori britannici.

Ma ecco che oggi il Tallone ci viene a offrire i Promessi Sposi stampati con lo stesso carattere. Accostiamoci. Ammiriamoli. In tempi di cinema a tre dimensioni, con le Rite trionfanti a gran rilievo. queste pagine, questi periodi, queste righe, con la loro armonia e misura e grazia ed eleganza. danno ancora un'emozione che sarebbe da sciagurati voler nascondere.

Bandiscono tanti premi. dispensano tanti milioni, provocano tanti equivoci. suscitano tanti malumoti, perché. anche per fare cosa più giusta e più originale, non provvedono, i pur volenterosi mecenati del Nord e del Sud — a indire un premio per il miglior tipografo? E' da sperare che il primo toccherebbe a Tallone. E nessuno potrebbe lamentarsene.