Sono il fanciullo più triste

 

Da La Stampa - TuttoLibri, 1 Luglio 1989

 

a cura di Fernanda Gigli e Giuseppe Risso

 

 

La lettera che pubblichiamo è una delle ultime scritte da Campana (l'ultima tra quelle indirizzate a Aldo Orlandi) prima di essere rinchiuso definitivamente in manicomio. E' stata spedita da Lastra a Signa (Firenze) il (9 novembre 1917. Campana non ha più nulla da chiedere né agli amici né alla vita, si sente «il più tristo fanciullo della terra che tutte le sue mamme hanno abbandonato». A tratti il discorso sembra perdere lucidità, ma ne acquista in vigore. Campana cerca di recuperare una propria italianità (la cui mancanza gli era stata più volle rimproverata): Guglielmo II diventa così Guglielmone, ma d'Annunzio rimane il vate buffone. Sente che per lui è finita: "Sono felice di vivere queste poche ore che mi restano», ma chiudendo la lettera ha un ultimo guizzo ironico e graffiante per Amalia Guglielminetti.


CARO Aldo, come un uomo irato che ha lanciato l’anatema avrei bel gioco a tacere e velarmi caro Aldo, ma la mia misera umanità sofferente di povero bimbo profugo sperduto ha bisogno delle cose più dolci e umane e della tua amicizia. Dunque sappi che mi sento il più tristo fanciullo della terra, che tutte le sue mamme hanno abbandonato, ecc. come vedi toscaneggio dolcemente e questa lettera è insulsa come una poesia di Palazzeschi.

Ma che vuoi... non ne posso più di sperare disperare e tornare a sperare come benissimo disse il nostro Daniele. Come è difficile dire le cose più semplici in questo momento. Ne ho fatte di tutte in questi tre mesi. Persino il soldato. Poi mi sono messo a vivere con una frenesia morbosa, cercando la solitudine più profonda nel b. del c. delle p. come immagino facessero i nostri padri romani alla vigilia delle invasioni. Magnifica l'indifferenza di Firenze l'ebbrezza inconscia e funesta dell'ora in questa vecchia razza che sa le invasioni.

Bella l'Italia che cerca e gode e risente ancora una volta la sua bellezza intangibile e immortale! Che vuoi! Siamo porci artisti! Siamo italiani e siamo un grande popolo! Certe volte quando tutti divengono bestie feroci sentiamo la nostra nobiltà la nostra bellezza la nostra sapienza che nessuna burocrazia è riuscita a obliterare. Sono felice di vivere queste poche ore che mi restano (non ne posso più) vibranti di gioia e di spasimo. Perdona a un moribondo.

Ora è finita. Passo i giorni a letto. Poi sono venuti i profughi che hanno sepolto in un mare di umanitarismo il nostro umanesimo. Ma Dino se non fu mai, ora è un buon italiano ed eccellente fiorentino. E tale diverrà Guglielmone, che non cerca altro, povero idiota stanco dei suoi cavalieri crociati, dei paradisi asfittici vagneriani, e sognava l'arte greca prima di imbiancare nelle sue mostruose vittorie. Immagino l'odiosa e brutale Torino nella sua gioia velenosa infame.

Confronta confronta. Dunque sei convinto che in questo momento si deve vivere e che il crudo rombo del destino tutto copre? Hai capito perché da tutta la guerra non è uscita una parola viva? E che il vate buffone non ha saputo neppure sentire la nobiltà di morire da esteta e che è un bruto come Sibilla?

                                                   Che fa la Guglielminetti? Ah! Ah! Ah! bucaiola!!

 

Dino Campana