Nel 1916 Dino Campana s'infatuò di una profetessa scozzese stabilitasi in Toscana:

le chiese per cartolina di poter avere un figlio con lei  

 

di Franco Matacotta 

 

 

Pubblicata su Il Mondo, 25 Marzo 1950 

 

Chi abbia familiarità con l'opera poetica di Dino Campana e con quel tanto di notizie che faticosamente la critica ha potuto raccogliere della sua tumultuosa esistenza non puo rinunciare a riconoscere un consapevole contenuto "messianico" in quella poesia e in quella vita. Del resto, a sollecitare nel poeta il sogno di redimere l'umanità, di trasformare, come egli stesso dice, il "miasme humanin", in un mondo di "creature pure", contribuirono non soltanto la sua particolare natura, tutta istinto ed esaltazione, ma anche l'atmosfera di cultura nella quale egli compì la sua formazione. Se è vero che egli ha il suo debito con Poe, Villon e Rimbaud, e perfino con Jean Rictus, e che tutta la sua storia di pellegrino in patria e di emigrante d'oltralpe sia da considerare nient'altro che una delle tante "fughe" letterarie di cui la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sono pieni, altrettanto vero è che egli ebbe debiti grandi colla cultura crepuscolare e post-crepuscolare del suo paese. Non per nulla il Boine, che nel secondo decennio del secolo andava disperatamente in cerca di "nuove Americhe da scoprire", lo riconobbe ben presto come "fratello", dopo la "gran febbre d'esaltazione ricevuta dalla lettura dei Canti Orfici".

Ma Campana, a differenza di Boine, affrontò di petto il problema della redenzione. E bandì nel suo libro quel ritorno alla "Torre barbara mitica custode dei sogni della giovinezza" e quel riascolto delle "Sorgenti" ("Sorgenti, sorgenti abbiam da ascoltare"), che costituiscono il leit-motiv  di tutta la sua opera lirica e l'impegno più forte (si sa quanto duramente scontato) di tutta la sua vita. Un messaggio si intende tradotto in termini esclusivamente lirici: ma che tuttavia trasse alimento, oltre che dalle dirette esperienze umane del poeta, anche dalle dirette esperienze umane del poeta, anche dalla conoscenza delle correnti spiritualistiche e messianiche, e perfino pedagogiche, del suo tempo, sempre che queste fossero in armonia col suo singolare temperamento di artista e di uomo. Soprattutto se il verbo era predicato da donne. Donne che unissero il proprio fascino a una intelligenza umanitaria e profetica esercitarono su Campana una irresistibile attrazione. Ecco perché nell'elenco delle predilezioni campaniane troviamo il nome di una Ellen Key, di cui i libri egli fu lettore appassionato. E troviamo perfino quella stravagante pitonessa parigina che fu Madame Aurel, autrice di decine e decine di libri sulla emancipazione dello spirito femminile e di ardite quanto ingenue teorie sui rapporti amorosi e sull'accordo della coppia umana. Giacché Campana resto fino all'ultimo un morboso adolescente: ricco di tutte le impennate vertiginose e incorreggibili timidezze e audacie che sono proprie di quella particolare stagione. I problemi della psicologia infantile e adolescente, soprattutto per quel che concerne l' amore, furono al centro della sua attenzione con ossessiva persistenza. Nell' amore cercò un riparo, sempre, con infantile tenerezza. Nella donna chiese una protezione quasi materna, tanto piu accoratamente quanto piu le sue condizioni fisiche precipitavano. Gran parte della sua pagana mitizzazione dell'amore scaturisce da questo intimo complesso. Non è da stupire perciò se nel giugno del 1916, anno particolarmente difficile per lui, gli capitò la strana avventura teosofica che raccontiamo.
Tramontato il sogno di impiegarsi o di arruolarsi, e impedito a causa della guerra di ripartire per l'estero, Campana vagabonda alle soglie dell'estate del  16 per le campagne del Mugello, piu inquieto di sempre. Gli amici che gli erano stati solleciti di qualche soccorso sono al fronte o stanno per raggiungerlo. Per caso, qualche giorno innanzi il noto episodio del  duello mancato col giornalista del Telegrafo, gli capita tra le mani a Livorno un libro scritto da una signora scozzese che, abbandonata dal marito per le sue stravaganze esoteriche, è emigrata in Italia, si è  stabilita nel  Pisano,  e di qui sforna volumi carichi di incandescenti messaggi, di amore, di maternità, di resurrezione. Conquistato, Campana desiderava di incontrarla. Le scrive immediatamente. E la "Sorella Margherita"  (perché cosi la pitonessa amò chiamarsi con Dino) il 19 giugno gli risponde con parole di fuoco:


