Consigli benevoli

 

di Ardengo Soffici (A.S.)

 

Da: La Voce del 25 febbraio 1909

 

Di Luisa Giaconi, buon’anima, la quale come scrittrice non valeva proprio nulla, non avremmo, di certo, fatto parola, mai, se il Marzocco non ci venisse assordando – chi sa perchè – da più mesi con le sue fanfare laudative e non volesse farci ingollare per forza, l’opera di lei come gran cosa.

La poesia della Giaconi, tanto quella della Tebaide, come l’altra che I suoi amici fanno sorbire a cucchiaiate alla gente d’Italia, è come una rigovernatura dannunziana-pascoliana-nencioniana1, e persino vittoriaaganooriana2 insipida e incolore; è come una stoffa ordita di nebbia con ripieno di nulla; è una cantilena uggiosa senza forma e senza contenuto, quale oramai non ne fan più che I giandarmi e i giovani di studio degli avvocati1.

Tutti lo sanno: è roba che dieci o quindici anni fa avrebbe potuto anche piacere a certuni: oggi anche I meno esigenti domandan ben altro.

Ma noi vogliamo esser giusti. Crediamo che l’autrice di questo brodetto simbolico-sentimentale, fosse una buonissima creatura, dolce, affabile, modesta, rassegnata quanto volete; ammettiamo magari che potesse avere un’anima bella e poetica; tuttavia dalla sua opera non traspare niente che sia meglio che mediocre, e questo è secondo noi, il pessimo dei difetti, per una creazione artistica.

Che dunque gli amici della defunta l’intendano una buona volta: il miglior modo di onorare la sua memoria e di farla rispettare agli altri non sarà da qui in avanti la rèclame senza ritegno: ma il silenzio e il raccoglimento.

 

ché 'l lungo strombettar genera noia,

e la noia disprezzo ed odio alfine.2

 

 

A.S.

 

 

Note (a cura di paolo pianigiani):

 

1) Su  Enrico Nencioni, vicino di casa e amico di Luisa Giaconi vedi la pagina su Wikipedia.

2) Su Vittoria Aganoor vedi la pagina su Wikipedia.

3) Soffici ebbe appunto a fare quel mestiere lì, all’inizio della sua variegata carriera.

4) La citazione finale Soffici la prese da Il Pastor fido di Giovanni Battista Guarini (1538-1612). Di suo cambiò il termine “conversar” presente nell’originale, con “strombettar”, più adatto al suo dire.