Lorenzo Gigli

 

 

Le lettere di Campana nell'archivio di Lorenzo Gigli

 

 da: Tutto libri - Sabato 8 Luglio 1989

 

 

DOPO L'ULTIMA SCOPERTA, RACCOGLIAMO LE LETTERE DI CAMPANA

 

di Franco Contorbia

 
 
Cosa aspetta il Vieusseux? Gentile direttore, è forse per un bizzarro gioco del destino che le lettere di Dino Campana a Aldo Orlandi, alle quali Gabriel Cacho Millet ha dedicato investigazioni appassionate e frustranti, siano emerse dall'archivio di Lorenzo Gigli, insieme con altre importanti schegge dell'epistolario campaniano, in perfetta coincidenza con la Campana-Renaissance un po' meccanicamente provocata (ad appena quattro anni dal centenario della nascita!) dalla scadenza dei diritti d'autore: per cui, se non ne ho perduto il conto, ben cinque ristampe dei «Canti Orfici», con e senza allegati, si sono già succedute da gennaio a oggi per le cure, rispettivamente, di Neuro Bonifazi (Garzanti), di Mario Lunetta (Newton Compton), di Sebastiano Vassalli e Carlo Fini (Tea), di Gianni Turchetta (Marcos y Marcos), di Fiorenza Ceragioli (che ha ripubblicato nella Bur il suo commento vallecchiano).
Rispetto a questo accumulo un po' ripetitivo (e verosimilmente non del tutto proporzionato alla domanda del cosiddetto mercato) l'apparizione delle lettere «torinesi» di e a Campana introduce un effetto di spiazzamento, una sorta di provvidenziale mossa del cavallo che induce a sottolineare: a) l'esigenza di procedere a un urgente censimento e a una ordinata sistemazione in una struttura per dir così sovrapersonale (il Comune di Marradi, per esempio, o l'Archivio Contemporaneo del fiorentino Gabinetto Vieusseux, o tutti e due) delle copie, se non degli originali, delle carte di Dino Campana disperse in archivi privati e pubblici; b) l'opportunità di una accurata ma rapida edizione dei reperti campaniani segnalati da Fernanda Gigli e Giuseppe Risso.
 
A tener conto delle essenziali anticipazioni addotte da «Tuttolibri», non sono soltanto alcune zone opache, o controverse, della biografia di Campana ad essere illuminate dalle lettere ritrovate, ma, e particolarmente, la irrepetibile qualità del rapporto istituito da Campana con Aldo Orlandi, «l'unico essere vivente per me di Torino»: un rapporto di illimitata lealtà e confidenza che al linguaggio epistolare conferisce la nuda forza di una verità non eludibile. Infine: che alle lettere di Campana a Orlandi, e a quelle di Soffici, Papini, Cecchi, Sbarbaro a Campana, non sia toccata la sorte del carteggio Aspern, si deve al più eminente (e senza dubbio al più dimenticato) tra i critici militanti torinesi di questo secolo: che la storia di Lorenzo Gigli non sia la storia di Dino Campana, non occorre spiegare troppo lungamente: ma prima o poi varrà la pena di incominciare a raccontarla.