  Egregio Fratello,
per orientarmi intorno allo scrittore della cartolina da Livorno, sono andata in cerca della Tribuna del 21 maggio: ed ora fraternamente stringo la mano di Dino Campana. Godo, anzi mi rianimo, nel sapere che il vento divino che soffia nei libri ispiratimi abbia scosso i suoi veli e chiedo a Dio che non abbia solamente di scuoterli ma di condurre la preziosa barca umana al desiato porto, 1'Origine nostra, non solo nei lombi di Adamo, l'amico di Dio, ma dello spirito nostro, immortali figli dell'Increato, i suoi bambini al suo materno seno. Ma ignoro il libro che Lei ha letto fra quelli che io messo alla luce... Insieme coll'articolo di Emilio Cecchi nella Tribuna ho ritrovato il riassunto della conferenza  a Roma di Madame  Aurel: Questa signora sta dicendo ai romani quanto io tuttora sto vergando in inglese, cioè che questa guerra è una guerra di Risorgimento spirituale. E' la Morte della Morte, è la resurrezione vaticinata da Cristo, dallo spirito dell'uomo che dormiva la grossa nella tomba della carne... Mi permetta da sorella maggiore di consigliarla di fare sosta per un poco colla penna, di leggere, ponderare, fare suo, quanto i miei libri contengono (La Religione del cuore, La vita vissuta e cantata, Il Romanzo di Dio I e II vol.). Credo che il tempo è venuto di palesare all'Italia 1'origine sua vera e il glorioso destino che ci attende,  una confederazione pacifica delle nostre nazioni cristiane e la parola profetica vendicata, fatta storia, e l'esistenza di Dio provata. Perché è precaria la sua salute? E' malato o va al fronte? Io vivo perché respiro Iddio, nutrisco lo spirito all'Increato, sua sorgente. Se lo spirito langue e non è alimentato, allora langue l'anima e il corpo.
Ponderi bene nella Religione del cuore la Trinità Umana e scrivendo poi si serva pure liberamente di quanto Iddio ha scritto per cuore e la penna della 


                                                                                           Sorella Margherita

Il 23  del medesimo  mese,  una nuova lettera :  


   Mio caro Fratello,
nacqui a Dundee, Scozia, e nacqui per Italia, ma non per questo l'Italia mi conosce e mi ama.  Attendo nell'al di la, non qui la ricompensa.  Legga a pag.  112 del   Romanzo  di Dio:  "Oh  pionieri, pionieri!". Sono di essi. Sono nel mondo ma non sono del mondo.   Il mondo ama coloro che 1'amano. Io  lo detesto, agnello in mezzo ai lupi… Non so perché ho cominciato la mia lettera cosi se non perché lei stesso  da quanto dice nella sua  cartolina, e un agnello infra i lupi. In che mese è nato? Sotto quale  pianeta infra i 12 che il nostro sole attraversa nell'anno? La prego di dirmi. Desidero ponderare il suo oroscopo, scienza perduta che torna. Il quadro che lei fa di sé stesso è ben triste ma non pia triste del quadro di me stessa. Vedi la Maternità  di Dio che oggi le mando: per averlo scritto ho perduto un terzo dei mio assegno di divorzio: eppure sarà per mezzo di qualche romanzo o dramma che la rivelazione della dualita dell'Increato verrà conosciuta, mai per la Chiesa. Io credo nel palcoscenico  come l'unico campo per le grandi verità umane ed attendo il fratello capace di farlo. Tentai di interessare un grande predicatore cattolico, ma egli invece tentò di sedurmi in un convento... Mai! Mai! La Chiesa riconoscerà la dualita dell'Increato sorgente di vita, perché condanna il celibato…
I miei scritti non sono da me vergati, ma dallo spirito della verità che mi ispira. Sono a lei prodiga, perché sicura che la lettura di essi recherà a lei nuova vita e la preparerà forse per il compito suo nel mondo...


