Adriano Seroni
I «Canti Orfici» nella ristampa del ventesimo
di Adriano Seroni
da: L’Approdo, Note e rassegne: L’indicatore librario
Aprile /Giugno 1952
«Dino Campana nacque il 20 agosto 1885 in Marradi... All'età di quindici anni colpito da confusione di spirito, commise in seguito ogni sorta di errori ciascuno dei quali egli dovette scontare con grandi sofferenze. Conservò l'onore, benchè ormai esso non gli servisse più a nulla e, come a testimonio di se medesimo, in vari intenalh della sua vita errante scrisse questo libro. Le ultime notizie di IM si hanno dalle montagne della Romagna toscana».
Questa notizia, forse destinata ad essere inclusa nell'edizione marradese dei Canti Orfici, è riprodotta, insieme ad altre carte nuovamente ritrovate, nella recente edizione vallecchiana di tutto Campana, commemorativa del ventesimo anniversario della morte del poeta.
Varrà qui ricordare, in breve, la vicenda bibliografica dell'opera di Campana. I Canti Orfici, dopo la stampa d'autore presso la tipografia Ravagli di Marradi nel 1914, furono ristampati a Firenze nel 1928 a cura di Bino Binazzi, al quale, com'è noto, è dedicata una delle più belle prose del Campana. Una terza edizione, a cura di Enrico Falqui, fu pubblicata ancora a Firenze nel 1941, accompagnata da un folto volume di Inediti. La ristampa, e più la raccolta delle carte inedite, suscitò non solo un vivace dibattito di carattere metodico, e filologico, ma segnò, in più sensi, la riscoperta di Campana, come può vedersi dall'accrescimento della bibliografia campaniana. Di particolare interesse sono apparsi in questi ultimi anni i nuovi scritti su Campana di critici che erano stati fra i pochi ad occuparsene al momento della prima edizione dei Canti Orfici: alludiamo ai saggi del Cecchi, che anche recentemente è ritornato sull'argomento per la nostra stessa rivista, e del De Robertis: quest'ultimo indubbiamente uno dei saggi più completi e complessi.
Nuove carte inedite si eran venute frattanto pubblicando dopo l'edizione del '41. Si rendeva perciò necessaria una nuova edizione la quale tenesse conto e delle polemiche sui criteri della stampa precedente e delle nuove cane inedite. Ecco così, opportuna, questa quarta edizione, in un solo volume, sempre a cura del Falqui. Non possiamo, in questa breve notizia informativa, esaminare i criteri della stampa. Le discussioni certamente non mancheranno; ma, si spera, non mancheranno anche nuovi contributi critici alla definizione storica della complessa e difficile personalità del poeta.
Canti orfici e altri scritti
Quarta edizione a cura di Enrico Falqui, Firenze, Vallecchi, 1952
Dino Campana nacque a Marradi, nella Romagna toscana, il 20 agosto 1885, e morì il primo marzo 1932, nell'ospedale psichiatrico di Castel Pulci, presso Firenze, per setticemia primitiva acutissima o infezione microbica diretta e virulenta del sangue, che serpeggiava nei dintorni. La sua vita si sviluppa su tre momenti essenziali: gli studi giovanili sbagliati, il nomadismo, la pazzia. «Io studiavo chimica per errore e non ci capivo nulla — dirà il poeta riferendosi al primo elemento accennato — Non la capivo affatto. La presi per errore, per consiglio di un mio parente. Io dovevo studiare lettere. Se studiavo lettere, potevo vivere».
Per quanto si riferisce ai suo continui vagabondaggi, Campana dirà che, sì, viaggiava molto: «Ero spinto da una specie di mania di vagabondaggio. Una specie di instabilità mi spingeva a cambiare continuamente». Viaggiò in Italia, in Svizzera, nell'America del Sud, esercitando i mestieri più diversi: «Facevo qualche mestiere. Per esempio: temprare i ferri; tempravo un'accetta, una falce. Si faceva per vivere. Facevo il suonatore di triangolo nella marina argentina. Sono stato portiere di un circolo a Buenos Aires. Facevo tanti mestieri. Sono stato ad ammucchiare i terrapieni in Argentina... Sono stato ad Odessa. Mi imbarcai come fuochista, poi mi fermai a Odessa. Vendevo le stelle filanti nelle fiere».
Per quella «forma psichica a base di esaltazione» che lo afflisse, fu più volte ricoverato: a Imola, a Tournay nel Belgio, a Firenze, infine a Castel Pulci. Durante quest'ultima degenza, abbiamo sulla vita del Campana molti particolari, ad opera di Carlo Pariani, medico, autore delle Vite non romanzate di Dino Campana scrittore e di Evaristo Boncinelli scultore (Firenze, Vallecchi, 1938). Qui piace riferire due notazioni di particolare interesse; la prima, orale: «Chissà chi, fra tutti, sia il pazzo? Ma io sono pazzo! Ho dei giorni lucidi e dei giorni che non ricordo. Avevo una nevrastenia tanto profonda e non potevo vivere in nessuna forma. Ero malato certo. Fiaccato in modo da essere inutile alla società. Una nevrastenia acuta per cui mi si ottenebrarono un poco le facoltà».
L'altra testimonianza è in una lettera al fratello: «Sono ammalato da sette mesi. Ho avuto la congestione cerebrale; ora ho un po' di indebolimento dei centri circolatori al lato destro. Spero ancora di guarire benchè molte cose vi si frappongano. Non importa. Si ha quello che si vuole, qualcosa ho già fatto».
Dai contributi del Pariani, che correggono in gran parte le precedenti notizie dateci dal Binazzi, alle note del Falqui del ventesimo, sono dunque a nostra disposizione materiali vari e vasti per comporre una organica e completa biografia del poeta. Vi sarà qualcuno che vorrà tentare questa impresa?