IL CONVEGNO A LA VERNA

 

“Io vidi dalle solitudini mistiche…”

 

di Silvano Salvadori

 

La Verna, 1910 - 2010

 

 

Il convegno tenuto a La Verna il 18 e 19 settembre 2010, nel centenario del famoso pellegrinaggi compiuto da Dino, segna certo un punto di svolta su tante mitologie campaniane.

Promotori l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Provincia francescana, ha visto come coordinatori il Prof. Giuseppe Langella nelle prime due sezioni e il Prof. Silvano Salvadori nell’ultima.

Dal momento che Dino compì più di un pellegrinaggio (almeno tre sono documentati), la data 1910  è stata confermata da una inaspettata verifica fatta da Salvadori: a Campigna la luna piena era stata in quell’anno proprio fra la notte del 18 e 19 settembre, culminando alle ore 01: 02 con 38 gradi a sud sopra l'orizzonte: Dino parla proprio in quella data dell’”amica luna rossa di fumi di rame” mentre se ne va per il viale dei tigli.

Una inusitata conferma astronomica che lo studioso ha voluto verificare andando a fotografare proprio in un plenilunio “sulla costa alpina”, ovvero sul deciso profilo dei monti che si vedono in fronte alla stazione forestale di Campigna, e che è stata inserita in un bel video che, passo passo, didatticamente commenta con immagini il testo del viaggio.

Il video realizzato da Salvadori, con voce di Pier Luigi Berdondini, è una novità assoluta nel modo di far critica “visiva” a Campana, quasi noi potessimo vedere tramite i suoi occhi; proiettato fino al 4 ottobre, festa di San Francesco, è stato unanimemente apprezzato.

La novità più importante la si deve alla testimonianza di Donatella Coppolino Campana, nipote del fratello Manlio, che ha documentato il legame di Dino con l’ambiente francescano ed in particolare con La Verna. Dino si recava spesso a Bibbiena presso i possedimenti dello zio Francesco, procuratore, aveva un parente stretto cappuccino e la madre Fanny era una terziaria francescana.

Non peregrina quindi la fede che lo spinge a questo viaggio verso il “caro santo italiano” che sente tanto simile a sé, in una totale condivisione quasi “ombra di Cristo, rassegnata in terra d’umanesimo, che accetta il suo destino nella solitudine. La sua rinuncia è semplice e dolce: dalla sua solitudine intona il canto alla natura con fede”.

L’amore per gli umili risalta anche in altri aneddoti. Dino, una volta che col padre andava verso Campigno, sparì all’improvviso e fu ritrovato poco dopo a portare in spalla un grosso fardello di legna che aveva visto troppo gravoso per un fanciullo. Inoltre andava sempre a trovare i contadini di cui era amico, e mezzadri dello zio, anche quando avevano cambiato padrone nella “bella povertà” delle loro casupole.

Stefano Giovannuzzi ha esaminato le varianti fra L.G e i C. O., ricordando l’influenza dei “diari” di Soffici e il suo dissacrante viaggio a La Verna, compiuto nel settembre del 1913; ma anche della dissoluzione del modello diaristico compiuto nella riscrittura di Marradi, in quanto quello non è il modo di scrivere di Dino. In lui c’è un collassare di tempi e di luoghi diversi in una sorta di circolarità del tempo.

Gianni Turchetta ha messo in evidenza l’unitarietà del progetto dei C.O. inteso come ciclo in cui il momento de La Verna è il testo dell’ascesa, e la sua centralità nel libro ha un rilievo simbolico. Inoltre Dino fa il contropelo a Soffici insistendo sul richiamo alla tradizione come lezione di moralità e di purezza; infatti è pieno di richiami letterari espliciti ed impliciti.

Il testo, con il paesaggio, è una trama di storia e cultura, di reminiscenze letterarie ed artistiche che hanno comunque radici in una primitività etica che combina la fede e la fedeltà alla natura con la condivisione francescana della pena comune della “bona gente”.

C’è inoltre qui in Campana una permanenza della dimensione infantile che segna tutto il divenire dell’esistenza: “Da un lato diveniamo e da un altro siamo gora”, afferma Turchetta, in una dialettica fra tempo assoluto e tempo dell’esperienza.

Silvio Ramat ha cercato di spiegare alcune varianti: le fanciulle del coro, sotto la Riva Bianca, da due, nel L.G., divengono tre nei C.O. quasi fossero ondine wagneriane per un processo simbolico di mitizzazione della storia che ritorna più volte, come in Catrina. Inoltre molte immagini adottano la tecnica della dissolvenza cinematografica.

Luigi Cavallo ha ricordato la vicenda del “rimandato” ritrovamento del manoscritto del L.G.; infatti certamente era riemerso nel dopoguerra e volutamente “nascosto” sia da Soffici, sia dalla moglie. Fu solo dopo la morte di questa che fu possibile convincere gli eredi a portarlo alla luce convocando Luzi per l’annuncio. Cavallo ha inoltre ricordato la ricchezza delle “immagini” del testo e il loro rapporto con l’arte.

Massimo Lippi, poeta e scultore, ha scoperto la sua formella in bronzo che verrà collocata a La Verna e che mostra un Campana-Cristo come albero di una “barca sul mare” gonfia dello Spirito divino. Una adesione, quella di Massimo, viscerale a Dino in una stessa battaglia contro la cultura esclusivista dei letterati che cercano la filologia invece del sangue vivo della poesia.

Silvano Salvadori ha parlato di una visione “cristiana” di Dino che è sottesa a molti testi, in particolare a quelli del perduto “Quaderno”, che saranno rivelatori per una nuova lettura del marradese.

Donatella Coppolino Campana ha portato inedite testimonianze sui rapporti familiari di Dino soprattutto con la madre, avendo nel tempo raccolto testimonianze registrate di chi ha visto e vissuto quella vita in diretta.

Una famiglia benestante e borghese, quella del poeta, in cui si parlava francese e si era educati al rispetto. E fu proprio per il rispetto verso il padre, che voleva comprare a Marradi una farmacia, che Dino acconsentì a frequentare quella facoltà di Chimica, scelta fino ad oggi inspiegabile.

Ed ancora molti fatti Donatella avrà da narrarci, molte novità sulla sua supposta “pazzia” che speriamo presto troveranno pubblicazione.

Era presente anche Mirna Gentilini, presidente del Centro Studi Campaniani “Enrico Consolini” di Marradi, mentre un altro illustre compaesano, il vescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, ha voluto mandare un prezioso intervento scritto di cui si è data lettura.

Un bel convegno di cui si auspica presto di veder pubblicati gli atti, ad onore del padre Provinciale don Paolo Fantaccini che lo ha promosso e ospitato.