All'invio di una copia dei Canti Orfici fatta da Campana, colla seguente dedica: "Alla consapevole fogliolina dell'Increato", Margherita risponde il 27:


  Egregio Fratello,                                
sfogliando oggi il suo libro ma  non in esso trovando l'Oro, è ben naturale  che  Margherita  non  ha  trovato  nulla. Parole,  la  Divina  Favella, il bel verbo italiano non messo  a  servizio  di Cristo crocifisso schiacciato nella umanità,  egli stesso umanita sono per me come quelle femmine alle quali si dà il nome di   p...
Cessi perciò di   cacciarle prodigamente vanamente qual perle dinanzi al mondo infame, finché non è di nuovo tripudio per un figliolino ritornato alla  paterna casa e lei stesso in condizione di servirsi alla gloria del Padre. 
Paesaggista per venti anni io ho cercato mediante forme colori tramonti albe burrasche e pace di esprimere  Iddio,  sorgente  del  bello, nei miei quadri, ma del tutto insoddisfatta ho buttato via il pennello per la penna...


 A questo punto, le cose precipitano. Campana insiste colla sua corrispondenza infiammata, ma esagera. Della risposta non abbiamo il testo, ma è certo che le profferte di devozione del  poeta furono alquanto spinte, se la sorella Margherita ribatte immediatamente, e molto imbarazzata. La maternità dell'amore, il dualismo dell'Increato che condanna il celibato come un gravissimo peccato, e tutti gli altri postulati della teoria della signora scozzese avevano catechizzato sino a tal punto il passionale poeta, da mettere a serio repentaglio la buona reputazione della profetessa. Campana, come si sa, negli ultimi anni non amò piu scrivere lettere. Il massimo sforzo che compiva era di vergare cartoline: magari due nel medesimo giorno. Ora, le intenzioni pagane così scoperte dl Campana indispettirono Margherita: all'ufficio postale del paese si cominciò a sollevare il ridicolo. E Margherita  corre ai ripari:


  Infelice fratellino
Nel senso che siamo tutti  "spiritchildren" del Padre: fratellino, anche se tu hai la mente poco al posto, come giudico dalle cartoline e che fanno ridere alla posta. Se lei è un gentiluomo, che diritto ha di scriver ad una signora  ben conosciuta e stimata cartoline come queste? Io e lei siamo servitori al comando di Dio solo, serviamo e stampiamo e pubblichiamo e ci siamo privati del pane quasi, per recare ai nostri fratelli l'imbasciata a noi affidata dal Signore. Non mi meraviglio se la  Questura l'ha presa per Austriaco se agisce verso i suoi superiori come verso di me. Io ho avuto pazienza fraterna con lei, ma vedo  che lei dalla mia bontà non impara.... Ho 68 anni, quantunque ne dimostro 50: sento il loro peso e un  figlio mi sarebbe certo d'aiuto...  se degno di una madre come me. Ma non Dino Campana... Ho piacere di restare sola per opera mia che richiede solitudine e che le onde eteriche non siano turbate... Perciò la prego da buona sorellina di non scrivermi più al modo presente e facendomi arrossire per lei  e per me alla piccola posta qui, ove siamo fratelli. Silenzio!! Lavori, ami il prossimo... Ritorni a Walt  Whitman, si, egli era grande e lei  non è degno di sciogliergli le scarpe.


Con  questa amara lezione, la corrispondenza della strana signora termina. Dino è ripreso dalle furie. In questo terribile mese di  giugno (tanto caldo, che nell'ultime settimane Dino fu  veduto più volte, nei suoi vagabondaggi per la  campagna, spogliarsi e gettarsi nudo nei pantani delle abbeverate), egli ha compiuto 1'estremo sforzo di riaggrapparsi alla vita. Ha sperato nell'amore, come ieri, come sempre: in un amore suadente, pacificatore, materno. Ma il tentativo colla stravagante e vaneggiante pitonessa di Pisa e fallito. Pure, la vita gli viene ancora una volta in soccorso. E' l'amore di un'altra donna, di tempra diversa e di diversa altezza. E Dino Campana gli si affida, questa volta ciecamente, sperando nel miracolo. L'estate  del '16, pagana e grandiosa, è l'ultima del poeta. Subito dopo è la fine. Lo si vide in carcere a Firenze. Poi di nuovo a Marradi, poi alla Falterona, pellegrinare come un essere invasato e perduto dietro le sue "Chimeres figurantes". Da ultimo, all'Ospedale fiorentino del Maglio: e di li, nell'Ospedale  psichiatrico di Castel Pulci. Aveva trentatre anni.