Il 19 luglio si è inaugurato a Rubiana (TO) il polo bibliotecario intitolato a Dino Campana, nel piccolo comune della Val di Susa in cui Dino soggiornò. La presidente del Centro Studi Campaniani di Marradi, Mirna Gentilini è stata invitata al Convegno del 18 luglio con i fiorentini Maini e Scapecchi; questi ultimi hanno pubblicato l’ultima lettera di Campana ritrovata ed indirizzata alla Sig.ra Irma Bottinelli appunto di Rubiana. Il giorno successivo, all’inaugurazione, è stato regalato dal Centro Studi un cartello, da apporre nella biblioteca, da me predisposto e riassuntivo della biografia del poeta, con particolari riferimenti ai suoi soggiorni piemontesi.
Più verso le montagne rispetto ad Alpignano, dove pure Campana aveva soggiornato presso i Tallone, Rubiana è un insieme di piccole borgate, da cui si sale verso le vette alpine.
In stagioni di parchi letterari, sono stati dunque inaugurati anche due sentieri con adeguata cartellonistica: uno da Borgata Favella, l’altro quello che invece conduce ai 1543 metri di altitudine e che il poeta era solito fare per raggiungere un luogo del torrente Messa. Alle sorgenti di questo affluente della Dora Riparia, si ha testimonianze che Campana vi si recasse con una lunga camminata e vi rompesse il ghiaccio per farvi il bagno,là sotto la punta della Croce e il monte Rognoso. Nomi questi quasi stigmatizzanti la condizione della sua anima, dopo i contrasti con Sibilla, ma, soprattutto, dopo l’incomprensione dell’ambiente fiorentino.
La prima vicenda si chiuderà, sempre in Piemonte, a Novara; Sibilla testimonia di aver ricevuto un telegramma dove: “mi supplicava di andarlo a visitare alle Carceri di quella città… accorsi. Campana era stato arrestato per vagabondaggio e insufficienza di documenti, ... Il suo aspetto l'aveva fatto prendere per un tedesco. Ottenni di rivederlo attraverso le sbarre. Egli singhiozzava”; la seconda accettando quel ricovero in manicomio a Castelpulci dove “Auguro desidero pace a me stesso, auguro e desidero il silenzio dell’anima in cui si può pensare e riposare. Tante cose inutilmente sofferte che si perpetuano come una maledizione ora sento che basta, che non sono tanto colpevole da meritarle.” (lettera a Irma Bottinelli del 17-9-1917).
Proprio in quest’ultima lettera Dino mostra lucidamente la piena coscienza della sua scelta, ben lontana da uno stato di pazzia.
La Val di Susa Campana l’aveva attraversata più volte ed infatti ricorda la Dora in una lettera a Sibilla: Dovremmo ancora vedere le Alpi. Nietsche scendeva di là al mare colla sua sfida. Aimè Rina perché non mi lasci morire? La Fedelweis non è d’Annunziano e la Dora scende in tumulto e il più leggero dei baci crea ancora forse come quando dicevo: “Come delle torri d’acciaio/Nel cuore bruno della sera/Il mio spirito ricrea/Per un bacio taciturno.”
Certo questi luoghi sono stati un alter-ego della sua Marradi e del fosso di Campigno, amori come questi fatti di acqua, di pietra e di selve, in cui, nel silenzio, è nata la musica della sua parola.
Silvano Salvadori