Sebastiano Vassalli
Dino Campana le solite bugie
di Sebastiano Vassalli
da: La Repubblica del 11 marzo 1995
Non c'è pace per il poeta forse più grande, certamente più disgraziato del nostro Novecento. Una insulsa crociata campanilistica ne rivendica le spoglie - sepolte nella chiesetta romanica di Badia a Settimo presso Firenze - al cimitero comunale di Marradi, il paese in cui nacque e di cui, per un quindicennio, fu "il matto" e ora, un'operazione editoriale che definire discutibile sarebbe eufemistico, perché non ci sono aspetti positivi che possano essere discussi, soltanto aspetti negativi, rimette in circolazione un testo che fu, è e continuerà ad essere il cavallo di battaglia di quanti perseguitarono Dino Campana da vivo e vogliono continuare a perseguitarlo da morto.
Quel testo è la mediocrissima compilazione di uno psichiatra di scuola lombrosiana, Carlo Pariani, che si intitolava, nella sua versione originale, Vite non romanzate di Dino Campana scrittore e di Evaristo Boncinelli scultore, e che fu pubblicato da Vallecchi nel 1938, sei anni dopo la morte di Dino: per dare aspetto e forza di verità a quella leggenda del "poeta matto" che i letterati fiorentini, Papini e Soffici in testa, avevano costruito sul loro più grande contemporaneo.
'Industria del cadavere'
E' assolutamente probabile, infatti, che l'operina del Pariani non sarebbe mai stata pubblicata da Vallecchi, e che non avrebbe mai visto la luce con un vero editore, se non fosse stata destinata a diventare la pietra angolare di quel falso storico, che l' "industria del cadavere" - così Dino Campana chiamò l' istituzione letteraria in Italia - continua a riproporre con una tenacia, in tutto degna della propensione al peggio che questo Paese mostra anche in altri campi. Né le mediocri, infatti, e già allora assai datate, deduzioni di Pariani sul nesso follia-arte, né la fama dello scultore Evaristo Boncinelli, artista certamente non eccelso, giustificavano una tale pubblicazione.
Ma Pariani, negli Anni Venti, aveva deciso di intervistare Campana in manicomio, suggestionato dalla torbida leggenda che su di lui circolava nei caffè fiorentini; e quella decisione è all' origine di una fortuna letteraria che gli è valsa qualche anno fa una ristampa da Guanda e ora gliene ha meritata un'altra, dell' editore fiorentino Ponte alle Grazie, a cui auguro di pubblicare in futuro libri migliori.
Tolto l'ingombrante (e anche un po' imbarazzante) Boncinelli, il libro di Pariani è diventato la Vita non romanzata di Dino Campana, al singolare, e viene proposto ai lettori ingenui come il vero, grande testo per conoscere l' opera e la pazzia del poeta di Marradi, viste da un' inquadratura rigorosamente scientifica e "non romanzata". La realtà, purtroppo, è molto diversa e merita di essere spiegata a chi, in un momento di distrazione, abbia sborsato le 22 mila lire richieste da Ponte alle Grazie per il semilibro (Campana meno Boncinelli) di Pariani.
Elenchiamone alcuni punti.
Primo: Pariani non ebbe mai, come si vorrebbe far credere, un rapporto con Campana da medico a paziente. Andò a trovarlo nel cronicario di Castel Pulci grazie alla compiacenza di qualche collega, per verificare ciò che già sapeva di lui dalla sua leggenda, e che Campana - matto, sì, ma non scemo - gli confermò per toglierselo dai piedi.
Secondo: Pariani fece irruzione nella vita di Campana nel 1926, quando il poeta era da otto anni in manicomio, e lo tormentò con le sue visite e con le sue lettere per tre anni e mezzo, fino al 1930. Cercò di ingraziarselo con sigarette e con promesse bislacche, ma non ci riuscì e dovette registrare lui stesso, nel suo libro, il suo insuccesso. La preghiera ricorrente che gli rivolge Campana, a voce e per iscritto, è quella di essere lasciato in pace, di non ricevere visite, di non essere molestato.
Terzo: Campana, che in manicomio non aveva altra possibilità di difendersi dallo psichiatra Pariani, si difese raccontandogli quello che lui voleva sentirsi raccontare, cioè balle. Perciò la "vita" che ne viene fuori, forse non è "romanzata" ma è assolutamente falsa. I tempi si dilatano per abbreviare il racconto, e ci sono fatti mai avvenuti. (Per esempio: il viaggio in Argentina dura cinque anni, mentre sappiamo con certezza che durò al massimo sei mesi, traversate incluse; ci sono tre mesi di prigione a Parma, inventati di sana pianta; un mese di prigione a Bruxelles, come sopra; c' è il viaggio da Bahia Blanca ad Anversa passando per Odessa, una follìa; ci sono tutte le cose che Pariani voleva sentirsi dire, e che Dino, docilmente, gli disse).
Quella falsa censura
Quarto: Campana, costretto da uno psichiatra mentre si trovava in regime di coercizione (ciò è importante, e non va dimenticato!) a commentare i suoi testi, cercò di accontentarlo proponendone la censura ("La signora innamoratasi dei suoi occhi di fauno, riudendola, arrossisce; ed esclama: - ciò non è vero affare, tutte fantasie!". "Palesa sdegno nel volto e nella voce, ride con disprezzo ascoltando la sconcia ipotiposi de - le vecchie troie -; disapprova senza scuse: - Cose da ubriaco. Dovrebbe essere censurato").
Quinto: Campana, costretto come sopra a pronunciarsi sul nuovo regime - il fascismo - dallo psichiatra Pariani che ne fu un fervido sostenitore, rispose da quel genio che era: divagò, disse che lui stava bene in manicomio, che il manicomio era la sua vera patria e poi parlò dell' Italia come di un manicomio, buttò là "ho sentito parlare del nuovo direttore che c'è ora in Italia"...
C'è chi passa alla storia per avere compiuto una grande impresa, chi per avere inventato una nuova tecnologia o un nuovo farmaco, e c'è chi ci passa per essere stato il becchino di un grande poeta. Quante riedizioni avrà, nei secoli a venire, il semilibro (Campana meno Boncinelli) del becchino Pariani?
Quanti altri Pariani produrrà l'industria del cadavere? Quanti editori, ancora, vorranno sporcarsi con il "sangue del fanciullo" di cui si parla nella chiusa dei Canti Orfici, per lucrare pochi spiccioli vendendo infamie e falsità? Sappiamo comunque che Dino ha lasciato scritto anche di loro: "They were all torn and cover' d with the boy' s blood".